Home > Dall’India: MUMBAI
MUMBAI. S’è aperto il quarto social-forum mondiale. Alle quattro del
pomeriggio, a Mumbai (la vecchia Bombay), nell’India meridionale, con una
riunione plenaria che ha raccolto circa mezzo milione di persone. È la più
grande riunione plenaria congressuale che si sia mai vista al mondo. Di
questo mezzo milione di persone almeno il venti per cento erano paganti. Dai
venti ai cinquanta dollari ciascuno, a seconda del paese di provenienza.
In realtà non si è aperto il quarto forum mondiale, si è aperto il primo
forum davvero globalizzato. I primi tre forum (tra il 2001 e il 2003) erano
grandi concentramenti di Occidente e America latina. Ora c’è anche l’Asia,
cioè la metà del mondo, la metà che mancava. Quelli erano forum soprattutto
di intellettuali, qui a Mumbai ci sono le famose masse, quelle mitiche, che
gli studenti inseguono da quarant’anni. Questo forum non ha niente a che
fare coi precedenti. Non gli assomiglia. La presenza degli indiani è
straboccante: non solo di persone indiane, ma anche di problemi indiani. E
gli europei si accorgono che devono rivedere tante cose: analisi, proposte,
soluzioni, concezioni, pratiche politiche. Il corteo che ha preceduto la
riunione generale - per esempio - era aperto da uno striscione contro le
caste in India.
Diceva che un altro mondo non è possibile finché esistono le
caste. Già, non se ne era mai occupato nessuno, qui da noi, di questo
problema. Nessuno lo aveva ritenuto importante per il futuro del mondo.
Proprio nessuno: né Marx né i no-global. E invece - qui a Mumbai chiunque lo
capisce benissimo - è un problema fondamentale e riguarda il nostro domani.
Vedere sfilare gli intoccabili, i paria, (gente che quando cammina per
strada tutti si scansano con ribrezzo, perché sono condannati ad essere gli
ultimi, gli infelici, gli umili, la feccia nemmeno degna di essere serva)
vederli sfilare orgogliosi coi loro striscioni, e ballare, e cantare, questa
è una scena che nessuno ha mai visto. Mai: in India la discriminazione verso
gli intoccabili è una cosa seria, vera: riguarda anche la sinistra e
l’estrema sinistra.
IL MOVIMENTO È IN CRESCITA.
Capite che sul tavolo dei movimenti, invece di
trovare problemi risolti si accumulano problemi nuovi, difficilissimi, molto
ingarbugliati? Vittorio Agnoletto, il portavoce della delegazione italiana,
dice che questo è un bene. È una vittoria, non una sconfitta. Dice che il
movimento ha dei meriti se adesso è così, se arrivano nuovi problemi. È
chiaro: ha ragione. Fatto sta che la famosa questione se il movimento è in
crisi o non è in crisi qui appare del tutto superata e anche un po’ scema:
il movimento deve ricominciare da capo, non perché è in crisi, non perché
perde: perché sta crescendo, e crescere è sempre doloroso per tutti. Il
movimento deve rimettersi in discussione, rimboccarsi le maniche,
ricominciare a pensare. La politica occidentale non può restare estranea
all’India (come luogo geografico e luogo dello spirito), e alla povertà
oceanica e disperata, e alle monumentali ingiustizie di questa società. È la
grandezza del popolo no-global: ti stupisce sempre. Quando pensavi di avere
capito tutto di loro, e di poterli raccontare a occhi chiusi, catalogare,
giudicare, ti accorgi che è cambiato tutto, che non sono più lì dove li
aspettavi, loro sono già da un’altra parte, stanno aprendo nuove vertenze e
ti chiamano a capirle: e se vuoi capirle devi correre.
LA CERIMONIA DI APERTURA.
Ieri al corteo e poi alla cerimonia di apertura la
grande maggioranza erano indiani ma c’erano delegazioni di tutto il mondo.
Molte dall’Asia. I giapponesi e i coreani, che sono sbarcati da una nave
ieri mattina in 1600. E poi i pachistani che sono arrivati in treno. È il
primo treno, da anni, che attraversa il confine fra India e Pakistan. Gli
altromondisti sono felici di questo, che considerano anche un successo della
loro «diplomazia di massa», cioè del movimento pacifista indio-pakistano.
Poi sfilano i monaci tibetani con le loro tuniche color viola, e sfila,
danzando, anche un pezzetto di corteo composto dagli eunuchi. Chi sono? Si
chiamano Hijra e rappresentano una vecchia e triste tradizione indiana: si
rapiscono dei bambini, si castrano, si travestono da donna e poi li si
alleva come animatori nelle feste e nei matrimoni. Ieri invece hanno animato
il corteo, così, per protesta contro il proprio destino. Il corteo ha
camminato due ore, poi si è radunato nella grande spianata dove era stato
allestito il palco. È uno spazio grande due volte piazza san Giovanni, a
Roma.
