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Chiesa e conservatori contro riforme su divorzio e aborto

Publie le domenica 3 ottobre 2004 par Open-Publishing

"La Spagna ha smesso di essere cattolica": l’affermazione fatta negli anni Trenta dall’allora presidente del Consiglio della Seconda Repubblica, Manuel Azana, si rivelò prematura.
Ma l’esecutivo del partito socialista di José Luis Zapatero al potere dal marzo del 2004, che del riformista Azana ha raccolto gran parte dell’eredità politica ed intellettuale, è deciso a dimostrare che la Spagna, cattolica o no, è però diventata un Paese laico.

Così si sono sussgeuiti i progetti di legge nelle ultime settimane: l’offensiva riformatrice dell’esecutivo tocca questioni controverse come l’aborto (che però è stato rimandato all’anno prossimo), il divorzio, le unioni omosessuali, la ricerca scientifica, l’eutanasia e il finanziamento della Chiesa cattolica da parte dello Stato. E incontra naturalmente un agguerrito fronte di opposizione religioso.

Il regime ribattezzato "nazional-cattolico" del generale Francisco Franco è sceso nella tomba nel 1975 - non senza il tardivo contributo di alcuni vescovi fulminati sulla via del Concilio Vaticano II - ma la presenza della Chiesa intesa come potere reale nella società è ancora forte; così come quella di parte della dirigenza del passato regime, pur traghettata dalla Transicion verso posizioni di conservatorismo democratico.

Fino ad oggi, il governo guidato da José Luis Rodriguez Zapatero ha approvato solo il progetto di legge relativo al divorzio, che permette di eliminare il prerequisito della separazione e la necessità di fornire al giudice i motivi dello scioglimento dell’unione: una riforma che permetterà di ottenere il divorzio in non più di tre mesi, almeno nei casi in cui la coppia si sciolga in modo consensuale.

A complicare il panorama giuridico è anche l’ampia libertà legislativa di cui godono le Comunità Autonome (regioni), soprattutto in materia di Sanità: libertà che ha portato i governi regionali di Paesi Baschi, Andalusia e Catalogna ad approvare provvedimenti sulla ricerca con le cellule staminali o sulle adozioni per le coppie di fatto. Fino ad ora queste riforme regionali non erano andate in porto per i ricorsi presentati dal precedente governo conservatore del Partido Popular, ma la situazione sembra sul punto di sbloccarsi.

I socialisti hanno infatti convinto andalusi e catalani ad aspettare la prossima approvazione di una legge nazionale sulla ricerca condotta con le cellule staminali che, come ogni aspetto legato alla sanità, è di competenza delle singole regioni. Al di là di una parte di finanziamento dello Stato, queste saranno libere di decidere i singoli settori di ricerca ai quali destinare i fondi. Inoltre, il governo ha intenzione di ritirare il ricorso contro la legge basca sull’adozione per le coppie di fatto - una norma che comprende anche le coppie omosessuali, che quindi nei Paesi baschi potrebbero adottare.

Rimandata invece all’anno prossimo la discussione sulla riforma della legge sull’aborto: l’obbiettivo è quello di garantire alla madre il pieno diritto di scelta nelle prime settimane di gravidanza (attualmente l’interruzione è consentita nei primi tre mesi solo in caso di grave malformazione o pericolo di vita per la madre). I partiti di sinistra che offrono appoggio esterno al Psoe (i comunisti di Izquierda Unida e gli indipendentisti catalani di Esquerra Republicana) vorrebbero a dire il vero procedere in tempi più rapidi, ma i socialisti tirano il freno per non peggiorare ulteriormente i rapporti con la Chiesa. All’anno prossimo è stato rimandato anche il progetto di legge sull’eutanasia.

La Conferenza Episcopale ha già infatti alzato la voce, promettendo di voler opporsi in ogni modo alle riforme, non nel senso di organizzare manifestazioni di protesta, il che come hanno sottolineato i vescovi costituirebbe un atto politico, ma facendosi portavoce della società per quanto riguarda le discussioni sulle scelte etiche.
Madrid ha ribattuto che, oltre all’etica, in discussione sono anche gli "innegabili privilegi"di cui attualmente godrebbe la Chiesa nei suoi rapporti con lo Stato. E intende porre rimedio. Si tratterebbe di intervenire in tre grandi settori:il finanziamento pubblico attraverso l’Irpef, la presenza della Chiesa nella pubblica istruzione e le sovvenzioni sociali a entità vincolate direttamente alla Conferenza Episcopale spagnola. Come prima decisione politica, nel 2004 non dovrebbero venire rinnovati automaticamente gli accordi fra Chiesa e Stato, come avvenuto negli ultimi anni: il governo intende rivedere i termini del Concordato, senza per questo abolirlo, e soprattutto di adeguarli a quanto dispone la parte prima della Costituzione.

L’articolo 16 della Carta costituzionale approvata nel 1979 sottolinea infatti che "nessuna confessione religiosa avrà carattere statale", aggiungendo però che i "pubblici poteri terranno conto delle convinzioni religiose della società spagnola e manterranno le conseguenti relazioni di cooperazione con la Chiesa cattolica e le altre confessioni". Oggi la società spagnola, ritengono i socialisti, sarebbe ormai pronta a dimostrarsi laica.

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