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Buon 2004: gli auguri del segretario del PRC

Publie le mercoledì 31 dicembre 2003 par Open-Publishing

La strategia della guerra preventiva, che fa strame di qualsiasi nozione di
diritto internazionale, nonché della nostra Costituzione, ha pesantemente
segnato le vicende del mondo. I bombardamenti in Iraq, l’invasione delle
forze militari angloamericane, l’occupazione militare non hanno fermato il
terrorismo, non lo ha fermato neanche la cattura di Saddam Hussein. Nuove
violenze, nuovo terrorismo, nuovi interventi militari: una spirale perversa
e distruttiva che rischia di far precipitare il mondo intero in una sorta di
guerra civile globale, in una vera e propria guerra di civiltà. Guerra e
terrorismo vengono annunciate e propagandate come mezzi per risolvere
ingiustizie e squilibri ma mentono ambedue e le conseguenze che provocano
amplificano quegli squilibri e generano nuove e più profonde instabilità.
Così, in Medio Oriente, il governo Sharon decide di accelerare la
costruzione del muro della separazione, che entra nelle carni vive della
Palestina e vuole perpetrare l’occupazione militare e l’apartheid.

L’anno della crisi

Non siamo più definiti "catastrofisti" quando dipingiamo le tinte fosche di
una crisi economica che divora le sue medesime basi materiali di esistenza.
E’ la condizione sociale del Paese a precipitare e a rappresentare il
declino del suo apparato produttivo. Un "moloch" ha guidato le politiche
padronali e del governo in questi anni: si chiama riduzione del costo e dei
diritti del lavoro. La precarietà è divenuta non più condizione particolare
di strati sociali marginalizzati dalla crisi economica. Si è fatta
condizione generale di esistenza. Questo governo ha avuto l’ossessione di
rendere legale l’economia illegale attraverso le sanatorie, a partire dai
capitali illegalmente esportati e dai condoni. E’ stata favorita la
speculazione e la rendita finanziaria. Le conseguenze sono davanti agli
occhi di tutti: il caso della Parmalat è clamoroso ma non isolato. Così, un
padrone può far debiti per l’importo di una intera finanziaria e ammettere
di essersi preso mille miliardi di lire conservati in chissà quale paradiso
fiscale. E’ questo il capitalismo reale. Abbiamo denunciato una situazione
intollerabile per un Paese civile: abbiamo retribuzioni rapportate alle
vecchie lire e prezzi, invece, che corrono in euro. E il governo ha varato
una manovra economica che ancora insegue, estremizzandole ulteriormente,
quelle medesime politiche di tagli. Con l’eliminazione della pensione di
anzianità e l’abbassamento del livello di copertura delle pensioni si pensa
allo smantellamento della previdenza pubblica: un altro colpo mortale per i
lavoratori.

La fine del riformismo

L’illusione di poter governare le politiche neoliberiste, temperandone gli
effetti è fallita. E’ il fallimento del centro sinistra mondiale, quello
degli anni di Clinton e delle socialdemocrazie europee. I più avveduti
esponenti delle forze che si definiscono oggi riformiste ne sono coscienti e
si interrogano criticamente su quell’esperienza. E’ una ricerca importante a
cui non ci sentiamo indifferenti. La crisi, infatti, interroga anche noi e
le forze della sinistra radicale che, pure, hanno avuto un approccio critico
con la globalizzazione e, in alcuni casi, un vero e proprio conflitto con il
centro sinistra. C’è una oggettiva maturità dell’alternativa, ovvero una
esigenza sociale diffusa, ma, ancora, una immaturità soggettiva delle forze
candidate a esserne la leva nella società e nelle istituzioni. Idee,
programmi, progetti per uscire da oltre un decennio di politiche
neoliberiste: ripartire dai nodi dell’irrisolta questione salariale,
generalizzare i diritti, partendo da quelli del lavoro, una nuova idea di
spazio pubblico nell’economia, preservare il carattere pubblico e il diritto
all’accesso adeguato per tutti ai beni comuni: sono questi punti
fondamentali per una nuova politica economica e sociale.

