Home > Datti pace, non diventerai mai ricco
Forse il maggior successo della guerra contro il
terrorismo è stata l’abilità con cui sono riusciti a
distrarre l’attenzione dell’intera America da tutti
gli impicci che le grandi imprese fanno alle nostre
spalle. Dopo i fatti dell’undici settembre di due anni
fa, le grandi imprese statunitensi hanno reagito come
un pugile suonato, hanno lanciato colpi furibondi a
destra e a sinistra, hanno lasciato milioni di
americani senza risparmi, senza pensione e con
pochissime, anzi con nessuna speranza che per loro e
le loro famiglie possa esserci un futuro migliore. I
banditi della grande finanza ed i loro complici al
governo hanno fatto di tutto per dare la colpa della
rovina economica - alla quale ci hanno portato loro -
ai terroristi ed a noi, la gente della strada. Ma in
realtà la distruzione del futuro economico è
esclusivamente nell’ingordigia e nella cupidigia dei
"mujaheddin" che si nascondono nelle società anonime.
La presa del potere è avvenuta sotto il nostro naso.
Mentre questa banda di manager senza legge ci
assaltava, ci hanno propinato alcune potentissime
droghe perché non dessimo problemi,. Una di queste
droghe è la paura, mentre l’altra è conosciuta come
Horatio Alger.
La droga della paura funziona così: ci viene
continuamente ripetuto che gente malvagia ed ignobile
ci vuole ammazzare e che noi dobbiamo confidare solo
nei manager delle grandi imprese perché loro ci
proteggono, perché sanno quel che è meglio per noi. E
noi non dobbiamo dubitarne mai, anche quando ci
chiedono di essere favorevoli ai tagli fiscali che
beneficiano solo loro o quando decidono di tagliare di
un tasso i sussidi per le malattie o di alzare il
prezzo dei generi alimentari. Perché se non tieni la
bocca chiusa, se non ti adegui, se non lavori come un
mulo, ti licenziano. Cerca allora, amico mio, con
questa situazione economica, di trovare un nuovo posto
di lavoro, se ci riesci.
L’altra droga è più dolce. Ce la somministrano da
bambini, come un racconto di fate. Ma un racconto di
fate che può diventare realtà! Si tratta del mito
creato da Horatio Alger. Verso la fine del XIX secolo,
Alger è stato uno degli scrittori americani più
popolari. Le sue storie erano piene di personaggi che
venivano da ambienti poveri i quali, con coraggio,
determinazione e lavoro duro, riuscivano a raggiungere
il successo in questa terra di opportunità illimitate.
Il messaggio era che negli Usa tutti possono vincere e
vincere alla grande.
In questo paese siamo molto affezionati al mito felice
per cui tutti possono passare dalla povertà alla
ricchezza. In altre democrazie industrializzate la
gente si accontenta di guadagnare quel che serve per
pagare i conti e mantenere la famiglia. Sono pochi
quelli che hanno il desiderio, spesso addirittura
criminale, di diventare ricchi. La maggioranza vive
con i piedi per terra, sa che sono pochi, e sempre
altri, quelli che diventano ricchi, e ci ha fatto
l’abitudine. Tanto che i ricchi in questi paesi fanno
molta attenzione a non tirare troppo la corda e i
figli di puttana, che ci sono anche lì, vengono
sottoposti ad alcune restrizioni. Nel settore
industriale, per esempio. In Europa le maggiori
differenze sono nel Regno Unito, dove i manager
britannici guadagnano 24 volte di più della media dei
lavoratori. I manager tedeschi e svizzeri guadagnano,
rispettivamente, "solo" 15 o 13 volte di più degli
impiegati. Invece qui, negli Usa, il manager medio
guadagna 411 volte il salario di un lavoratore. Gli
europei ricchi pagano fino al 65 per cento di tasse e
sanno molto bene che non gli conviene lagnarsene
troppo perché la gente gli potrebbe complicare la
vita.
