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G8: Pinto, non fuggo

Publie le mercoledì 3 dicembre 2003 par Open-Publishing

Genova Lo conferma dopo l’anticipazione di ieri: lascia l’indagine sul caso Diaz per tutelare se
stesso e l’inchiesta. «Non come uno che fugge, ma a piè fermo. Confido che il processo faccia luce
su quanto successe quella notte alla Diaz. Evento che, a mio giudizio, resta ancora una pagina
oscura della Repubblica». Francesco Pinto, pm della Procura genovese conferma la lettera con cui ha
rimesso al Procuratore capo la delega all’indagine "Diaz" (ma resta pm di altri filoni di inchiesta
sul G8) e spiega, libero da vincoli, la sua posizione.

«Pulita, non per autodefinizione - spiega il pm - Ma per atti precisi che hanno smentito ogni
illazione e ogni atteggiamento strumentale, ogni distorsione». Come noto Pinto viene messo al centro
della richiesta di trasferimento del processo a Torino da parte di alcuni difensori. Perché Pinto
avrebbe in qualche modo "concordato", secondo i legali, gli atti della fallimentare perquisizione
fornendo anche indicazioni su come fare i verbali.

«Vicenda curiosa e molto amara - osserva Pinto - Perché utilizzata dopo che nell’indagine era
emerso chiaramente come le affermazioni dell’allora capo della Digos genovese, Francesco Mortola,
fossero state ritrattate dal diretto interessato, smentite da un altro funzionario (lo spezzino
Filippo Ferri) e dai dati delle telefonate: mai parlato con Ferri».
Il pm genovese con gli atti ora liberi dell’inchiesta, dopo la conclusione della stessa,
ricostruisce minuziosamente orari e tempi delle telefonate. Di fatto venne a conoscenza «di notizie
frammentarie sul blitz dopo ripetute telefonate all’allora vice di Mortola, Alessandro Perugini (indagato
per altri fatti, ndr). Perugini era l’addetto ai collegamenti con la Procura, Mortola quella notte
non rispondeva sul telefono di servizio e chiesi a Perugini (in servizio a Bolzaneto nel carcere
provvisorio) di rintracciarlo».

Quei dettagli sparsi arrivarono solo dopo le due di notte, dopo che al pm Pinto erano arrivate le
telefonate di quattro giornalisti (tra questi il presidente dell’Ordine Ligure, Attilio Lugli) poi
primi testimoni la mattina successiva al blitz, sull’irruzione al centro stampa e sul caso Diaz.
«Anche davanti al comitato parlamentare d’inchiesta per i fatti del G8 - aggiunge Pinto - nessun
poliziotto ha riferito di ipotetiche direttive date quella notte dall’autorità giudiziaria per la
stesura dei verbali». Oggi, sintetizzando molti passaggi di Pinto, il magistrato, secondo alcuni
legali, dovrebbe trovarsi nel ruolo di correo. «Con una rivoluzione della procedura: la chiamata di
correità"arriverebbe" - dice Pinto - non da chi, a conoscenza di tutti i fatti, ammette proprie
responsabilità e chiama altri in causa, ma dice di non saperne nulla: veramente curioso».

Mortola verrà querelato da Pinto? «Valuterò le diffamazioni subite. Ma dico che sia Mortola, sia
il suo legale non sono stati protagonisti delle strumentalizzazioni di questi ultimi giorni. Anche
durante l’interrogatorio in cui Mortola, prima "dice", poi chiarisce e ritratta, dopo le
valutazioni sia di merito sia tecniche, il funzionario di polizia non commette reato. Anche lo avesse
fatto, la trasmissione degli atti a Torino non avrebbe comunque sposato il resto dell’indagine».
Una battaglia processuale per cambiare sede del processo - «forse nel mirino ci siamo più noi pm,
per le conoscenze acquisite in mesi di inchiesta» - quindi giocata sul filo di secondi e di minuti
delle telefonate. «Che smentiscono ogni mio contatto con il dottor Filippo Ferri che nemmeno
conoscevo» aggiunge Pinto. Ore 0,42, 1.16, 1.37, 1.51 e 2,52: sono i momenti clou della ricerca di
Mortola via Perugini.

Le dieci del mattino successivo la consegna dei primi verbali: «ore dopo i fatti, come accaduto
per molti arresti del venerdì e del sabato pomeriggio quando sia io sia altri colleghi, con un
richiamo alla Questura da parte dell’allora Procuratore Francesco Meloni, fummo costretti a scarcerare
gli indagati per l’incompletezza degli atti o i ritardi con cui furono portati».
Il magistrato ha quindi ribadito «di aver parlato solo di una-due telefonate avute con Mortola,
perché erano state quelle esaustive rispetto alle richieste su cosa stesse realmente accadendo».

Capitolo chiuso? Pinto allarga le braccia: «Chiedetelo ai legali o a chi ha prima anticipato ai
giornali illazioni e richieste solo successivamente formalizzate negli atti del procedimento».

Marcello Zinola

03/12/2003