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Chi voleva far uccidere le due Simone?
Publie le giovedì 30 settembre 2004 par Open-Publishing1 commento
di Enrico Fierro
I miliziani dello «squadrone», 10 o 12 persone, vestite con le stesse divise dei corpi speciali del nuovo governo iracheno, armate con armi modernissime (M12 e pistole con silenziatori), comandate da un uomo in borghese munito di uno speciale bastone in grado di lanciare scariche elettriche, fecero addirittura l’appello dei presenti. Si fermarono solo quando le due volontarie scandirono i loro nomi. Insomma, quel 7 settembre, i sequestratori andarono a colpi sicuro: sapevano chi prendere e presero chi dovevano prendere. Da ieri sera, quello che era solo un sospetto si ingrassa.
E’ Maurizio Scelli, il commissario straordinario della Croce Rossa, ad alimentare tutte le ipotesi possibili con una rivelazione affidata alla trasmissione «Porta a Porta». Le due «Simona», «venivano considerate spie - ha detto - in quanto i loro nomi comparivano in una lista che pare provenisse da uffici dei servizi segreti americani e che le individuavano, secondo gli iracheni, come elementi di spionaggio». Al di là dei pochi dubbi che Scelli affida ad un pare, la rivelazione propone scenari e interrogativi inquietanti. C’era un lista di agenti al servizio della coalizione nella mani degli americani. Giusta o meno che fosse, i terroristi ne sono venuti in possesso. In che modo non si sa, Scelli non lo chiarisce, ma aggiunge - se possibile - altri misteri, quando - sempre nella stessa dichiarazione - aggiunge che «in qualche modo le due ragazze si collegavano a Baldoni (Enzo, il reporter ucciso, ndr) e al suo autista Ghareb (ucciso pure lui, ma nel momento stesso del sequestro, ndr)». Chi era costui? «Una figura misteriosa di cui Baldoni si fidava tanto, e che invece veniva indicato come una spia palestinese che in qualche modo lavorava anche per gli israeliani», dice ancora Scelli. Parole pesanti ancora tutte da chiarire che provocano dure reazioni nel mondo politico. Fabio Mussi, ds e vicepresidente della Camera, giudica «una cosa enorme» le rivelazioni di Scelli, e chiede al governo se è vero che esisteva una lista di «spie» nelle mani dell’intelligence Usa. «Chi ha dato a chi quella lista? Chi è il resposnabile di omicidi e rapimenti di persone note per il loo impegno umanitario e pacifista?», sono questi gli interrogativi che già oggi Mussi proporrà in una interrogazione parlamentare urgente.
Le rivelazioni di Scelli impongono di ritornare alla fase più delicata del sequestro, quelle delle rivendicazioni e delle minacce. Tutte giudicate false, depistanti o inattendibili nelle scorse settimane. Tutte da rileggere con maggiore attenzione, ora. 8 settembre, il giorno dopo il rapimento, sul sito «Islamic-minbar.com» compare il primo comunicato firmato dal gruppo «Ansar al Zawahari». «Annunciamo - si legge - che il rapimento degli agenti dell’informazione italiani, che sono due donne criminali, è il nostro primo colpo militare inflitto all’Italia». 23 settembre, lo stesso gruppo, questa volta sul sito internet «Alezah.com», annuncia l’esecuzione degli ostaggi parlando delle due volontarie italiane come di «criminali e agenti dei servizi segreti italiani». Lo stesso linguaggio, le stesse terribili minacce. La stessa accusa. Rivolta alle ragazze anche durante la loro prigionia, stando alle indiscrezioni sul loro interrogatorio.
Ci minacciavano perché ci consideravano delle spie, avrebbero detto l’altra notte al pm Franco Ionta, abbiamo dovuto convincerli che quell’accusa era falsa, parlandogli del nostro lavoro. Lo stesso Scelli, ora ricorda che gli intermediari che martedì lo hanno accompagnato nel luogo dove sono state ritrovate le ragazze, hanno costretto il suo accompagnatore Nadir a giurare sul Corano che le due italiane non erano delle spie. Quindi, stando a quest’ultima rivelazione del capo della Cri, i sequestratori sono stati convinti fino alla fine che le due ragazze fossero «spie» e non volontarie generosamente impegnate da anni in Iraq.
