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Il procuratore generale Porcelli dedica la sua relazione alla contestazione al G8
Publie le domenica 18 gennaio 2004 par Open-PublishingRequisitoria antimovimento
Checchino Antonini
Genova, l’anno giudiziario si apre "condannando" i manifestanti di luglio
Genova - nostro inviato
Le manifestazioni del luglio 2001 avevano «obiettivi destabilizzanti» e il
preludio fu il pacco bomba recapitato alcuni giorni prima del G8 in una
caserma di carabinieri. I black bloc agirono sotto «la copertura delle
moltitudini (come avrebbe dimostrato l’indagine di Cosenza)» e i
«manifestanti pacifici non isolarono i violenti, non dimostrarono nei loro
confronti alcuna reazione di rigetto, anzi - accogliendoli di volta in
volta nelle loro fila - diedero l’impressione di fornire adesione morale
alle loro gesta, apparendo conniventi con i loro comportamenti». Per due
giorni fu impossibile «distinguere i dimostranti pacifici da quelli
violenti». Abbraccia tutti i teoremi della sua procura, Domenico Porcelli,
da pochi mesi alla guida del palazzo di giustizia genovese, e approfitta
della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario per annunciare che
la criminalizzazione del movimento dei movimenti andrà avanti.
Le giornate genovesi, quando arrivarono in città trecentomila manifestanti
almeno, inorriditi dalla globalizzazione liberista e dalla zona rossa che
proteggeva gli otto "grandi" capi di stato - nella sua lettura - si
trasformano in una sequela di assalti a mezzi, uomini e caserme delle forze
dell’ordine a seguito della quale «si verificò l’esplosione di colpi d’arma
da fuoco che attinsero, uccidendolo, Carlo Giuliani, che in quel momento
pare brandisse un estintore». Il passaggio retorico sull’omicidio del
ventitreenne dopo tre ore di scontri innescati da una carica a freddo dei
carabinieri su un corteo regolarmente autorizzato, sembra il preludio
all’annuncio dell’archiviazione del caso. Porcelli, convinto che anche le
ultime bombe alla questura abbiano la stessa matrice, sembra che abbia
visto solo pochi fotogrammi tra le migliaia di ore di video girati tra il
20 e il 22 luglio 2001: «Sono raccapriccianti le riprese di una donna
inerme sopraffatta e selvaggiamente percossa dalla folla», dirà più avanti
stigmatizzando le comunicazioni criptate tra no global e gli schermi di
plastica in testa al corteo dei disobbedienti.
«Rivoluzione e democrazia
non sono compatibili», avverte dando «pubblico atto alle forze dell’ordine
del successo» nella difesa della zona rossa: «Se per avventura, i
manifestanti avessero infranto quelle barriere, ben difficilmente si
sarebbe potuto evitare spargimento di sangue ad opera degli agguerriti
servizi segreti stranieri». «007 pronti a sparare?!», esclama Vittorio
Agnoletto che del Gsf fu portavoce, «ecco che cosa voleva dire Scajola
quando parlò della licenza di uccidere! Pisanu dovrebbe riferire in
parlamento su quella che appare anche come una rinuncia alla sovranità».
Al fallimento delle forze dell’ordine nella salvaguardia della sicurezza
dei manifestanti, dello stato di diritto e della città, Porcelli dedica
appena una ventina di righe delle tre pagine dedicate al G8 nelle quali,
tra molti condizionali, ricorda i trattamenti disumani, gli spietati
pestaggi di polizia avvenuti alla Diaz e Bolzaneto. Alla fine giura che non
saranno fatti sconti a nessuno facendo arrabbiare il legale di Canterini,
l’avvocato Romanelli, che giudicherà la relazione «un attacco alla
polizia». Più contento Alfredo Biondi, avvocato di Troiani, uno degli
agenti coinvolti nell’affare delle molotov: «Ha avuto il coraggio di dire
le cose che tutti pensano, criticando le violenze di piazza e il fatto che
la massa non è stata repellente contro i violenti». Il problema delle forze
dell’ordine? «Inesperienza, disorganizzazione e mancanza di direzione
appropriata».
«E’ la prima volta che si rinuncia alla divisione tra buoni e cattivi in
nome di un’interpretazione complessiva e integralmente criminalizzante per
il movimento - riprende Agnoletto - è una relazione tutta politica,
gravissima, in netto contrasto con la verità. E perdipiù si assolvono i
vertici di polizia, sorvolando sui video che mostrano le violenze di
piazza, riducendo gli eccessi a fatti individuali». Politico è l’attacco,
politica sarà la risposta di movimento: «Anche chi vuole avere
un’interlocuzione con i movimenti deve assumersi le proprie
responsabilità», conclude Agnoletto, intercettato a Milano da "Liberazione".
Anche l’Anm, che pure ha sventolato la costituzione, in una composta e
tiepida critica al ministro Castelli, «contesta l’esistenza dei teoremi, le
indagini - ha spiegato a "Liberazione" il presidente ligure dell’Anm,
Andrea Beconi - non devono essere lette con pregiudizio».
«Sorprendente come abbia dimenticato le immagini, raccapriccianti, anche
quelle che mostrano agenti e militari che pestano a terra e a sangue, a 10,
a 20, lo stesso manifestante inerme - commenta a caldo Dario Rossi,
giurista democratico del Genoa legal forum - e come legga episodi che sono
oggetto di attenzione di organismi come Amnesty International,
l’europarlamento, la commissione per la prevenzione delle torture delle
Nazioni Unite e al centro di ripetute richieste di commissione
parlamentare. La chiede perfino Canterini (accusato dai suoi stessi
superiori di essere il principale responsabile del massacro alla Diaz,
ndr). «E’ una relazione pericolosissima per il sindacato», dice anche
Raffaella Multedo, l’avvocata dei due esponenti Cobas "ricercati" dalla
Procura con l’inedita inserzione a pagamento stile western. Nessuna traccia
del preannunciato girotondo a sostegno della magistratura.
La città
democratica ha commentato la relazione di Porcelli nella manifestazione
contro la guerra che s’è svolta a Piazza Matteotti, davanti al Palazzo
Ducale. «Possibile che di tante testimonianze e video che esistono, ci
siano ancora persone che continuano a non voler vedere preferendo
l’immagine di una folla violenta - dicono Haidi e Giuliano Giuliani,
genitori di Carlo, che hanno appena letto gli stralci della relazione - non
c’era assolutamente contiguità tra cosiddetti violenti (dove c’erano
infiltrati di ogni tipo) e un movimento pacifico che non poteva avere tra i
suoi compiti anche quello di tutelare l’ordine pubblico. Per questo ci sono
le forze dell’ordine che avrebbero dovuto agire in totale coerenza con il
dettato costituzionale. Perché non l’hanno fatto? Ancora una volta si
dimostra sempre più necessaria e urgente una vera commissione parlamentare
di inchiesta».
Da Liberazione