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IRAQ - Lettera del GLT-Nonviolenza di Lilliput sulla questione irachena
Publie le venerdì 28 novembre 2003 par Open-PublishingRoma, 27 novembre 2003
Cari Amici,
gravemente preoccupati dall’accelerazione che ha subito il confronto fra
le forze della pace e quelle della guerra, soprattutto nel nostro paese,
ci rivolgiamo a tutti Voi, per sottoporvi le considerazioni e la
proposta che seguono.
1. L’andamento del conflitto in Iraq (e anche la situazione in
Afghanistan) stanno confermando le più fosche previsioni. Soprattutto si
stanno prefigurando delle situazioni in cui la gestione da parte di
poche potenze sarà esposta con ogni probabilità a perdite ulteriori,
nonché protagonista e vittima di violenze crescenti: ogni giorno che
passa senza
che vi sia un mutamento di rotta sostanziale la crisi diventerà sempre
più difficile da risolvere con modalità politicamente accettabili.
Vediamo anche governi e partiti invischiati nelle prevedibili e previste
conseguenze delle
loro decisioni di guerra, a partire dalla crescita del terrorismo. Esso
ha ampliato le sue capacità operative, gode di aree di sostegno
popolare, opera ormai su uno scacchiere internazionale ed è in grado di
infliggere perdite difficili da prevedere e da evitare. La lotta contro
un nemico del genere può facilmente vedere giustificata anche in ampi
strati popolari e nell’immaginazione comune il ricorso a misure estreme,
a ritorsioni, massacri, soppressioni di diritti umani. Occorre, oggi
più che mai interrompere questa spirale con mezzi che escludano il
ricorso alla violenza degli Stati.
2. La situazione, sotto la minaccia di questo terrorismo internazionale,
e nel clima da esso alimentato, si è negli ultimi giorni talmente
deteriorata che risulta addirittura inutile insistere per un ritiro
immediato delle forze armate dell’Italia e degli altri paesi in
Afghanistan e in Iraq, perché la richiesta stessa alimenta risposte
improntate a valori nazionalistici e al peggior patriottismo.
In queste ore tristi, infatti, segnate dalla morte di tanti giovani,
vediamo riemergere e montare disvalori e isterie che speravamo scomparse
da quasi un secolo. Un impegno diffuso per interrompere questi
arretramenti culturali è ormai urgente e dovrebbe anche indurre a
superare le divergenze marginali e a sospendere le contrapposizioni
spesso solo verbali tra organismi che condividono alcune ispirazioni di
fondo. Le diversità di punti di vista si riveleranno invece feconde di
intuizioni e di nuovi modelli non appena saremo in condizione di avviare
una "costruzione della pace che non sia per l’ennesima volta solo un
intervallo tra due guerre".
3. I valori e le posizioni più largamente condivisi sono ormai evidenti:
* Condanna e rifiuto del terrorismo, e determinazione a isolarne gli
attori, a prevenirne le cause, a svuotarne i moventi
* Illegittimità e rifiuto della guerra, considerata ormai uno strumento
sorpassato per risolvere difficoltà nei rapporti tra Stati
* Illegittimità e rifiuto delle guerre "preventive", "umanitarie",
"inevitabili per lottare contro il terrorismo"
* Illegittimità e rifiuto della guerra contro l’Iraq, sia nella fase
iniziale che in quella attuale
* Cambiamento nei modelli e nelle logiche degli interventi
internazionali volti ad eliminare le cause dei conflitti e maggiore
diffusione delle metodologie nonviolente di risoluzione dei conflitti
4. Le organizzazioni che presentano questa iniziativa sono decise a
esercitare ogni possibile pressione per perseguire i seguenti obiettivi:
· affinché l’ONU intervenga immediatamente in Iraq, con l’invio di un
contingente multinazionale, con funzioni di polizia internazionale, di
peacekeeping e di peacebuilding, con compiti ben definiti nei tempi e
nei modi, formato e guidato da paesi non attualmente belligeranti e che
rappresentino i diversi gruppi di paesi che sono presenti nell’ONU. Il
contingente dovrà comprendere sia forze armate, sia forze non armate in
misura consistente e in collaborazione non subordinata alle prime
· per un contemporaneo ritiro delle truppe, anche italiane, che
attualmente agiscono da forze di guerra e di occupazione e non godono
del consenso internazionale di paesi e di popoli che è condizione
necessaria per esercitare una funzione realmente di pace e di
prevenzione e svuotamento - non solo repressione - del terrorismo
· per l’invio di una Equipe di Mediazione, scelta in sede ONU, formata
da esponenti di paesi non belligeranti, capace di avviare un reale
processo di ascolto, negoziazione e mediazione diretto ad iniziare e ad
accelerare la transizione dell’Iraq verso un processo di
autodeterminazione politico-economica, basato sulle scelte delle
popolazioni locali.
· per l’invio in forme organizzate di volontari, coordinati con le ONG
che già operano in Iraq, che realizzino, autonomamente anche se in
collaborazione con il contingente ONU, gli interventi di aiuto, sostegno
umanitario, ricostruzione materiale e sociale.
5. Le organizzazioni ribadiscono il loro impegno a proseguire insieme :
In azioni di mobilitazione caratterizzate dall’attenzione, dal rispetto,
dal dialogo nei confronti delle opinioni diverse, dalla nonmenzogna,
dalla coerenza tra i fini indicati ed i mezzi impiegati, dimostrando (a
questo servono le dimostrazioni) che la pace può solo con mezzi pacifici
essere conseguita. E per questo che proponiamo di attivare assieme
,azioni dirette nonviolente, dal basso, come iniziative di
protesta/proposta, non collaborazione attiva-boicottaggi, disobbedienza
civile.
· Verso una economia di giustizia che preveda drastici mutamenti dei
peggiori meccanismi economici e sociali, in quanto l’economia di
giustizia rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza
strutturale sulle popolazioni, reali causa non remote delle guerre e dei
terrorismi
· Verso il disarmo internazionale, il superamento del commercio e della
produzione di armamenti, la riconversione dell’industria bellica
· Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità
all’ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla crescita
illimitata, e un progressivo rifiuto del modello neoliberista
6. Gli organismi citati in indirizzo nella sola Italia sono centinaia e
tutti conosciamo le reali dimensioni del movimento internazionale contro
la guerra, non da oggi presente anche negli USA, in Israele e in altri
paesi tormentati da conflitti.
Riteniamo sia necessario un salto di qualità nella nostra opposizione,
che senza voler far scomparire differenze e distinzioni, permetta una
mobilitazione che non possa essere facilmente cancellata da contromisure
informative o da ragionamenti capziosi. Una mobilitazione che duri
finché gli attuali focolai di guerra non siano messi al margine delle
politiche internazionali e si avvii la elaborazione di misure
alternative, dirette alla costruzione di una pace non formale.
Vi ringraziamo per l’attenzione che vorrete dedicare a queste nostre
considerazioni e proposte, e aspettiamo al più presto una vostra
risposta, che ci auguriamo positiva, e la vostra disponibilità per un
incontro di tutte le forze per la pace e contro la guerra per definire
e verificare assieme un nuovo percorso di pace.
Il Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e conflitti della Rete
Lilliput