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Italiani, brava gente: a Reggio Emilia un diverso "uso" della memoria storica
Publie le mercoledì 14 gennaio 2004 par Open-PublishingLe "giornate della memoria" a Reggio Emilia non si limitano al 27 gennaio
e, pur tenendo al centro (come è giusto sia) l’anniversario della
liberazione del campo di Auschwitz, tentano un intreccio più profondo con
il versante solitamente rimosso della memoria storica italiana. E infatti
il 14 gennaio si parte con "Fascist legacy" (L’eredità del fascismo) ovvero
il film di Ken Kirby che fece scandalo nel 1989 in Inghilterra, venne
acquistato dalla Rai e… da allora giace nei magazzini: nel cinema Rosebud
di Reggio mercoledì sera Massimo Sani (regista e curatore della versione in
italiano del documentario) dialogherà con Fabio Galluccio (autore del libro
"I lager in Italia", edito da Nonluoghi) e magari spiegherà il mistero di
un film che fu comprato per non essere trasmesso. O forse non c’è alcun
segreto e la verità resta ancora quella per cui nel dopoguerra venne
letteralmente impedito ad alcuni registi italiani di affrontare questi
argomenti: insomma un documentario sui crimini dell’Italia in Etiopia,
Libia, Somalia - ma anche in Albania, Jugoslavia e Grecia - smentirebbe il
comodo mito degli "italiani, brava gente".
E proprio "Italiani, brava gente" si intitola il numero 113, datato gennaio
’04, del mensile reggiano "Pollicino gnus" (44 pagine; l’abbonamento
annuale alla rivista costa 16 euro). Una scelta coerente visto che negli
anni passati la redazione si era prima occupata delle "persecuzioni
dimenticate" - zingari, omosessuali, Testimoni di Geova, giovani non
allineati, malati, oppositori politici… - e poi aveva affrontato il ruolo
della Chiesa di Pio XII nelle persecuzioni nazi-fasciste.
I materiali pubblicati sono in parte inediti e in parte pubblicati (ma
purtroppo spesso su riviste o libri che non godono del tam-tam mediatico) e
affrontano le vicende dei campi di concentramento italiani per ebrei, di
quelli nelle colonie africane e nei Balcani, del confino per gli
"indesiderati". L’unica firma nota al cosiddetto grande pubblico è quella
di Angelo Del Boca che, in chiusura del suo testo, si chiede "A quando la
proiezione sulla tv di Stato dell’inchiesta Fascist Legacy di Ken Kirby? E
per quale motivo è ancora proibito proiettare nelle sale Il Leone del
deserto, il film di Akkad, che narra l’epopea tragica di Omar el-Mukhtar,
impiccato da Graziani nel lager di Soluch?". Proprio all’eroe della
Resistenza libica, il vecchio "leone" del deserto che è tutt’oggi ricordato
in tutti i testi anti-colonialisti, è dedicata la copertina di "Pollicino
gnus".
Dopo l’incontro del 14 gennaio sono previsti a Reggio altri due
appuntamenti pubblici importanti. Il 21 gennaio presso Istoreco, cioè
l’Istituto storico della Resistenza (0522 580890,
http://www.istoreco.re.it), si discute di "Violenza fascista in Emilia" con
gli storici Gianfranco Porta e Marco Minardi mentre il 31 pomeriggio è
fissato un incontro con Carlo Spartaco Capogreco, presidente della
Fondazione internazionale Ferramonti e autore del libro "I campi del Duce:
l’internamento civile nell’Italia fascista" (edito da Einaudi). Anche se
pochi lo ricordano, a Ferramonti di Tarsia, nel cosentino, funzionò il più
grande campo di concentramento italiano per ebrei. Il maggiore, non
l’unico: perché fra il giugno 1940 e l’agosto del ’43 furono più di 50 i
campi "sottoposti alla giurisdizione del Ministero dell’Interno" ma vi
furono altre 200 località - dette, con un ossimoro, di "internamento
libero" - dove gli ebrei (ma anche gli apolidi) furono portati. Di quante
persone si trattava? Secondo il saggio di Carlo Spartaco Capogreco (uscito
nel ’91 su "Storia contemporanea" e in sintesi riportato sul citato
"Pollicino gnus") nel giugno ’40 gli ebrei "contati" in Italia erano poco
più di 4mila e fra loro venivano calcolati anche alcuni apolidi. Fra il ’41
e il ’42 a essi si aggiunse un "secondo contingente dalle zone ex-jugoslave
appartenenti allo Stato croato o annesse all’Italia, composto da circa 2000
ebrei prevalentemente slavi, e nel quale vanno inclusi anche i 500
naufraghi del Pentcho, battello fluviale partito da Bratislava nel maggio
1940 con l’improbabile proposito di raggiungere la Palestina e
incagliatosi, dopo sei mesi, nei pressi di Rodi".
Va anche ricordato per quel che riguarda gli internati nei maggiori campi
di internamento nel Sud dell’Italia (appunto Ferramonti e Campagna, in
provincia di Salerno) che la loro salvezza fu opera del repentino arrivo
delle truppe degli Alleati ma anche della solidarietà che avevano trovato
nelle campagne e nei paesi vicini i "liberati" (solo dopo il 10 settembre
’43 venne revocato l’ordine di internamento) che in pratica furono
abbandonati a se stessi dal nuovo governo. La situazione dei campi
ovviamente fu ben diversa nel centro-nord e, per citare di nuovo Capogreco,
"la sorte degli ebrei dipendeva da due fattori: la loro dislocazione
geografica e la capacità di trovarsi un rifugio per sfuggire alla cattura
dei nazisti": entro settembre circa 2mila ebrei, internati nel Meridione,
erano sotto la tutela degli Alleati mentre al Nord l’internamento venne
ripristinato (ufficialmente il 30 novembre ’43) dalla sedicente Repubblica
di Salò e per 6815 ebrei quella prigionia fu - scrive ancora Capogreco -
quasi sempre "solo una breve sosta sulla via di Auschwitz".
E’ significativo (come scrive Renato Moschetti in chiusura del citato
numero di "Pollicino gnus") che la Fondazione internazionale Ferramonti,
nata perché la memoria storica non vada perduta, dal 2001 sia in pratica
priva di ogni sostegno istituzionale.
Ancora vale la pena sottolineare che purtroppo la scelta di collegare la
"Giornata della memoria" (istituita con la legge 211 del 20 luglio 2000) al
rimosso del colonialismo e/o del fascismo è stata presa a Reggio Emilia e
in poche altre città (fra queste Pisa che ospiterà anche un convegno sul
"confino di polizia"). E se notizie in tal senso - anche di iniziative che
colleghino la memoria storica all’oggi - ci arriveranno, "Migra" sarà ben
lieta di darne conto perché la pianta del razzismo ha in Italia - spiace
dirlo - ancora ben solide radici e si nutre anche di una memoria rimossa o
parziale, o solo strumentalmente evocata.
Chi desidera ricevere il citato opuscolo può rivolgersi alla redazione di
"Pollicino gnus": 0522 454832 oppure pollicino@comune.re.it