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Così vicini, così lontani. Domande in movimento

Publie le domenica 2 novembre 2003 par Open-Publishing

Cobas, Disobbedienti, Attac e Lilliput replicano a Segio. A Roma assemblea sull’operazione anti-Br, che ha colpito nelle case occupate e nei sindacati. «Il movimento non c’entra se qualcuno, di notte, si mette a organizzare omicidi politici»

ALESSANDRO MANTOVANI

Quelli che erano giovani negli anni settanta si sentono tirati, di colpo, nel passato, quando la lotta armata la facevano in tanti e tanti altri ancora ne discutevano. «Ma questo movimento è diverso, è cambiato tutto, di certe cose oggi non si parla neanche», si sente dire dai Cobas ai Disobbedienti e alle aree più estreme. Chi invece ha venti o trent’anni cade dalle nuvole. «Brigate rosse? Ma c’entriamo noi?», s’indignano nei centri sociali. Cadono dalle nuvole anche i pacifisti della rete Lilliput, Attac e i Social forum, che faticano persino a comprendere la necessità di una riflessione nel movimento sul tema Br. Eppure la discussione è aperta, soprattutto a Roma e a Firenze. Ieri l’altro le Rappresentanze di base (Rdb/Cub) hanno radiato Simone Boccaccini, l’impiegato comunale fiorentino (ex delegato) arrestato con l’accusa di aver pedinato Marco Biagi, e subito dichiaratosi «militante rivoluzionario»: Natale Seremia, il responsabile Rdb di Palazzo Vecchio, cadeva dalle nuvole anche lui: «Mai avuto dubbi su Simone». Anche la Fiom di Pomezia ha avuto un problema simile: sospeso l’informatico Marco Mezzasalma, ex delegato e presunto «logistico» del gruppo romano delle nuove Br, che ha gravi indizi a carico ma finora ha solo dichiarato di non voler rispondere ai magistrati. E cambiando settore, a Roma è finito nella bufera lo storico Coordinamento di lotta per la casa: in uno stabile occupato da anni al Quarticciolo, periferia sud-est, viveva Alessandro Costa (arrestato per banda armata, respinge le accuse) e aveva abitato Laura Proietti, che per ora all’interrogatorio non ha risposto ed è accusata anche per D’Antona (tabultati telefonici e il famoso dna).

I due - come Federica Saraceni e alcuni indagati a piede liberi, tra i quali un disobbediente come Paolo Arioti della palestra popolare di San Lorenzo - frequentavano quindici anni fa il centro sociale Blitz di Colli Aniene (Tiburtino), insieme a quel Mario Galesi che forse ha sparato a D’Antona e a Biagi (lo dicono i pm) e di sicuro ha sparato al sovrintendente polfer Emanuele Petri, rimanendo a sua volta ucciso il 2 marzo sul treno Roma-Arezzo. Così il Blitz è diventato «il luogo di reclutamento». Anche se è chiuso dai primi anni novanta, da prima ancora che nascessero i Nuclei comunisti combattenti (’92) per dare vita (nel 99) alle nuove Br. Anche se il Blitz, in realtà, faceva argine al degrado e alla disgregazione di un territorio difficile e, finché è rimasto aperto, al massimo si registrava qualche scontro con i fascisti o con la polizia, negli anni in cui l'Autonomia operaia si sfaldava. E' fin troppo chiaro che le nuove Br, cioè gli ex Ncc, non sembrano consistenti ma affondano le radici negli ultimi anni 80, e che gli arrestati (tutti peraltro presunti innocenti, benché alcuni siano messi maluccio) hanno rinunciato da un pezzo a fare politica a viso scoperto. Ma poco importa. Centri sociali, case occupate e sindacati di base (nonché Cgil e Fiom, bersagliate da Lega e Forza Italia) sono finiti sul banco degli imputati per le presunte «connivenze» e «contiguità», o almeno per le «infiltrazioni» nelle loro file. Su Repubblica Luca Casarini (Disobbedienti) ha dovuto difendersi dalle accuse di Sergio Segio, l'ex numero uno di Prima linea che ha appena chiuso i conti con la giustizia ma sembra averne ancora in sospeso con il suo passato sanguinoso. Dice Segio che le nuove Br sono «nel movimento» e «hanno infiltrato il sindacalismo di base». Replica Casarini che «l'esperienza politica del movimento è estranea alla categoria novecentesca dellapresa del potere’. Chi ha ucciso D’Antona e Biagi è un nostro nemico - sostiene - ma in Italia non esiste un fenomeno di lotta o di propaganda armata». Quanto alla violenza, «non è un connotato del movimento, è un connotato del nostro vivere quotidiano e chi finge di non vederla è un ipocrita». E comunque «non è affatto vero - insiste il disobbediente - che dalle vetrine spaccate si passa alla P38». Inutile dire che, da Rifondazione alla Cgil passando per anime nonviolente del movimento, il Casarini-pensiero non convince.

Le risposte a Segio sono comunque state tante. Qualcuna condita da insulti, altre più pacate ma non meno dure e ultimative. Piero Bernocchi, portavoce Cobas: «Segio non sembra accontentarsi dei danni catastrofici inferti alle lotte dei movimenti, dei lavoratori, degli antagonisti e degli anticapitalisti. Sempre, nei movimenti e fuori, abbiamo fatto il possibile, oggi come negli anni `70, perché nessuno desse ascolto e seguito alle folli proposte brigatiste». C’è chi ha un’altra storia e la rivendica: «Come Rete Lilliput abbiamo denunciato - ricorda Massimiliano Pilati - il problema della violenza nel movimento. Ma facciamo riferimento ai modi di stare in piazza, agli scontri. Ne abbiamo discusso prima durante e dopo Genova, quando dicemmo che oltre alle colpe della polizia c’erano anche colpe di una parte del movimento. Ma da qui a dire che il movimento ha commistioni con la violenza brigatista ce ne corre, e parlo del movimento nella sua interezza». E comunque, aggiunge Pilati, «la violenza omicida è talmente lontana dal nostro modo di essere che non non è un problema sul quale il movimento può impostare una riflessione».

A Roma invece si discute. Occupanti delle case (non solo il Coordinamento, anche Action e altri ), Cobas, Disobbedienti e vari centri sociali si ritroveranno giovedì 6 (ore 18) all’ex Snia Viscosa (via Prenestina) per un’assemblea unitaria su «l’operazione anti-BR in corso e il polverone gestito dal governo Berlusconi», giovedì 6 novembre (ore 18), all’ex Snia Viscosa di via Prenestina. E a Firenze, a quanto si dice almeno tra i Cobas, la questione potrebbe avere spazio all’assemblea nazionale del 9 novembre, anniversario del Forum sociale europeo.

«Non si può parlare di contiguità e connivenze, neanche se fosse appurato che il singolo occupante, il singolo frequentatore di un centro sociale, di notte si è messo a fare il brigatista - dice Guido Lutrario, Disobbedienti romani - Certo, se cercano consenso, non possono trovarlo tra noi: qui non si tratta nemmeno di lotta armata ma di gente che spara per far uscire i documenti, omicidi politici. E il tema tra noi non esiste, la distanza è abissale». «Va bene prendere le distanze, però una riflessione è necessaria. Non è stata fatta finora - osserva Bruno Papale, portavoce del Coordinamento di lotta per la casa - perché questo movimento, anche nelle lotte, non ha vere e proprie sedi di discussione collettiva e unitaria, e soprattutto perché è prevalsa una sensazione di estraneità al fenomeno, che non è paragonabile a quello di vent’anni fa».

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