Negli Stati Uniti invece abbiamo paura di metterli al
loro posto. Noi odiamo mandare in carcere i nostri
manager quando violano la legge. Siamo sempre
disponibili ad abbassare le loro tasse anche se le
nostre aumentano. Non vogliamo fare nulla che possa
danneggiarci il giorno che anche noi diventeremo
milionari. E’ una cosa in cui crediamo perché
l’abbiamo vista farsi realtà. In ogni comunità c’è
almeno una persona che va in giro a pavoneggiarsi e a
ricordarci che sì, è possibile passare dalla povertà
alla ricchezza. Il messaggio che ci lancia non ha
nulla di sofisticato: "Io ce l’ho fatta! Anche tu puoi
farcela!".
Grazie a questo mito così seducente milioni di
lavoratori negli anni novanta investirono in Borsa.
Avevano visto con i loro occhi che negli anni ottanta
i ricchi avevano guadagnato moltissimo denaro e così
pensarono: "Perché non dovrebbe accadere anche a me?".
Quelli che il denaro ce l’avevano già, la pensavano
allo stesso modo e si dettero ugualmente molto da
fare. Bisogna sapere che negli anni ottanta solo un 20
per cento di statunitensi possedeva azioni. Wall
Street era un gioco che solo i ricchi potevano
permettersi ed era molto al di sopra delle possibilità
di un cittadino medio.
Verso la fine degli anni ottanta, tuttavia, i ricchi
non erano soddisfatti di quello che già avevano
ottenuto, ma non riuscivano a trovare il modo di far
crescere ulteriormente il mercato.
Non so se fu la geniale idea di un giocatore di Borsa
durante una riunione particolarmente creativa, o se
invece fu la cospirazione segreta di tutti i ricconi
messi assieme, ma il caso volle che il gioco
iniziasse. "E se convincessimo la classe media a darci
il suo denaro per diventare ancora più ricchi?".
Improvvisamente fu come se tutti quelli che conoscevo
decidessero di salire sul carro della Borsa.
Lasciarono che i sindacati investissero i soldi delle
loro pensioni in azioni. A volte i mezzi di
comunicazione raccontavano di normali, comuni
lavoratori che erano diventati milionari ed avevano
potuto permettersi di lasciare il lavoro. Era come una
febbre che stava colpendo tutti. C’erano lavoratori
che correvano a cambiare l’assegno dello stipendio e
chiamavano i loro "brokers" perché comprassero più
azioni. I loro "brokers"!
I titoli della Borsa salivano e scendevano, ma
soprattutto salivano, salivano molto. E potevi sentire
te stesso che diceva: "Le mie azioni sono salite del
120 per cento" oppure "ho triplicato il capitale". Uno
alleviava il dolore della vita quotidiana immaginando
la casa che un giorno, quando avrebbe smesso di
lavorare, avrebbe posseduto o il piacere che si
sarebbe comprato un domani se avesse deciso di vendere
oggi. Ma no, niente vendite! Le azioni continuano a
salire! Bisogna agguantare gli interessi! E uno si
strofinava le mani e pensava alla bella vita che
l’aspettava.
Ma era tutta una farsa, amico mio. Uno stratagemma dei
poteri imprenditoriali, o di chi si vuole, che non
hanno mai avuto alcuna intenzione di farti entrare nel
loro club. Avevano solo bisogno del tuo denaro per
diventare ancora più ricchi, così ricchi da non dover
lavorare per guadagnarsi da vivere.
Sapevano che l’euforia degli anni novanta non poteva
durare, e così avevano volevano il tuo denaro per
gonfiare artificialmente il valore delle imprese e
perché le azioni raggiungessero un prezzo così
esorbitante che, al momento di vendere, avrebbero
potuto ritirarsi per sempre a vita privata,
infischiandosene dello stato dell’economia.
E questo è quel che successe. Mentre il "faccendiere"
medio ascoltava i fanfaroni che dalla catena
televisiva via cavo CNBC gli dicevano che avrebbe
dovuto comprare sempre più azioni, quelli davvero
ricchi se ne uscivano tranquillamente dal mercato
vendendo in primo luogo le azioni delle loro imprese.
Nel settembre dell’anno 2002, la rivista Fortune
pubblicava una lista spaventosa di quei porci di
imprenditori che s’erano dati alla fuga come volgari
banditi mentre i prezzi delle azioni delle loro
imprese, tra il 1999 ed il 2002, erano scesi del 75
per cento e più.
