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L’umbria esce dal Foro contadino-Altragricoltura
Publie le giovedì 15 gennaio 2004 par Open-PublishingDopo una telefonata di Fabbris al nostro cordinatore Umbro, ieri il Foro
Contadino dell’Umbria si è rivisto per l’ultima volta. Nella riunione Bio
c’ha raccontato la telefonata dicendo che Fabbris insieme a Renato volevano
incontrarci, per parlare della nostra decisione di uscire dal Foro
nazionale. Il racconto della telefonata lasciava tutti un pò scettici.
L’apparenza denota che Gianni non ha compreso il malumore dei contadini, ma,
anzi, ha rilanciato su nuovi appuntamenti e scadenze, portando tutti i
presenti a non accettare un incontro con loro.
Durante la riunione ci siamo chiesti, quanti sanno della decisione del Foro
Umbro, quanti contadini provano i nostri stessi malumori. per questo abbiamo
deciso di inviare su tutta la lista del Foro, la lettera che inviammo sulla
lista del direttivo qualche settimana fa, in più vi alleghiamo sotto la
risposta di Giovanni Brambilla Presidente del Foro.
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Nel Giorno 18 /12 /03. Si è tenuta l’ultima riunione Umbra del Foro
Contadino-Altragricoltura. Molti i punti all’ordine del giorno, tra i quali
era prevista una discussione riguardante il nostro rapporto con il Foro a
livello nazionale. Chi immagina una discussione vivace si sbaglia. E’ stata,
invece, una discussione molto pacata nella quale ci siamo trovati tutti
d’accordo nel descrivere un forte disagio. La completa mancanza di
interlocuzione con i "massimi esponenti nazionali", l’assenza di un progetto
politico, la rincorsa sfrenata dei grandi appuntamenti ha portato a fare
delle strane scelte, come quella del convegno organizzato con
AltrAgricoltura Nord-est sugli OGM, dopo che tutto il direttivo si era
espresso chiaramente sulle condizioni per riniziare un rapporto con
Donatello and company.A nostro modo di vedere, non c’è più, nelle iniziative
del Foro Contadino-Altragricoltura, la volontà di costruire un soggettività
contadina antiliberista. Dopo tre anni di lavoro ancora non abbiamo sciolto
il dilemma se siamo un movimento di contadini o dei contadini in un
movimento.
Accecati da una spietata volontà di presenzialismo si sono persi
tutti i punti di riferimento che ci avevano portato, con grande entusiasmo,
ad aderire a questo progetto. Per tutti questi motivi e perchè non ci
sentiamo più parte di questo progetto, l’assemblea ha deciso, senza nessun
parere contrario, di ritirare la nostra adesione al Foro
Contadino-Altragricoltura. Nella prossima riunione nazionale ci impegneremo
a riconsegnare le circa 50 tessere fin qui fatte. Naturalmente continueremo
a vederci, costituendoci in associazione e CAMBIANDO nome, gurdandoci bene
dal non creare nessun equivoco.Con grande rammarico, per tutto quelto che
poteva essere e non è stato;
Un triste abbraccioOrmai ex Foro Contadino-Altragricoltura Umbria
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La risposta di Brambilla
Quello che ci pongono gli Umbri riguarda tutti, non solo loro, è la
situazione del Foro Contadino, in particolare delle realtà regionali che
hanno lavorato o cercato di lavorare in modo collettivo e che sono composte
principalmente da chi di agricoltura vive. Gli Umbri descrivono un forte
disagio, per il quale non si riconoscono nel Foro Contadino per: -mancanza
di interlocuzione con i "massimi esponenti nazionali" -assenza di un
progetto politico -rincorsa sfrenata dei grandi appuntamenti e del
presenzialismo
Penso che tutti debbano poter confrontarsi su queste
questioni, che in parte già ha posto Walter R, in modo molto più chiaro e
articolato. Io dico la mia.
