Home > L’esercito pattuglia il centro della capitale boliviana
L’esercito pattuglia il centro della capitale boliviana
Publie le giovedì 16 ottobre 2003 par Open-PublishingLa tensione cresce in Bolivia e migliaia di contadini,
minatori e braccianti stanno marciando verso la capitale, dove
dovrebbero arrivare oggi. Il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada ha
fatto appello ai manifestanti perché cessino le proteste, ma i leader
dei movimenti di opposizione, che chiedono le dimissioni del capo
dello Stato, ritenuto incapace di fare fronte alla situazione
economica disastrosa del paese, hanno affermato che non si fermeranno.
Negli incidenti degli ultimi giorni, in numerose zone del Paese,
secondo l’Assemblea permanente per i diritti umani sono morte 74
persone e 400 sono rimaste ferite. Domenica scorsa le forze
dell’ordine hanno sparato sui manifestanti in un sobborgo di La Paz,
El Alto, e ieri, secondo la rete telvisiva A, molti civili sono stati
arrestati nella capitale da uomini in borghese, con il volto coperto
da un cappuccio.
L’esercito boliviano ha fatto sapere, attraverso il generale Roberto
Carlos, che "agirà con la più grande fermezza contro coloro che
rinunceranno alla coesistenza pacifica". Intorno al palazzo
presidenziale di la Paz e nei pressi dei maggiori edifici governativi
si sono piazzati carri armati e veicoli blindati, reparti in tenuta da
combattimento pattugliano le strade.
L’avvertimento dei militari, però, non ha fatto desistere i
manifestanti, che continuano a erigere barricate nella capitale,
paralizzata da quasi un mese da uno sciopero che ha investito vari
settori.
La scintilla che nei giorni scorsi ha fatto scoppiare la protesta su
vasta scala è stata la decisione di Sanchez de Lozada di esportare il
gas naturale boliviano negli Stati Uniti. L’opposizione ha proclamato
scioperi in tutto il Paese, affermando che ben poco dei profitti della
vendita del gas sarebbe andato nelle tasche della popolazione. Lunedì
scorso il presidente ha rinunciato al suo progetto, ma le proteste non
si sono fermate. L’economia boliviana è allo stremo, la maggior parte
della popolazione vive con meno di due dollari al giorno e il paese è
considerato dagli osservatori internazionali il più povero
dell’America meridionale.
Il malcontento riguarda soprattutto la maggioranza indigena, che è
stata ulteriormente impoverita, negli ultimi anni, dal programma
voluto dal governo e sostenuto finanziariamente dagli Stati Uniti per
la distruzione delle coltivazioni di coca. Il governo americano in
questi giorni ha fatto sapere che appoggia il presidente
democraticamente eletto: "La comunità internazionale e gli Usa - ha
detto Richard Boucher, portavoce di Washington - non tollereranno
alcuna interruzione dell’ordine costituzionale e non riconosceranno un
regime che prendesse il potere come risultato di processi
antidemocratici".
L’appoggio degli Stati Uniti non ha fatto che esasperare maggiormente
la popolazione. Jaime Solares, leader della Centrale operaia boliviana
(Cob), ha chiesto ai lavoratori di non cessare le proteste:
"Rafforzeremo lo sciopero generale a tempo indeterminato - ha detto -
fino alla rinuncia di Sanchez de Lozada". Il leader dei contadini
dell’Altopiano, Felipe Quispe, è entrato in clandestinità a causa
delle minacce del governo. In un’intervista telefonica al quotidiano
svedese Dagens Nyether, Quispe ha comunque ribadito che la
confederazione dei contadini si allinea alla Cob e alle altre
organizzazioni, chiedendo con decisione le dimissioni del presidente.