In cima alla lista dei malfattori c’era Quest
Communications. Nel suo momento d’oro, le azioni di
Quest venivano vendute a quasi quaranta dollari
(all’incirca trentacinque euro). Tre anni dopo le
stesse azioni valevano un dollaro. Durante quel
periodo il direttore di Quest, Phil Anschutz, il suo
vecchio consigliere delegato, Joe Nacchio, e gli altri
manager se la svignarono con 2.260 milioni di dollari,
dopo aver provveduto a vendersi tutto prima che le
azioni toccassero il fondo.
Nel frattempo l’investitore medio, fidandosi di
consigli nefasti, continuava ad agguantare tutto. E il
mercato cadeva e cadeva e continuava a cadere. In
Borsa si persero più di quattro bilioni di dollari.
Andò in fumo anche un bilione di dollari di fondi
pensione e di aiuti per l’università.
E ora la mia domanda è questa: com’è possibile che, dopo aver spennato il
popolo statunitense ed aver distrutto il sogno americano della maggioranza
dei lavoratori, invece di essere arrestati, squartati ed
appesi all’alba alle porte della città, il Congresso
abbia premiati quei banditi con un gesto di amore -
una proroga fiscale record - e nessuno abbia detto
nulla? Com’è possibile?
Probabilmente è dovuto al fatto che siamo affezionati
alla droga del racconto di Horatio Alger. Malgrado
tutto il danno causato e tutte le prove contrarie, lo
statunitense medio continua ancora ad aggrapparsi al
sogno che, quando meno se lo aspetta, riuscirà a
diventare ricco, anzi ricchissimo. E se lasciamo in
pace i ricchi (non si sa mai), un giorno o l’altro il
ricco posso essere io.
Guarda, amico mio, devi accettare la realtà: tu non
diventerai mai ricco. La probabilità che accada è
circa una su un milione. E non solo non diventi ricco,
ma corri il rischio di vivere il resto della tua vita
rompendoti le corna per pagare la fattura della
televisione via cavo e le classi di arte e musica per
tuo figlio che prima, nella scuola pubblica, erano
gratis.
E la situazione è destinata a peggiorare. Scordati
della pensione, della sicurezza sociale, scordati che
in vecchiaia i tuoi figli ti curino, perché avranno a
malapena il denaro per aver cura di se stessi.
Se c’è ancora qualcuno convinto che non tutte le
grandi imprese nordamericane siano così malvagie, dia
un’occhiata a quello che i nostri magnati
dell’industria hanno fatto recentemente.
Un esempio: ti hanno informato che l’azienda ti ha
fatto un’assicurazione sulla vita? Ti trattano bene,
no? Bene, ora vedrai quanto ti trattano bene.
Durante gli ultimi vent’anni, alcune imprese come
Disney, Nestlé, Proter & Gamble, Dow Chemical, JP
Morgan Chase y Wal-Mat, hanno contratto in gran
segreto assicurazioni sulla vita degli impiegati che
nella gerarchia organizzativa si trovavano a livello
medio e basso. Ma con un particolare: hanno nominato
se stessi (l’impresa) come beneficiari! Proprio così.
Quando muori, sarà l’impresa, e non la tua famiglia, a
prendersi il denaro. Se muori mentre stai ancora
lavorando è ancora meglio, perché la maggioranza delle
polizze di assicurazione sulla vita pagano di più se
la persona muore giovane.
Ma anche nel caso che vivi
fino ad un’età molto avanzata, anche se è passato
molto tempo da quando hai lasciato il posto di lavoro,
l’impresa beneficerà ugualmente della tua morte. E, a
parte il momento in cui tiri le cuoia, l’impresa può
chiedere un prestito utilizzando la polizza come
garanzia e dedurre l’interesse dalle imposte.
Molte di queste imprese hanno messo in piedi un
sistema per cui il denaro così ottenuto viene
utilizzato per coprire le spese extra dei dirigenti -
le automobili, le case, i viaggi ai Carabi. Immaginati
il tuo capo sdraiato in una jacuzzi, lì, all’isola di
San Bartolomeo: credi che diventerà triste quando
verrà a sapere che sei morto?
Sai come le grandi imprese Usa chiamano in privato
questa specifica modalità di assicurazione sulla vita?
Assicurazione degli Zoticoni Morti. Senti come suona.
"Zoticoni Morti". Questo siamo per loro: zoticoni. E a
volte abbiamo più valore da morti che da vivi.