1)Nelle esperienze che abbiamo fatto in questi
ultimi mesi in Lombardia, in stretto rapporto con "compagni" dell’Appennino
(Liguria, Piemonte, Emilia) è risultata del tutto evidente l’indipendenza
nelle scelte e nell’organizzazione delle iniziative dal contesto nazionale,
e sicuramente anche una certa estraneità alle riunioni del direttivo. Per
non parlare delle scadenze che vengono proposte, derivanti da appuntamenti
estranei all’agricoltura, a cui, pur giudicandole valide di per sè, non
partecipiamo in quanto non possiamo assentarci dal lavoro. Tutto questo non
ci ha impedito di organizzare e realizzare da settembre a oggi "Maninfesta"
a Volpedo, l’iniziativa contro gli OGM a Lodi, la partecipazione al
"Critical Wine" e l’intervento in assemblee e incontri con sindacati,
studenti, centri sociali. Ma tutto sul territorio. Certo è evidente anche
per noi il disagio, ma io penso che l’unico modo di superarlo sia quello di
radicarsi sul territorio. La situazione nazionale può essere cambiata solo
se diventa espressione di situazioni locali reali e organizzate. Non basta:
il centro nazionale deve esistere perchè è importantissimo come centro
propulsivo e di informazione, oltre che di collegamento internazionale: se
non svolge la sua funzione va cambiato, ma è possibile farlo solo dal basso.
In questo senso penso che vada considerata seriamente la proposta di
assemblea dei fori locali che fa l’"ex coordinatore umbro". A questo punto
voglio fare una considerazione:Walter R parla di farsa stalinista alla
nostra prima assemblea nazionale. Non so se il termine sia esatto, ma la
sostanza in parte sì. In realtà la proposta di un esecutivo precostituito
non era nata dalla volontà di controllo, ma da quella di dare un ruolo alle
persone che si reputavano maggiormente impegnate e capaci.E’ un punto di
vista sbagliato, perchè rifiuta di considerare le capacità di valutazione e
di critica dei partecipanti all’assemblea; è un errore sostanziale e non
formale, perchè si è considerata, sia pure inconsciamente e in buona fede,
la necessità di unità e di organizzazione più importante della necessità di
partecipazione decisionale. Una critica, poi, all’Umbria. L’interlocuzione
con i "massimi esponenti" dipende molto da voi, non mi pare che nelle
riunioni del direttivo siano mai usciti discorsi chiari sul disagio o sul
dissenso, c’è sempre stata da parte di chi vi rappresentava, insieme alla
permanente contestazione di questioni particolari, una permanente esplicita
adesione alle posizioni maggioritarie.; non mi pare nemmeno che qualcuno mi
abbia mai telefonato o mandato e-mail; anche il vicepresidente non mi
risulta che sia mai stato interpellato, perchè?
2)L’assenza di un progetto
politico: mi pare, come ha scritto Alfredo-Alan che gli ideali iniziali non
sono cambiati. Nell’ultimo direttivo un unico punto è uscito chiaramente:
l’esigenza di azione sindacale, anche se il percorso va ancora
approfondito.Anche su altre questioni (pac, WTO,ecc) ci sono posizioni. Ma
questo non basta: non si costruisce una linea politica calando dall’alto una
serie di idee e considerazioni. La linea politica va costruita partendo
dalla situazione rale di chi lavora la terra. Per questo è vero che il
progetto politico è carente. Anche qui la strada è una sola: si parte dalle
esigenze e dalle contraddizioni del locale, ci si confronta dove si opera,
ci si confronta a livello regionale, si discute a livello nazionale. Non ci
sono scorciatoie: non si può pretendere un progetto politico serio, se non
nasce in questo modo.
Non lo possono fare i "dirigenti tuttologi". Però
bisogna cominciare a parlare di cose serie, di quote latte, di PSR, di
tabacco, di Parmalat, di strategia sugli OGM, di salari e di costi della
burocrazia, di come mantenere il tessuto produttivo in uno specifico
territorio, dell’inquinamento agricolo e della sicurezza delle macchine,
ecc.Il progetto nasce dal confronto della realtà con i nostri principi di
fondo e non dalle disquisizioni sul "modello contadino". Ma tutto questo è
possibile solo se le situazioni locali funzionano. Teniamo anche presente
che siamo un "foro", cioè una aggregazione che parte da principi di fondo,
ma che deve contenerci tutti, dagli estremisti, ai fondamentalisti, ai
pragmatici, ai più moderati.
3)Sul presenzialismo e la rincorsa agli
appuntamenti non posso che dare ragione agli Umbri: non possiamo continuare
a comportarci come se fossimo un aggregato di professionisti che gestiscono
il loro tempo con una notevole libertà, superiore a quella che nella realtà
ha chi lavora in agricoltura.
4)Ritornando al discorso di Walter R, dobbiamo
parlare di sindacato. Ma non teoricamente:Io penso che ci serva un confronto
sui rapporti che noi instauriamo con le situazioni agricole in cui siamo
inseriti. Giovanni