Home > La Fiom «in movimento»
Sindacalisti e rappresentanti no-global si incontrano per preparare lo
sciopero del 7 novembre. Insieme.
di Carla Casalini - il manifesto
Lotta per la democrazia negata - in fabbrica e fuori - e contro la
precarietà: i due perni dell’iniziativa sindacale della Fiom
(esplicitati nella vicenda contrattuale) sono i poli attrattivi che
hanno rinsaldato il legame tra i metalmeccanici della Cgil e i
movimenti new-global. Un rapporto ormai «antico» (fin da Genova 2001)
che passando per le mobilitazioni contro la guerra porta al prossimo 7
novembre, giorno dello sciopero generale della Fiom con manifestazione
nazionale a Roma. Per discuterne si sono trovati ieri nella sede
nazionale della vecchia Flm la segreteria nazionale della Fiom e i
rappresentanti dei movimenti. E, al di là della partecipazione di
questi ultimi alla manifestazione del 7, è stato stabilito un nuovo
percorso di approfondimento dei problemi (non irrilevanti) che il
movimento attraversa, cui la Fiom promette di dare il suo contributo.
Giorgio Cremaschi è partito proprio dai due nodi «attrattivi», la
democrazia e la lotta alla precarietà. La democrazia come problema di
fondo che il liberismo mette in discussione, cosa che per i meccanici
precipita nella negazione del diritto di voto su piattaforme e
contratti (sfociata nell’intesa separata di Fim, Uilm e
Federmeccanica); obiettivo e pratica, la democrazia, che riguarda
tutti, come stanno a testimoniare anche gli esempi in positivo delle
esperienze dei bilanci partecipativi. La lotta alla precarietà - che
la Fiom ha messo al centro della sua vertenza contrattuale - perché è
con la trasformazione del lavoro in pura merce che il governo sta
riscrivendo la costituzione materiale del paese, come testimonia la
legge 30 sul mercato del lavoro. E la Fiom intende rendere
impraticabile quella precarietà, insegue pre-contratti azienda per
azienda (sono più di 1.500 le vertenze aperte) per riconquistare il
contratto nazionale: una forma di disobbedienza concreta. Su questi
due pilastri i metalmeccanici sanno di poter contare sull’appoggio dei
movimenti, anche oltre il 7 novembre, pur permanendo forti differenze
nell’arcipelago che aveva dato vita ai Social forum.
E così se Leonardi delle Rdb - che il 7 novembre sciopereranno sulle
pensioni con manifestazione a Milano - denuncia che i sindacati «non
storici» sono le prime vittime dell’attacco alla democrazia sui posti
di lavoro e enfatizza la necessità di una lotta per il reddito
garantito, Luca Casarini spiega che il «salario sociale» si articola
sulla conquista di spazi e servizi (case, scuole, generi di prima
necessità) e che questa sarà la caratterizzazione che i disobbedienti
daranno alla giornata del 7 novembre. Aggiungendo che sulla democrazia
uno dei nodi centrali sono i diritti degli immigrati, che Fini - dopo
aver varato una legge che trasforma le persone in braccia da sfruttare
– «risolve» il voto per censo.
Il 7 sarà una giornata di lotta «vera» sostiene Casarini e Flavia dei
giovani del Prc, chiede a tutti di «cambiare passo» di fronte alla
devastante legge 30 che riguarda non solo i meccanici, «ma tutti noi»,
perché bisogna «smontare i processi di precarizzazione». Piero
Bernocchi dei Cobas non rinuncia a sottolineare le differenze:
«Abbiamo scioperato lo stesso giorno di Cgil, Cisl e Uil ma con una
manifestazione distinta, perché le confederazioni non hanno rinunciato
alla iattura della concertazione». E sulla democrazia, accettata come
battaglia di principio, dice che «deve valere per tutti», mentre nella
scuola sono proprio Cgil, Cisl e Uil a impedire ai Cobas il diritto di
parola e di assemblea, prima che il voto. Per Tom Benetollo dell’Arci
la partecipazione al 7 novembre è scontata, ma bisogna «rompere il
muro di silenzio che circonda questa lotta» e invita tutti a fare
informazione, a non lasciare sola la Fiom in questo compito. E propone
un’iniziativa che coinvolga intellettuali e associazioni contro le
«intimidazioni antisindacali in corso». Vittorio Agnoletto non tace
sulle difficoltà che il movimento attraversa (precipitate nelle
divisioni del 4 ottobre), invita la Cgil a non essere «onnivora» nei
confronti dei movimenti e chiede alla Fiom di battersi per la
pluralità. E, poi, chiede un’iniziativa territoriale forte - come la
riconversione dell’industria bellica - e di affrontare il problema
della difesa del lavoro a livello perlomeno europeo, in epoca di
globalizzazione. E Franco Russo propone un appuntamento dopo il forum
europeo di Parigi contro la precarietà e sul ruolo sociale del lavoro
per uscire dalla «forbice in cui è preso il movimento, tra grandi
eventi e silenzio».
Nelle sue conclusioni Gianni Rinaldini, segretario generale della
Fiom, ha spiegato che la battaglia per la democrazia è «strategica,
perché se passano tra i meccanici sulla possibilità di firmare accordi
minoritari, la cosa si estenderà a tutti, non ci sarà bisogno di
alcuna legge sulla rappresentanza, perché i lavoratori saranno
cancellati». Per questo «ci siamo lanciati in una battaglia così
difficile, in cui ci giochiamo tutto». E se il lavoro «viene ridotto a
merce - come esemplifica la sorte riservata agli immigrati - non ci
sarà alcun luogo in cui rifugiarsi, perché sarà sancito il dominio del
capitale sul lavoro. Dopodiché - dopo il 7 novembre e il Forum europeo
– bisognerà rivederci, conclude Rinaldini, mettere «in fila i problemi
del movimento e parlarci con franchezza. Per rilanciare e rafforzare
lo spirito che ha dato vita al social forum, non per metterci una
pietra sopra».