Le riunioni al forum comunque inizieranno solo oggi. Il programma non è
ancora stampato, forse lo sarà in giornata, forse no. Comunque saranno, come
tutti gli anni, centinaia e centinaia di riunioni. Ci saranno tutti i big
del pensiero altromondista e ci sarà il confronto tra asiatici e
occidentali. Cioè tra due grandi scuole di pensiero e di vita, tra due mondo
diversi che si conoscono poco. Ci sono anche rappresentanti e osservatori
dei partiti. Non molti gli italiani. Bertinotti , che guida la delegazione
di Rifondazione, Marina Sereni, che guida quella dei Ds, e il presidente
della Toscana Claudio Martini.
IN TRENO VERSO IL FORUM
Per arrivare al forum, dal sud di Mumbai, ci sono
due modi: affittare una macchina o un taxi oppure prendere il treno. Mumbai
è gigantesca, è una delle tre o quattro città più grandi del mondo. Ed è
trafficatissima. In macchina, dal sud di Mumbai al luogo dove si svolge il
forum, ci vuole un ora e mezza o anche due. In treno quaranta minuti.
Prendiamo il treno. È senza porte e senza finestre. Ci sono dei vagoni di
prima classe e dei vagoni di seconda. Sono quasi uguali, ma la prima classe
ha i sedili imbottiti e coperti di plastica, la seconda ha le panchette di
legno. Poi ci sono dei vagoni per le donne. Per le donne non è prevista la
prima classe. Le donne non possono salire sui vagoni dei maschi e viceversa.
Mi dispiace, ma è impossibile raccontare cosa sono quaranta minuti su questo
treno, le cose che si vedono, i tuffi di angoscia e di emozione che provoca.
Neanche alla lontana. Ci vorrebbe la penna di Zola, che ha raccontato il
ventre di Parigi, ma Zola è morto. Ci proviamo un po’ all’ingrosso. Il treno
attraversa i quartieri popolari e gli slums, cioè le borgate, le
baraccopoli. Mumbai non è divisa nettamente in zone ricche e zone povere. È
tutto mischiato.
Specialmente sono mischiati poveri e poverissimi, le case
fatiscenti e le capanne di plastica, tubi , canne e copertoni. Dopo cento
metri il treno rallenta e suona, ci sono dei bambini sulle rotaie. Loro
smettono di giocare e con noncuranza, lentamente, si spostano, vanno sulla
rotaia accanto che per ora è libera. Sono migliaia i bambini sulle rotaie,
per chilometri e chilometri, e anche gli adulti che passeggiano. Le baracche
sorgono ai margini della ferrovia, anzi dentro la ferrovia, a trenta
centimetri dalle rotaie. In alcuni punti ci sono delle pozzanghere tra le
rotaie, e le donne fanno il bucato accucciate in quelle pozzanghere, col
sapone, e i ragazzi si lavano. È il loro giardino. Il treno passa
praticamente dentro le baracche. Sono terrificantemente povere: dal treno si
vedono le stanze, la biancheria sporca, il legno che brucia per cucinare un
po’ di riso, le lenzuola per terra senza letto, le figure scarnificate
eppure bellissime delle donne, che camminano dentro casa, o fuori, sulle
fogne a cielo aperto, coi piedi scalzi e muovendosi con la grazia e lo
sguardo delle vere principesse.
IL BAMBINO ACROBATA.
Alla fermata di Mumbai-centro sale un bambino, riccio,
meraviglioso e piccolissimo, dolce come nessun bambino al mondo, sette anni,
e vende il giornale. Lo compro, costa 3 rupie cioè 6 centesimi. Siccome ho
un euro in tasca glielo do e lui si accende di gioia. Vende un’altra copia,
poi basta. Allora si mette a sedere per terra, tira di fuori dalla tasca del
calzoncini luridi un pacchetto fatto con la carta di quaderno. Lo apre. C’è
del riso. Lo mangia con le mani. Poi lo butta via e quando il treno rallenta
si lancia giù dalla porta, in corsa, sempre sorridendo: mi si gela il sangue
anche perché il treno è alto, non ci sono gradini, è un salto di un metro e
mezzo, e il treno sta andando ancora veloce. Mi affaccio e lo vedo planare
sul terreno sconnesso, con una flessione da danzatore, e scappar via. Alla
stazione di Matunga salgono cinque studenti, sono vestiti bene. Finalmente.
Sono come i nostri studenti: scherzano, si tirano le cartelle, dicono -
credo - stupidaggini. Sono ricchi. Viaggiano in prima classe. Quando arrivo
alla stazione finale mi sento in colpa perché ho viaggiato in prima. Al
ritorno vado in seconda. È un carro bestiame. Migliaia di persone ammassate.
Strette, strette, fa caldo, non si respira. Una bimba di 3 mesi piange
disperata per tutto il viaggio, la madre per calmarla sbatte con un bastone
contro il sedile per fare rumore.
Lei se ne frega.