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G8 Polverone: le chiamate a Pinto

Publie le domenica 23 novembre 2003 par Open-Publishing

Il caso G8, nella notte degli scontri alla Diaz un pm della Cassazione
chiamò Pinto

GenovaC’è il nome di Vito Monetti, personaggio storico della magistratura
genovese e oggi sostituto procuratore presso la Cassazione, nei tabulati
delle telefonate ricevute dal pm Francesco Pinto. Ed è tra le chiamate
giunte, la notte dell’irruzione della polizia nella scuola Diaz, sul
cellulare privato di Pinto che era magistrato di turno. E proprio su quel
colloquio s’incentra ora l’attenzione dei difensori di alcuni poliziotti
inquisiti. Perché le conversazioni di Pinto al telefonino, quella notte,
sono diventate oggetto di disputa giudiziaria.

Il pm ha sempre sostenuto di esser stato informato in maniera
approssimativa di quel che stava succedendo. L’esame del traffico generato
dal cellulare ha evidenziato che ci furono ripetuti contatti: in uscita con
il vicecapo della Digos Alessandro Perugini; in entrata con il dirigente
Spartaco Mortola. Una stonatura che ora i difensori dei poliziotti sotto
inchiesta giocano come carta.

All’una, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Vito Monetti,
telefona al magistrato di turno. La conversazione dura tre minuti. Un
dettaglio che accende l’attenzione di Luigi Li Gotti. E’ il legale che
difende Francesco Gratteri, dirigente dello Sco. Così il legale deposita
una nuova istanza alla Procura. Chiede l’estensione dei tabulati al periodo
di tempo che precede la mezzanotte del 21 luglio. Qualcosa secondo Li
Gotti, non torna.

Nell’istanza si chiede che venga sentito anche il consigliere della Suprema
Corte, Vito Monetti, che all’una del mattino chiama il pm a Genova.
«Vogliamo sapere cosa disse a Pinto questo alto magistrato - aggiunge Li
Gotti - nel momento più caldo del blitz alla scuola Diaz. A meno che non si
trattasse di una telefonata personalissima, potrebbe chiarire ciò che Pinto
gli riferì».

Il magistrato genovese ha già chiarito il senso di quella conversazione:
«Non c’è proprio alcun mistero. Io e Monetti siamo amici da anni: lui ha
visto in televisione quel che stava accadendo alla scuola Diaz e ha
chiamato solo per informarsi, per chiedermi se sapevo qualcosa di più».
Ma la disputa legale non si placa. Anche perché in queste ore si gioca una
partita delicatissima, sulla richiesta di spostamento del processo a Torino
formulata da quattro difensori degli agenti indagati e presentata alle
cancellerie di palazzo di giustizia. Partita che, dopo il prevedibile no
del procuratore della Repubblica Francesco Lalla, si trasferirà sugli
scranni della Cassazione. Tra gialli e veleni, tra misteri e imbarazzi, si
gioca in queste ore uno dei nodi più delicati dell’intera inchiesta G8.

M. Men.