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Per la gip «la prognosi di colpevolezza» si fonda su «un imponente quadro probatorio»
Br: confermati gli arresti
Paolo Broccatelli, Marco Mezzasalma, Alessandro Costa e Federica Saraceni arrestati a Roma con l’accusa di far parte delle nuove Br resteranno in carcere perché la gip Carmelita Russo è convinta che «la sussitenza di gravi indizi a loro carico è incontestabile». Lordinanza di custodia cautelare conferma il quadro indiziario delineato dall’analogo provvedimento deciso dal gip di Firenze per il fiorentino Roberto Morandi, che si è dichiarato «prigioniero politico» e per la grossetana Cinzia Banelli. Convalidato dal gip di Tempio anche l’arresto, compiuto sulla costa Smeralda, della romana Laura Proietti, perché l’esame della sua saliva, lasciata su un mozzicone di sigarette, ha rivelato un dna dello stesso profilo di quello di quello riscontrato su un pelo trovato a bordo di uno dei furgoni utilizzati dagli assassini di Massimo D’Antona.
Nonostante le prime verifiche dei giudici abbiano dato ragione all’impianto accusatorio del pool antiterrorismo della procura di Roma, nell’inchiesta ci sono aspetti che sembrano frutto più di una costruzione virtuale che di una elaborazione assolutamente realistica dei dati contenuti nell’ampia documentazione raccolta dalla polizia, con indagini sofisticatissime, sui rapporti telefonici tra gli arrestati.
Dubbi sugli indizi per Saraceni e Costa
Prendiamo il caso di Federica Saraceni. Certamente conosceva Mario Galesi, il br ucciso nella sparatoria sul treno Roma Arezzo e aveva rapporti di amicizia con Laura Proietti e Alessandro Costa. Il 20 maggio 1999, giorno in cui fu ucciso D’Antona, alle 11, 1 un’utenza cellulare che, secondo gli investigatori, era nella disponibilità della Saraceni fu chiamato da Laura Proietti. La figlia dell’ex magistrato, (che ne ha assunto la difesa) ha negato di aver mai avuto quell’utenza, ma è stato trovato quel numero su una sua agendina. Lo stessa utenza sarebbe stato usato da Nadia Desdemona Lioce per prenotare delle visite all’Aied, sotto il falso nome di Carla Ceci. Sempre con quel numero la Saraceni avrebbe contattato un operatore immobiliare per prendere in affitto un appartamento a Cerveteri. Che cosa ne deduce la gip: 1) che «l’ostinata volontà della Saraceni di allontanare dalla propria persona l’utilizzo dell’utenza in questione trova unica plausibile spiegazione nella consapevolezza dell’utilizzo di detta utenza cellulare per le esigenze delle Br». Ammesso che quell’utenza fosse realmente nella disponibilità della Saraceni, che lei abbia ricevuto telefonate da Galesi e dalla Proietti, che l’ abbia usata anche la Lioce, sono circostanze che si potrebbero collocare in un’altra logica interpretativa. Gli stessi investigatori hanno detto che i nuovi brigatisti, volendo essere del tutto insospettabili, cercavano di apparire come persone normali: casa, famiglia, amicizie. Non ci stupirebbe se nella quotidianità intrattenessero rapporti con amici e conoscenti proprio per rinforzare la loro impermeabilità a qualsiasi sospetto, specialmente nelle fasi preparatorie dei crimini.
La stessa motivazione potrebbero avere le telefonate fatte dai brigatisti a Allesandro Costa, che non è accusato del delitto d’Antona, ma è in prigione per banda armata e perché ritenuto elemento di connessione fra le Br e i Nac(Nuclei armati per il comunismo). Anche lui aveva conosciuto Galesi e la Proietti, ma tutt’altro che certi sono i rapporti tra le Br e i Nac, e meno che mai è provata l’appartenenza di Costa ai Nac. Il processo a Roma contro elementi dei Nac si è concluso con una condanna per associazione sovversiva. E’ caduta l’accusa di banda armata, con la quale, invece, ora è motivata la detenzione di Costa.
Le accuse contro Broccatelli e Mezzasalma
Il quadro indiziario ci sembra più motivato per Paolo Broccatelli e Marco Mezzasalma. E’ risultato che Broccatelli, che lavorava in un’impresa di pulizia all’ università di Roma e seguiva le lezioni di D’Antona, usò molte volte le sue tessere telefoniche per chiamare i cellulari della Lioce e di Galesi, e che fu lui stesso a contattare telefonicamente la Nissan per acquistare delle serrature di ricambio per il furgone usato nel delitto D’Antona. «La necessità della sostituzione delle serrature- scrive la gip- è evidente, atteso che sarebbe stato certamente sospetto, nei pressi dell’abitazione del prof. D’Antona, un furgone con evidenti segni di effrazione». Il 16 maggio, quattro giorni prima del delitto D’Antona, risulta una telefonata di Broccatelli a un’utenza delle Br e la gip ne trae conferma della «sua partecipazione alla preparazione dell’omicidio».
Su Marco Mezzasalma l’antiterrorismo ha raccolto dati e documenti che lo proiettano in una posizione di spicco nelle nuove br, se non al vertice («Sede Centrale») almeno come membro del comitato direttivo. Addosso alla Lioce e a Galesi furono trovate delle chiavi che aprivano il cancello, il portone e la cassetta delle poste dello stabile in via Maia dove Mezzasalma aveva un appartamento, che secondo l’accusa, era la sede romana delle Br.
Le polemiche sul Nos
Si è creato un mistero sul fatto che Mezzasalma fosse fornito di un «nos» (nulla osta sicurezza) per lavorare in un’impresa di Latina che costruisce componenti elettroniche per aerei militari. Tutti i tecnici che lavorano in fabbriche o uffici d’interesse militare o diplomatico hanno bisogno di quel documento, che ha validità solo per l’ accesso al luogo di lavoro. Lo rilascia L’Ucsi, un ufficio, che formalmente dipende dal Cesis, ma è gestito da un centinaio di carabinieri a Forte Braschi. E’ stata aperta un’inchiesta dal Cesis per accertare come fu trattata la pratica Mezzasalma, ma l’unico motivo legale (e non lesivo della Costituzione) per negare il «nos» a chi ne fa richiesta per lavoro dovrebbero essere i precedenti «oggettivi» (soprattutto penali) e non le valutazioni discrezionali. Mezzasalma, comunque, non aveva precedenti penali o pendenze di alcun genere. Disinformazione a rotta di collo nel titolo di «Libero»: «La sinistra arruolò la spia nelle Br. Sotto il governo dell’Ulivo uno degli arrestati ebbe il permesso di accedere ai segreti di Stato».
Annibale Paloscia