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Lettera aperta
Di nuovo a proposito di BR e movimenti
Due parole e precisazioni sulle polemiche che hanno seguito la mia
intervista a Repubblica del 29 ottobre. Parole per parte mia conclusive,
data l’evidente non volontà di discutere e la campagna di aggressioni e
insulti di cui sono stato fatto oggetto da parte di rappresentanti di
alcuni spezzoni del movimento.
Per fortuna, il movimento è qualcosa di più di un insieme di sigle. Il
movimento è molto più ricco, generazionalmente e culturalmente, di quel
ceto politico, composto spesso da molti piccoli don Abbondio, che pretende
di rappresentarlo in maniera esaustiva e ’proprietaria’.
Per la verità, ieri e oggi ho ricevuto pure molte telefonate private di
consenso e solidarietà, anche da parte di esponenti politici e sindacali.
L’unica (che a me risulti) dichiarazione a sostegno pubblica è stata quella
del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, che ringrazio altrettanto
pubblicamente. Forse appunto perché unica, non se ne trova traccia sui
giornali di oggi, invece omogenei nel riferire gli attacchi violenti che mi
sono stati rivolti ieri, ma anche, quasi tutti, nell’omettere le mie
repliche (compreso il quotidiano Repubblica, che, secondo Liberazione di
oggi, sarebbe addirittura artefice di una «campagna di stampa»).
In tutte le telefonate che ho ricevuto, nessuna esclusa, ricorreva
l’aggettivo ’coraggioso’. E francamente non capisco perché per esprimere
valutazioni politiche, giuste o sbagliate che siano considerate, occorra
essere coraggiosi. O, meglio, forse non volevo capirlo ieri ma devo farlo
ora, dopo la violenza degli insulti ricevuti e il conformismo delle repliche.
Evidentemente ho detto delle piccole e addirittura ovvie verità che molti
pensano e quasi nessuno dice. E che, come tutte le verità, possono fare
molto male, ma anche molto bene se, di fronte a esse, non si chiudono gli
occhi e la testa.
Vediamole in sintesi.
Ho detto, e ribadisco, che le BR sono dentro e contro il movimento.
1) Che siano dentro lo testimoniano le biografie degli arrestati, interne a
sedi e percorsi di lotta del movimento. È una presenza, come ho detto,
ultra-minoritaria e isolata, ma è una presenza. Per alcuni di loro vale la
presunzione di innocenza, che ovviamente rispetto e affermo. Altri si sono
invece rivendicati quali appartenenti alle BR-PCC.
Credo che quelle biografie non possano essere negate, essendo un fatto e
non un opinione. Ciò ovviamente non significa, né io mi sono mai sognato di
dire o di pensare, che se Morandi era aderente ai Cobas o Galesi e
Boccaccini interni a un centro sociale questo significhi che Cobas o centri
sociali siano compiacenti o contigui alle BR. In passato, alcuni brigatisti
avevano la tessera della CISL o provenivano dalla FGCI ma nessuno si è mai
azzardato a dire che CISL o FGCI fossero compiacenti con BR. Proprio per
evitare equivoci generalizzanti e appigli criminalizzanti, ho utilizzato un
termine che non mi piace, parlando di infiltrazione. Peraltro, che quelli
del movimento e del mondo del lavoro siano gli ambiti dei tentativi di
reclutamento brigatista è una ovvietà certo non nuova, come rimarca Bruno
Trentin in un’intervista a Repubblica di oggi.
Però negare quelle biografie significa fare un torto all’identità politica
dei brigatisti e contemporaneamente rinunciare a contrastarli
politicamente. Le BR non sono "comunisti su Marte" né esseri alieni, né
tanto meno sono fascisti, come qualcuno vorrebbe, oggi come ieri. Le BR si
muovono, oggi come allora, in una logica di partito che vuole prevaricare e
imporsi nei confronti dei movimenti, tentando di arruolarne singoli
militanti. Ieri e oggi le BR sono il partito della crisi del movimento, che
viene dunque favorita e auspicata per parassitarne gli attivisti.
Le BR, insomma, per quanto allucinate nell’analisi e criminali nella
pratica, sono quello che dicono di essere. Riconoscerlo e dirlo è stato un
tabù 25 anni fa (solo temporaneamente e meritoriamente infranto da Rossana
Rossanda) e, incredibilmente, continua a esserlo oggi.
