Home > Il burqa del premier
di Stefano Olivieri
La destra caritatevole è svaporata in un sorriso, quello delle due donne finalmente sorridenti perché non più ostaggi, non più vittime di un sequestro.
Il miele spalmato dai giornali e dalle tv di regime in queste settimane di trepidazione di tutto il popolo italiano sulla tragica vicenda è già scomparso, insieme alla posticcia unità nazionale strombazzata ai quattro venti dal premier.
Al suo posto è arrivata inesorabile la solita consueta melma, arrogante e puzzolente, con cui viene inesorabilmente sotterrato chi non si adegua al pensiero unico.
Le maschere ipocrite sono cadute e la flotta mediatica ha cominciato a incrociare il fuoco sulle due donne, ormai troppo pericolosamente vicine a diventare icone di un sentire nazionale così diverso da quello che desidera il governo.
I generali Feltri e Jabbathehutt Ferrara hanno sfoderato le loro sciabole e giù fendenti senza pietà, senza risparmio, tanto come dice il presidente gli elettori lettori di giornali sono come un bambino di otto anni, e nemmeno tanto sveglio.
E’ il burqa del premier insomma, sono più di tre anni che tanta stampa compiacente lo indossa e vi si ripara dietro quando il gioco si fa duro.
In tv Vespa organizza il suo salottino e mostra i suoi gioielli: non certo le due Simone perché quando parlano quelle lì sono pericolose; meglio al loro posto e a parlare di loro la consorte dell’elefantino, che si sa bene da che parte pende.
Poi la drammaturgia su la pistola riconsegnata a Scelli: sarà davvero una pistola?
Sarà fatta di ferro?
Sarà forse quella che ha ucciso Quattrocchi?
Lo stregone di turno ammalia la folla dei teleutenti dipingendo foschi scenari, insinuando con sapienza curiosità morbose.
Su quali prove si fondino poi queste congetture da bar dello sport non è dato saperlo, forse sul fatto che trattavasi di una pistola che aveva sparato in Irak, che era stata in mano a un irakeno, dunque a un terrorista.
Un consiglio a Bruno Vespa : se vuole davvero una seratina da record di auditel, inviti le due Simone e accanto a loro Paolo Simeoni e Valeria Castellari, così rimane in argomento e salva anche la par condicio...
La semplificazione con cui si tende oggi a banalizzare la cronaca recente di questo sequestro non è frutto di ottusità ma risponde a un disegno ben preciso, perché due donne volontarie, senza altre armi che la propria volontà di fare qualcosa per i diseredati, con la loro semplicità hanno fatto breccia e sono riuscite a convincere il paese dell’inutilità, anzi meglio, del danno prodotto dalla missione militare italiana in Irak.
Perché il terrore non sta soltanto dalla parte dei tagliagole e dei kamikaze. Perché il terrore c’era con Saddam ed è rimasto in Irak con l’invasione dei “liberatori”, che a distanza di così tanto tempo dalla liberazione dal tiranno non sono ancora riusciti a trovare altro mezzo, per convincere gli irakeni sulle loro pacifiche intenzioni, che le armi.
Con cui sparano e uccidono uomini, giovani e vecchi, adulti e bambini, ogni giorno che passa. Decine di migliaia di civili, ad oggi. E non abbiamo sicuramente assistito al peggio, vedrete che cosa succederà se Bush verrà rieletto, tra il due di novembre e gennaio, quando dovrebbero tenersi le elezioni in Irak.
Berlusconi ha già ribadito seccamente che si resterà laggiù, al fianco di Bush. E il premier, si sa, non ama contraddittorio, su questo e su qualsiasi altro argomento. Men che mai se poi a contraddirlo sono due “vispe terese” come amabilmente definisce Libero le due Simone.
E allora vai con il linciaggio e con l’ostracismo televisivo.
Se a Follini quest’estate sibilò di scatenargli contro le sue tv, figurarsi quale sarà stato l’ordine impartito questa volta.
Mentre a Scelli, sul cui ruolo nella liberazione delle due non si farà mai probabilmente sufficiente luce, vengono messi a disposizione tutti i palcoscenici possibili.
L’ex trombato alle ultime elezioni politiche (si presentò nel 2001 per Forza Italia nel seggio di Roma Gianicolense, e per non approfittare della generale beneficiata della destra non doveva essere proprio una cima ...) ha trovato finalmente il suo posto al sole e probabilmente ci riproverà nel 2006 ad arrivare in parlamento, proprio grazie alle visibilità mediatica ottenuta attraverso le due Simone.
Insomma, c’è chi in Irak fa soldi con una agenzia di security e chi ci troverà alla fine un seggio parlamentare. Se questo è il modo della destra di concepire una missione umanitaria, si capisce bene il motivo per cui Simona Torretta e Simona Pari danno fastidio.