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E’ vero che il popolo italiano si fa facilmente manipolare?

Publie le mercoledì 26 novembre 2003 par Open-Publishing

Beppe Lopez

Spesso l’opinione pubblica, in Italia, viene confusa con la torbida e amorfa massa dei
telespettatori. Quando un partito o un’alleanza di partiti perde alle elezioni - succede anche a sinistra -
per i loro leader e leaderini non ci sono dubbi: la colpa è di questo "paese di merda". Se preso
dai magistrati con le mani nella marmellata, il Cavaliere si fa assolvere seduta stante, anzi a
prescindere e a priori, dal «popolo che mi ha votato». Così se a Nassiriya il terrorismo/resistenza
iracheno fa una strage fra gli uomini lì inviati da Berlusconi notoriamente per fare un piacere
personale a Bush, ecco montare il lutto nazionale, la trasformazione di quei caduti in "martiri"
(martiri di che, se non della politica militare in ossequio alla quale sono stati inviati nel posto
dove sono stati uccisi, e quindi del governo Berlusconi?). Ed ecco il ricatto opposizione: o
sciacalli (perché chiedono il ritiro delle truppe dopo la strage) e amici dei terroristi che hanno ucciso
quei giovani eroi italiani, o d’accordo col governo. Il tutto in nome e brandendo come una clava
il dolore del "popolo italiano".

Ma il popolo in generale e quello italiano in particolare ha veramente la classe politica e il
governo che si merita? Siamo effettivamente di fronte ad un "popolo bue", che difatti un volgare
affarista, con una cultura eversiva dal punto di vista democratico e istituzionale, è riuscito a far
suo, dandogli da bere attraverso il controllo delle Tv truffe e bugie? Che si fa abbindolare a tal
punto da consentire il ribaltamento del significato e delle conseguenze del disastro/tragedia
della partecipazione italiana all’occupazione dell’Iraq da parte di Bush, accodandosi supino e persino
entusiasta all’ondata retorica patriottarda filogovernativa, e costringendo anche i settori
dell’opposizione più "responsabili" ad allinearsi più o meno convinti a parole d’ordine condivise con la
maggioranza?

In realtà, gli attuali equilibri e rapporti di forza politici appaiono, più che figli di un popolo
obnubilato dalla fiammeggiante figura dell’imprenditore miliardario prestato alla politica, dai
mille errori, dal cinismo e dalla complessiva inadeguatezza del ceto politico sopravvissuto a
Tangentopoli e in particolare dei suoi settori che avrebbero dovuto e potuto proporsi come alternativa
credibile alla scorciatoia semplificatrice e autoritaria, ai "sogni" e ai "miracoli" promessi dal
Signore della Tv. A cominciare dalla logica maggioritaria, illusoriamente introdotta come
scorciatoia "progressista" e "riformista" alla presa del potere, per finire all’arrogante sicumera con la
quale si liquidò qualsiasi ipotesi di ragionevole e pur minima intesa alle ultime elezioni
politiche con Rifondazione (e con l’Italia dei Valori) che da sola avrebbe impedito l’assunzione del
potere da parte del Cavaliere, passando attraverso una serie di atti e comportamenti di governo
devastanti per mancanza di una congrua e trasparente "alternatività" rispetto alle ricette e alla cultura
del centro-destra (specie in materia di mercato del lavoro), per omissioni clamorose e sospette
(conflitto di interessi, Tv, ecc.), per furberie e di peggio.

Ciononstante, come si sa, la differenza di voti fra uno schieramento e l’altro è stata minima e,
per qualche aspetto, favorevole alle forze disunite di centro e di sinistra. E l’"Uomo delle Tv"
non è che è stato votato dalla maggioranza degli italiani, ottenuta invece d’un soffio da uno
schieramento complesso e profondamente diviso - come si è visto recentemente - appena fondamentali
questioni di merito hanno la possibilità di far saltare il tappo costituito da un sistematico scambio
di favori perlopiù inconfessabili (giustizia, Tv, affari, clientele) e comunque insostenibili in
tutta la loro chiara portata ("federalismo", anti-meridionalismo, tagli allo stato sociale e ai
servizi pubblici, ecc.). Nonostante tutto ciò, e grazie al maggioritario, il Cavaliere ha preso il
controllo della maggioranza parlamentare. Ma, considerando anche l’aumento dei non votanti -
oggettivamente addebitabile alla mancata messa in campo di un’alternativa credibile a una maniera di far
politica e a contenuti che appaiono generalizzati e omologanti gli "opposti" schieramenti -
possiamo onestamente dire che il popolo italiano sia stato stupidamente folgorato da quello che è in
definitiva un astuto imbonitore? Che esso sia facilmente abbindolabile, che sia privo di una diffusa
cultura democratica, che "vota Berlusconi come votava una volta la Dc, nonostante gli scandali", e
che si fa portare con mano verso la santificazione dei caduti di Nassiriya invece di ribellarsi
contro una politica di guerra in tutta evidenza prevaricatrice, illegittima e tanto dolorosa?

In realtà, a parte l’opera mistificatrice dell’apparato berlusconiano e la forte, coerente, nobile
e riconoscibile testimonianza del movimento della pace, cosa è riuscito a contrapporre all’infame
propaganda dei Bondi e dei Ferrara e alla tremula retorica dei vertici istituzionali il ceto
politico di centro-sinistra? Balbettii, imbarazzo, improvvisi riallineamenti tattici ed in qualche caso
rivelazioni di sostanziale omogeneità strategica e morale col centro-destra.

Certo, il "popolo" può essere indotto nel disorientamento (e quindi mal-orientato) da un gruppo
dirigente che utilizza il consenso ricevuto per fare altro rispetto a quello per il quale era stato
votato. Che non riesce a mettere in campo, anche e soprattutto dall’opposizione, opzioni politiche
alternative chiare, trasparenti e concretamente praticabili. Che non lancia "parole d’ordine"
coerenti e convincenti. Che non dà esempi di rigore e di dignità. E allora? Con chi bisogna
prendersela? Con la gente, col Paese o con il ceto politico e con un certo comportamento omologante ed
estraneo ai bisogni diffusi che lo innerva?