2) Che le BR siano contro il movimento, i sindacati, le forze politiche
della sinistra mi sembra altrettanto evidente, negli effetti e negli
intenti. Perché lo sono nella loro pratica e analisi politica, e perché
vengono strumentalmente utilizzate per colpire sindacati e sinistra e per
criminalizzare l’intero movimento. Anche questo lo si è visto in talune
dichiarazioni di ieri e in alcuni articoli di oggi.
E, anche questo, non è un fatto nuovo. Negli anni Settanta, lo scontro più
acceso è stato tra la parte armata ed eversiva del movimento e il
sindacato, in particolare la CGIL, e il PCI.
La differenza ’decisamente rilevante’ è che allora l’opzione armata era
maggioritaria nel movimento. Oggi, per fortuna, è isolata e infima
numericamente. Pure, è presente. E non vederlo e non dirlo serve solo a
renderla meno isolata, a facilitarne i propositi di reclutamento.
Non dirlo, da sinistra, per timore di strumentalizzazioni è miope. Perché
così facendo si lascia campo aperto alla destra, che oggi tende e talvolta
concretamente tenta di criminalizzare il conflitto sociale e sindacale in
quanto tale. Il quale, viceversa, è antidoto e barriera nei confronti del
terrorismo, così come lo sono i movimenti e le lotte di massa e di piazza.
Se si criminalizza il conflitto sociale, se si indeboliscono i movimenti,
se si perseguono o equiparano le azioni di semplice disobbedienza e le
pratiche radicali ad atti di terrorismo, si rafforza l’opzione armata e si
fa un favore alle BR.
· In definitiva, non è politicamente produttivo e intellettualmente
onesto dire che le BR sono contro il movimento se non si ammette che sono
anche dentro, pur, ripeto, in modo isolato e in numeri risibili. Una mezza
verità è, e diventa, anche una mezza bugia. Questa mezza bugia la stanno
recitando in troppi. Molti, in malafede.
3) A parte le volgarità e gli insulti, mi è stato rimproverato (da
"disobbedienti", dal portavoce a vita dei Cobas Bernocchi e dal Sin.Cobas)
di leggere la realtà e il movimento di oggi con occhi vecchi, di essere
rimasto fermo al passato. Questa argomentazione non capisce o finge di non
capire che non io ma ben appunto le BR, le loro logiche
politico-organizzative e le loro modalità operative, sono rimaste le
stesse. E con questo bisogna fare i conti, anche se annoia, me per primo.
Cioè tocca affrontare una battaglia politica contro quanto di vecchio e
polveroso, pur isolato, resiste e vorrebbe rigenerarsi dentro i luoghi e il
dibattito dei movimenti e magari anche dentro le componenti organizzate da
loro stessi rappresentate.
L’alternativa, comoda ma autolesionistica, è quella di mettere la testa
sotto la sabbia. Ed è quanto le figure più note e rappresentative dei
disobbedienti e dei Cobas stanno facendo, preferendo la scorciatoia
dell’insulto e dell’anatema. Mi spiace per loro e per le aree che
rappresentano.
4) Un’altra stupidaggine che è toccato leggere è che le mie dichiarazioni
odierne contro le BR farebbero parte di mie antiche polemiche con
quell’organizzazione, la cui identità di sinistra, peraltro, mi tocca ora
paradossalmente affermare e ’difendere’.
È ovvio a chiunque non sia in malafede che la mia posizione e proposta di
dibattito politico e culturale è contro la logica e l’opzione delle armi
dentro il conflitto sociale. Siccome oggi, e per fortuna a differenza del
passato, solo le BR portano avanti la lotta armata e l’omicidio politico,
evidentemente il mio attacco è nei loro confronti.
Per la verità, la mia posizione è ancor più netta. Io credo che vada
rifiutata e combattuta la stessa logica e pratica della violenza politica,
che sia contro le persone o anche solo contro le cose, perché essa comunque
è e diviene legittimazione delle stesse BR e piano inclinato che porta
legittimità e può portare militanti alla strategia della lotta armata.
Altrettanto decisa è la mia adesione ai contenuti radicali, alle culture di
alternativa, alle proposte di un rinnovamento della politica che un
movimento mondiale ha portato avanti da Seattle in poi, seppur con molte
contraddizioni, errori e limiti.
È ben vero, per fortuna, che parte significativa dei nuovi movimenti ha una
cultura e una pratica nonviolenta. È altrettanto vero che tale cultura non
riguarda e non è acquisita da tutte le sue componenti.
Sergio Segio
30 ottobre 2003