La grande forza del movimento e del popolo della pace

Il 2003, anche un anno straordinario. Guerra e terrorismo potevano
annichilire la politica, distruggendo, oltre alle persone e alle cose, anche
la possibilità di porsi in alternativa ad esse. La loro logica, che è la
logica della violenza, vuole imporre a schierarsi: chi non è con me è dalla
parte del mio avversario, dicono entrambi. Ma il popolo della pace, che si è
innestato sopra l’onda lunga del movimento dei movimenti, ha saputo
mantenere la propria autonomia politica e culturale, così come il movimento
no global o "altromondista" ha mantenuto la sua straordinaria capacità di
tenuta e di influenza. Grazie a quella capacità di autonomia, siamo in grado
di sviluppare una grande iniziativa per il ritiro dei contingenti militari
dall’Iraq, a cominciare da quello italiano. Possiamo raccogliere migliaia di
firme in tutta Italia in calce all’appello che grandi personalità del mondo
del volontariato, dell’informazione, della cultura hanno lanciato per
chiedere il ritiro dei militari. Dalle viscere di conflitti che la spirale
guerra/terrorismo vorrebbe rendere senza via d’uscita, sale qualche
speranza. L’accordo di Ginevra per la pace tra Israele e Palestina, firmata
da due coraggiosi esponenti di quei popoli, che mettono in gioco la loro
credibilità e la loro stessa vita raccoglie questa speranza. Contribuire a
dargli una prospettiva è il nostro impegno. La ripresa del conflitto
socialeI lavoratori hanno ripreso la parola: i metalmeccanici, guidati dalla
FIOM, Il popolo dei sindacati confederali, l’esplosione della protesta dei
lavoratori del trasporto locale, una vera protesta civile contro un governo
selvaggio, come dice un nostro bel manifesto. Accanto a queste, le
importanti iniziative di lotta dei sindacati di base, le iniziative della
rete per il reddito sociale, le lotte dei lavoratori dei call center e delle
altre mille forme della precarietà. Nuovi movimenti si sono affacciati,
basti pensare a quello straordinario di Scanzano contro le scorie nucleari.
Un nuovo movimento operaio è in campo e chiede, allo stesso tempo, più
salario, più diritti, più democrazia. Queste cose stanno tutte assieme.
L’autonomia di un nuovo sindacato si costruisce sulla democrazia dei
lavoratori: una testa, un voto sulle piattaforme e sugli accordi.

Cacciare via il governo Berlusconi

E’ il migliore augurio per il 2004. Questo è un governo pericoloso per le
politiche che propone in campo economico e sociale, per la regressione che
determina nella cultura del Paese e nelle politiche di accoglienza (basti
pensare alla Bossi Fini e alle proposte sulle tossicodipendenze, alla legge
sulla procreazione assistita), per l’involuzione in campo democratico e del
pluralismo (la legge Gasparri, la censura, l’attacco all’autonomia della
magistratura). Ci sarebbe bisogno di una qualificazione dell’opposizione ben
al di là di quanto fin’ora realizzato. Un’opposizione, almeno in una parte
consistente del centro sinistra, incerta sulla pace, timida sul terreno
sociale, confusa su quella delle politiche economiche, balbettante
addirittura quando si debbono affrontare i nodi dello scontro di classe (la
questione salariale, per esempio). Eppure, in rapporto con il movimento e il
conflitto sociale, se le opposizioni, assieme, si mettessero in sintonia con
il sentimento diffuso del popolo italiano, la crisi del governo delle destre
e la sua sconfitta sarebbero alla portata. Il PartitoE’ stato un 2003 denso
di appuntamenti e di impegni. Un 2003 che ha visto l’impegno generoso per i
referendum sociali. Abbiamo perso ma abbiamo raccolto oltre 10 milioni e
mezzo di consensi e realizzato uno schieramento politico e sociale
importante. In certe fasi, ci sono sconfitte che annunciano una nuova
stagione di lotte e nuove avanzate. Il ringraziamento ai nostri compagni è
veramente sincero per quanto hanno fatto. Il nuovo anno si aprirà con il
Forum sociale mondiale in India. In Europa, il 10 e 11 gennaio a Berlino
avremo un primo momento importante per la costruzione del soggetto politico
della sinistra di alternativa, poi ci sarà il grande appuntamento della
mobilitazione internazionale per la pace, i nuovi appuntamenti del conflitto
sociale, quindi, di filata le elezioni amministrative e quelle europee. Un
anno di grandi impegni e di grandi responsabilità. Il senso più profondo
della nostra iniziativa, su scala locale, nazionale e internazionale è lo
sviluppo del movimento e la costruzione di un ambito politico che ne
consenta l’avanzata. Per questo c’è bisogno di una forza viva come
Rifondazione Comunista che vogliamo costruire sempre più forte e radicata. A
partire da subito, dal lancio di una grande campagna di mobilitazione per il
tesseramento a questa forza indispensabile in Italia e in Europa per battere
le destre e costruire un’alternativa di società.