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MANIFESTO 24-10
Ieri sposi
GIANNI ROSSI BARILLI
Prima di tutto siamo un popolo di umoristi. Altrimenti ci ribelleremmo con maggiore convinzione al
bizzarro vezzo di chiamare Casa delle libertà il più grandioso progetto repressivo degli ultimi
sessant’anni. Un altro significativo passo nel delirio è stato compiuto ieri alla Camera, con la
bocciatura della legge sul «divorzio veloce», affondata da un emendamento targato Lega e Udc in nome
della difesa della famiglia. La piccola modifica chiedeva semplicemente di depennare dal testo la
norma che ne costituiva il cuore, cioè la riduzione da tre a uno degli anni di separazione
necessari per arrivare allo scioglimento definitivo del matrimonio. Una maggioranza trasversale e
piuttosto risicata (sette voti più del quorum richiesto e meno di venti voti di scarto rispetto
all’opzione contraria) ha approvato, tra applausi d’esultanza provenienti dai banchi del centrodestra,
mandando così a farsi friggere la legge intera. Il tutto grazie a un voto segreto che certo non esalta
il coraggio delle proprie responsabilità nei parlamentari. Non starà molto bene vedere maggioranza
e opposizione spaccarsi apertamente al proprio interno su un argomento «di coscienza», ma pare
piuttosto infantile nascondersi dietro il segreto (di Pulcinella) dell’urna per far finta che non
accada.
In realtà è sufficientemente chiaro che ogni volta che si toccano argomenti riguardanti l’etica
sessuale, e le pretese di controllo legislativo in materia da parte della morale cattolica, i poli e
le maggioranze si scompongono e ricompongono secondo una differente geografia politica, che oppone
laici perlopiù timidi a baldanzosi reazionari di centrodestra e di centrosinistra. E di solito
sono i secondi a vincere.
Visto da destra, è prima di tutto un problema di scollamento rispetto alla vita reale della
maggior parte delle persone, e perfino degli stessi politici rispetto alle proprie personali biografie.
Gente che divorzia abitualmente, o addirittura convive more uxorio (per limitarci a questo),
rappresentando elettori che nel loro piccolo fanno altrettanto, scopre in aula di non avere altro dio
all’infuori della famiglia indissolubile. E si impegna a fare in modo che rimanga una camicia di
forza il più a lungo possibile. Ma forse è proprio questa mirabile ipocrisia, deliziosamente
cattolica, che rende la destra più somigliante della sinistra a questo paese.
Vista da sinistra, d’altra parte, la questione è ancora più grave. Il diritto degli individui a
disporre liberamente del proprio corpo è uno dei pochi argomenti su cui in occidente conservatori e
progressisti si dividono in modo abbastanza netto. Il fatto che in Italia lo schieramento
progressista si squagli continuamente quando si tratta di decidere qualcosa in merito è il segno di quanto
sia debole, prima di tutto culturalmente, l’alternativa alla destra. Al punto da rinunciare, come
hanno fatto in origine il centrosinistra e l’Ulivo, a negoziare con i cattolici «di sinistra» sul
terreno dei valori. In cambio di un’alleanza per il governo considerata più importante. E’ questo
invece uno dei terreni più importanti su cui si gioca la credibilità di un progetto democratico
che ci liberi da Berlusconi. Ma per poter entrare in partita bisogna cambiare atteggiamento,
mettendo paletti di natura etica che negli ultimi anni è stato consentito solo ai cattolici di piazzare
da tutte le parti.
Così magari perfino la Margherita si ricorderà che dopotutto viviamo nell’Europa laica e che la
società non è una succursale della sala stampa vaticana. Anche se tra giubilei papali e
santificazioni di massa in diretta tv rischiamo continuamente di dimenticarcene.