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Iraq, una sconfitta americana

Publie le mercoledì 22 settembre 2004 par Open-Publishing

di Bianca Cerri

Al Lorentz è un militare USA attualmente di stanza a Baghdad. Considera l’idealismo un sentimento superfluo: essendo uomo d’armi, tende soprattutto alla concretezza. D’altra parte, nei vent’anni di servizio prestati all’esercito, il suo carattere si è indurito. Lorentz è, almeno in apparenza, abbastanza obiettivo sulla responsabilità del suo paese in questo momento. Ed è sicuro che fra poco l’esercito americano tornerà a casa sconfitto. Anzi, la sconfitta è già praticamente avvenuta. "Ho la certezza che avremmo potuto vincere questa guerra completamente illegale", ha detto. "Anch’io ero convinto che fossimo qui per portare la democrazia a gente che non aveva mai avuto modo di conoscerla. Ma le cose non stavano affatto così."

I motivi per cui Lorentz considera ormai perduta la guerra per gli Stati Uniti non sono ideologici, soltanto logici.

"L’Iraq non è stata una guerra, ma una guerrilla, servita solo ad attirare l’odio sul nostro paese", spiega. "Ormai si continua ad ammazzare a caso, senza neppure un obiettivo preciso", aggiunge. In pratica, si riferisce alle tattiche strategiche usate dall’esercito degli Stati Uniti. Quando un esercito arriva a tirare a caso sulla popolazione, anzichè sconfiggere il nemico, aumenta la sua autorevolezza presso la popolazione locale spingendola a resistere.

"Ci siamo ritrovati a tirare bombe all’uranio di almeno 500 libbre, fatevi i conti", spiega Lorentz. "E con un sentimento molto diverso da quello dei politici". In effetti, a tutti i militari in partenza veniva spiegato che gli iracheni erano un popolo ignorante e violento, ma anche facile da sottomettere, che (letteralmente...) avrebbe coperto le truppe di petali di rosa. Dopo lo stupore iniziale, la popolazione ha iniziato a temere gli americani più dell’ex Rais.

La rottura tra esercito USA ed iracheni è insanabile. E Washington non vuole neppure che i militari tentino di capire perchè questo sia avvenuto. "Da Washington ci arrivano ancora dispacci che parlano di solidarietà tra truppe americane e popolazione irachena", dice Lorentz. "La Casa Bianca insiste che non odiano noi ma i ’terroristi’", aggiunge.

Dal punto di vista strategico, i cosiddetti terroristi sembrano essere più organizzati delle truppe USA. E per ogni loro uomo eliminato, pagano con la vita almeno quaranta civili. "In questa guerra, l’esercito ha dimostrato un particolare accanimento verso la popolazione civile", dice lo stesso Lorentz. "Con il risultato di dare nuova forza alla resistenza armata anzichè distruggerla". Sembra anche che la guerrilla irachena, come la chiamano gli americani, sia meno vulnerabile. Tatticamente, mentre l’esercito invia e riceve merci ed è quindi più esposto, i combattenti locali conoscono il territorio e non sanno dove cercare rifornimenti senza allontanarsi troppo dalle postazioni.

"I costi anche concreti della nostra guerra sono stati enormi", spiega Al Lorentz. "E naturalmente cambia la maniera di procurarsi quanto occorre alla sopravvivenza". Molti iracheni decisi a combattere contro gli Stati Uniti sarebbero psicologicamente messi meglio perchè sostenuti a livello locale. E non mancherebbero di tattiche più mirate. "Ormai abbiamo capito che gli iracheni che combattono hanno tattiche superiori alle nostre", dice Al Lorentz. E aggiunge: "E sono più aggiornati".

Il Pentagono, in effetti, è molto più preoccupato di rendere nell’immagine che in materia di abilità strategiche. Quanto prima, l’opinione pubblica apprenderà che sono stati buttati miliardi per volere della fissazione maniacale dei politici ad infliggere dolore e sofferenza ad un popolo dall’esistenza già sufficientemente fragile.

"Ritengo sia una contraddizione che gente come me, che ha giurato di restare fedele alla Costituzione, sia stata mandata qui a combattere una guerra anti-costituzionale", conclude amaramente Al Lorentz.

Nota: Al Lorentz è anche presidente del Partito Costituzionale del Texas.

b.cerri@reporterassociati.org

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