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dal Giornale di Brescia 16.12.2003
Mirko Lombardi e Manlio Vicini indagati per incendio boschivo
INSIEME AD ALTRI 34 PER LE MANIFESTAZIONI CONTRO LA GUERRA IN IRAK
Appartengono entrambi a un’area politica che si contraddistingue anche per
sensibilità ecologica, eppure sono entrambi indagati per incendio boschivo,
per aver appiccato il fuoco a un bosco delle pendici della Maddalena,
facendo in modo che le fiamme disegnassero la scritta pacifista «No War». Il
coinvolgimento dei due esponenti di Rifondazione, il consigliere regionale
Mirko Lombardi e il consigliere comunale Manlio Vicini, è l’aspetto più
paradossale dell’inchiesta per la quale la Procura di Brescia ha chiesto la
proroga delle indagini. L’inchiesta si occupa delle manifestazioni contro la
guerra in Iraq che si svolsero a Brescia nel febbraio di quest’anno: ci
furono due blocchi ferroviari, che intendevano ostacolare i treni che
trasportavano a Livorno materiale bellico americano destinato a finire in
Iraq. Uno di questi sit-in si svolse la sera del 24 febbraio e quasi
contemporaneamente sulle pendici della Maddalena si sviluppò un incendio
(nella foto). Dalla città il rogo si distingueva benissimo e gli alberi in
fiamme formavano nel buio lunghe strisce rosse luminose. A qualcuno parve di
poter leggere qualche lettera: in molti ci videro un «NO» e qualcuno poi ci
aggiunse la parola «WAR» a formare in inglese lo slogan «No alla guerra».
Così, mentre i vigili del fuoco e i volontari della protezione civile
lavoravano una notte intera per spegnere l’incendio, che distrusse 50 ettari
di bosco, qualcuno collegò le «lettere di fuoco» con il blocco ferroviario
«pacifista». E mentre gli agenti della Polizia provinciale indagavano sull’
ipotesi, molto seria e inquietante, che ad appiccare le fiamme fossero stati
alcuni bracconieri che volevano rendere vana la battuta al cinghiale
organizzata dalla Provincia, proprio per i giorni successivi in quella zona,
la Digos della Questura introdusse quell’incendio nel rapporto sul blocco
ferroviario, che era corredato dai 36 nomi delle persone che vi avevano
partecipato ed erano state identificate. Così tutti e 36 si sono ritrovati
indagati, oltre che per interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e
resistenza, anche per incendio boschivo. Mirko Lombardi, commentando l’
iscrizione nel registro degli indagati, ha dichiarato: «Ebbene sì sono stato
io. Come tutti sanno io sono un incallito cacciatore di frodo, un
bracconiere che incendia boschi per snidare la selvaggina e poi razziarla.
Da ora sarò latitante e questa mia confessione - ha concluso polemicamente -
spero liberi gli inquirenti da una incombenza investigativa, in modo che
possano concentrarsi su qualcosa d’altro, come i morti per inquinamento o
per incidenti sul lavoro». Manlio Vicini ha invece dichiarato: «Solo il
fatto che ci sia una ipotesi investigativa nei confronti dei manifestanti
pacifisti per l’incendio è aberrante. Il movimento si è assunto la
responsabilità delle manifestazioni e non ha mai intrapreso iniziative di
quel genere, tanto meno in considerazione della propria sensibilità
ecologista. Al di là dell’ ipotesi investigativa, che non potrà avere
sviluppi processuali - ha concluso Vicini - è preoccupante che si indaghi il
movimento pacifista per le iniziative contro la guerra. Si tratta di una
risposta repressiva».(a. pell.)
da Bresciaoggi16.12.2003
Sospettati in 36, relazione tra gli stop ferroviari e il rogo in Maddalena
di febbraio. In un’altra vicenda 26 richieste di giudizio
Blocco e incendio, pacifisti indagati
Trentasei indagati e reati che vanno dai blocchi ferroviari, all’incendio
doloso. Quale relazione ci possa essere tra la manifestazione pacifista
contro i treni che stavano trasportando materiale militare alle basi
americane nella penisola e un incendio divampato sulle pendici della
Maddalena il 24 febbraio scorso, sta forse nel disegno descritto dalle
fiamme che - secondo alcuni - avrebbe vergato le parole: "No war". Certo è
che per quei due episodi, la procura di Brescia ha messo sotto indagine 36
persone, due consiglieri di Rifondazione comunista, quello regionale Mirko
Lombardi e Manlio Vicini che siede a palazzo Loggia, esponenti del Brescia
social forum e della sinistra antagonista.
Tutti sorpresi (ricevendo tra le
mani la richiesta di proroga delle indagini) di essere accusati di aver
appiccato il fuoco in Maddalena, incendio di matrice dolosa, ma per il quale
sembrava si stesse indagando negli ambienti del bracconaggio.
Proprio per questo il consigliere Mirko Lombardi ha preso la notizia dell’
indagine con ironia: «Ebbene si sono stato io - dichiara quasi divertito,
sottolineando che era presente ai tentativi di blocco ferroviario con un
ruolo istituzionale di garante -. Come tutti sanno io sono un incallito
cacciatore di frodo, un bracconiere che incendia boschi per snidare la
selvaggina e poi razziarla. Da ora sarò latitante. Se qualcuno vuole proprio
trovarmi segua nei boschi i tratturi e le peste lasciate dagli ungulati e
dai cinghiali? potrebbe trovarmi lì acquattato come l’uomo di Similaun.
Questa mia confessione spero liberi gli inquirenti da una incombenza
investigativa in modo che possano concentrarsi su qualcosa d’altro come, ad
esempio, i morti per inquinamento o per incidenti sul lavoro».
L’avvocato Manlio Vicini, invece, è più tecnico: «Solo il fatto che ci sia
una ipotesi investigativa nei confronti dei manifestanti pacifisti è
aberrante. Il movimento si è sempre assunto la responsabilità delle
manifestazioni a volto scoperto e non ha mai assunto iniziative di quel
genere, tanto meno in considerazione della propria sensibilità ecologista».
Le indagini ora diranno se c’era una relazione tra i blocchi dei treni e l’
incendio divampato sul versante della Maddalena che dava verso la linea
ferroviaria.
Intanto, c’è un’altra inchiesta che è stata chiusa dalla Procura sulle
manifestazioni della sinistra antagonista. Nel febbraio prossimo, davanti al
gip Roberto Spanò, si discuterà della richiesta di rinvio a giudizio
avanzata dal pm Paolo Savio a carico di 26 esponenti del Magazzino 47,
accusati di resistenza a pubblico ufficiale per i tafferugli avvenuti nei
dintorni di piazza Rovetta nell’aprile del 1998. In quell’occasione la
manifestazione prese di mira un banchetto di Alleanza Nazionale e nel corso
della protesta fu infranta anche la vetrina di un istituto di credito
(danneggiamento è il reato contestato ad un paio di manifestanti, così come
altri dovranno rispondere dell’accusa di essersi coperti il volto durante la
protesta). m.tor.