Le parole di Scelli a «Porta a Porta» ripropongono tutti interi i dubbi sull’anomalia del sequestro. Da chi era formato il gruppo dei rapitori? Secondo le prime ricostruzioini si tratterebbe di elementi sunniti legati al vecchio regime di Saddamm, forse miliziani o ex appartenenti al «Mukabarat», il servizio segreto del vecchio regime. Comunque si tratta di personaggi organizzati militarmente e in ottimi rapporti con la polizia e le forze militari del governo Allawi. Quel 7 settembre, racconta al Tg3 Raed Alì Abdul Aziz, l’ingegnere iracheno rapito insieme alle ragazze italiane, i sequestratori mi feceron stendere in un pick-up. «Facemmo un viaggio di 4-5 ore e fummo più voltre fermati dalla polizia. I sequestratori parlavano con i poliziotti scambiando qualche battuta e riprendevano il viaggio. La polizia ha perquisito l’auto più volte». Senza vedere, nell’Iraq dei 130 sequestri, quell’uomo bendato e steso. L’ostaggio iracheno ha raccontato una storia che apre squarci interessanti sulle «protezioni» di cui dispongono molte bande di rapitori.
Ma, alla luce delle rivelazioni di Scelli sulla lista, c’è da chiedersi in quale gioco perverso siano finite le volontarie italiane e il reporter Enzo Baldoni. Se quella lista esiste, chi l’ha costruita? E chi ha deciso di farla arrivare alle bande dell’«Anonima sequestri iracheni»? Sono domande alle quali Scelli non ha risposto a «Porta a Porta». Forse ha fornito chiarimenti ai magistrati che l’hanno interrogato per ore l’altra notte. Nell’interrogatorio, stando alle indiscrezioni circolate, la versione di Scelli si sarebbe di molto discostata da quella del suo collaboratore iracheno Navar su aspetti delicati dell’intera vicenda, tanto da richiedere un confronto tra i due. Per il momento, oltre queste strane rivelazioni, Scelli ha molto puntato le sue certezze sul riscatto: non è stato pagato, il giornale kuwaitiano ha scritto sciocchezze. Ieri, Ali Roz, il direttore del quotidiano ha ribadito la sua versione: «Il riscatto, di un milione di dollari, è stato pagato. Se la nostra fonte ha sempre avuto ragione, non vedo perché dovrebbe sbagliare su questo punto».
Il problema, alla luce delle dichiarazioni di Scelli sull’esistenza di una «lista», è a chi sono finiti questi soldi. Ad un nuovo gruppo - come sostengono alcuni - che è in cerca di finanziamnrenti e che vuole imporsi sulla scena politica irachena? Oppure allo stesso gruppo che ha sequestrato e ucciso Enzo Baldoni? Domande alle quali oggi solo il commissario straordinario della Croce rossa può dare una risposta.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=38131
Messaggi
1. > Chi voleva far uccidere le due Simone?, 30 settembre 2004, 22:00
Appello delle due Simone.
"Vogliamo ringraziare le popolazioni arabe e gli uomini che ci hanno custodito
rispettandoci in tutti questi giorni avendo per noi mille attenzioni, dalla
benda per evitare di mostrarci la brutta realtà irachena che tutti noi dovremmo
desiderare di cambiare, alla pistola donata a Scelli con la quale desideravano
più di ogni altra cosa mandarci a conoscere Allah il Clemente e Misericordioso.
Vogliamo ringraziare la città di Roma e il sindaco Veltroni per la bellissima
manifestazione, grazie. Vogliamo ricordare quanto ci è stato detto prima
di essere amorevomente consegnate sul retro della moschea degli Ulèma e
cioè che Baldoni non è stato ucciso da questi meravigliosi uomini dell’Islam
ma che a loro dire "Insciallah" lo ha ucciso. Vogliamo ringraziare il movimento
pacifista e Un Ponte Per... per tutto quello che hanno fatto per noi, vogliamo
ringraziare Cossiga, gli ex appartenenti al Mukhabarat, Ansar Al Sunna,
Ansar Al Islam, Ansar Aqbar. Vogliamo ricordare che Insciallah lo usiamo
anche noi nella nostra bella Napoli per dire "vai a quel paese". Vogliamo
ricordare Bianco e il Copaco, il Kgb e Conforto, tutti quanti ci han dato
conforto. Vogliamo ringraziarci tra di noi per il bello spettacolo, peccato
che qui in Italia le donne non portino il velo, i bambini non muoiano per
le bombe di Al Qaeda come quella che ci siamo persi stamane a Bagdad (ci
rifaremo con la prossima). E’ veramente brutto che qui da noi non si coltivi
la solidarietà, la sindrome di Stoccolma e quella di Rousseau. Grazie a
tutti e a rivederci prossimamente su questi schermi..."
Le due Simone.