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La Repubblica (af)fondata sul pareggio di bilancio
Publie le domenica 22 aprile 2012 par Open-Publishing3 commenti
Marco Sferini
Mentre l’Unione europea calcola il tasso di disoccupazione italiano e lo evidenzia come un dato in costante crescita, mentre il Fondo Monetario Internazionale mette nero su bianco in una dichiarazione al mondo intero e allo Stivale che il nostro Paese non raggiungerà il pareggio di bilancio se non nel lontano 2017, mentre si incrociano le affermazioni e le smentite sull’eliminazione dell’esenzione totale dal pagamento dei tickets sanitari per i disoccupati, l’articolo 81 della Costituzione è già modificato da alcuni giorni e nessuno sembra accorgersene.
Non le televisioni che continuano a rincorrere il massacro politico-amministrativo della Lega Nord tra case di Calderoli, barche di Maroni, dossier spia e lauree e diplomi di questo o quel leghista perduto nel pantano dell’illegalità a tutto spiano.
Non i grandi siti Internet di informazione e tanto meno i giornali più letti. Persino il quotidiano di Confindustria tratta la notizia come qualcosa di trascurabile, giusto da appuntare per fare cronaca ma niente più.
Invece, con l’introduzione nella Costituzione dell’obbligo per lo Stato del pareggio di bilancio, ci troviamo innanzi ad una vera rivoluzione politica ed economica. Ma soprattutto politica. Perché se l’Italia non può più indebitarsi, ovviamente fornendo le dovute garanzie di copertura del debito a chi le presta il denaro, è chiaro che gli organismi preposti al controllo dei conti dovranno trattare la Repubblica come un’azienda.
Siamo dunque oltre Keynes e anche oltre la curva di Laffer e quell’esperimento reaganista che portò, se non ricordo male, ad una esplosione di debito pubblico dovuta alla riduzione drastica della tassazione (che per Keynes è uno dei due parametri su cui calcolare il deficit, visto che l’altro è la spesa pubblica) e all’insostenibile contenimento della spesa statale che divenne un flagello laddove invece si poteva controllare il tutto cercando di bilanciare con un equilibrio patrimonialistico della stessa imposizione fiscale.
Ma se allora negli Stati Uniti i repubblicani non avevano nemmeno lontanamente immaginato di introdurre una tassa patrimoniale per distribuire il carico fiscale in modo tendenzialmente proporzionale al reddito di ciascun cittadino, oggi questa proposta, che avrebbe potuto evitare tranquillamente l’introduzione di una misura come il pareggio di bilancio dello Stato nella Costituzione, viene bocciata perché sovvertirebbe la legge (im)morale del capitale e del grande azionariato politico ed economico transalpino ed europeo che sostiene Monti e la sua grande coalizione.
Gli obblighi con la Banca Centrale Europea ci avrebbero sostanzialmente imposto una misura drastica e una legislazione in tal senso. Questa è la giustificazione che viene addotta per la modificazione operata all’articolo 81 della Carta del 1948. In realtà siamo davanti ad una regressione pesantissima di sovranità della Repubblica in tema di gestione delle proprie risorse pubbliche, quindi del proprio assetto monetario e finanziario.
E il problema non è tanto se uscire o rimanere nella “zona Euro”. Il problema sta nell’uso che si fa dell’Euro, che al pari della Lira, resta una moneta e quindi un feticcio che viene condizionato esclusivamente dal valore che le viene attribuito attraverso lo scambio.
Siamo in un regime politico ed economico, trasversalmente sostenuto da forze di destra, centro e di pseudo-sinistra (quindi da formazioni di ispirazione liberale e liberista), che intende la moneta come ricchezza privata e non anche come elemento di ricchezza pubblica. A questa ricchezza privata, questo grande asse di potere fatto di governi e banche nazionali e internazionali dedica tutte le sue energie e se avevamo considerato terribile la riforma della Costituzione che voleva fare il governo Berlusconi e che venne bocciata da un referendum, non possiamo oggi non considerare abnormemente terribile la filosofia politica che entra nella suprema Carta con la modifica dell’ormai celeberrimo articolo 81.
Tutti i bisogni pubblici sono piegati a questa logica di sanamento obbligatorio dei conti pubblici, pena le sanzioni internazionali e la mannaia dell’isolamento economico da parte dei più grandi centri di gestione del capitalismo internazionale.
Abbiamo sempre considerato il debito pubblico una iattura. E lo è. Uno Stato in cui tutti pagassero le tasse e in cui vi fosse un regime governativo veramente dedito all’interesse pubblico il disavanzo economico dovrebbe essere poca cosa, comunque non così debilitante per la struttura complessa e complessiva della Repubblica. E quindi non dovrebbe avere ripercussioni sulla vita dei cittadini, né inflattive né di carattere impositivo mediante aggiunte di tassazioni speciali.
Invece una mancata vera politica di lotta ai grandi speculatori, ai grandissimi evasori, che – ce lo possiamo garantire a vicenda tutte e tutti noi che imprenditori non siamo – sono rintracciabili spesso e volentieri tra i più grandi gruppi aziendali del Paese e tra capannelli di professionisti soprattutto dell’evasione o dell’elusione fiscale (scelte a piacere o condivise sempre a piacere), una mancata lotta di questo tipo ha fatto crescere vertiginosamente il debito dello Stato che è stato ingrossato anche dai prestiti fatti proprio alle aziende considerate centrali nell’economia complessiva della realtà italiana e che si sono arricchite proprio speculando sulle risorse pubbliche.
E ora, non volendo sentir parlare di patrimoniale o di ricorso a tassazioni anche solo modeste dei loro capitali, hanno messo a guardia dei loro profitti un governo benedetto e voluto dalla BCE e dal Quirinale che mette la pietra tombale sulla libertà politica del Paese.
Quando si tratta come un’azienda un intera nazione, le si mette al collo la corda della ciclica criticità dei mercati e, a seconda delle crisi, questo nodo scorsoio rischia di stringersi tanto da soffocare noi tutti.
Berlusconi era la manifesta pericolosità per la democrazia repubblicana e per il mantenimento dei princìpi costituzionali. Mario Monti e il suo governo sono l’esecuzione di quel pericolo. La libertà non muore soltanto quando si censura la satira o si chiude un giornale o si bruciano dei libri; muore anche quando si costringe alla povertà la maggior parte della popolazione per mantenere alto il redditometro di quell’esiguissima percentuale di ricchi che ieri hanno fatto rientrare i loro capitali con lo scudo fiscale e che oggi brindano alla modifica dell’articolo 81 della Costituzione.
Messaggi
1. La Repubblica (af)fondata sul pareggio di bilancio, 23 aprile 2012, 15:40, di vittorio
Un pensiero frulla nella mia testa
lo so che è un pensiero utopico che và aldilà di ogni immaginazione
vi chiederete quale
semplice cambiare il modo ormai obsoleto di fare politica
fatto solo di tante chiacchiere e pochi fatti molti si domanderanno come.
Annullare L’ Elezioni Politiche
( servono solo ai mangiapane Servi delle Lobby )
Cosi facendo risparmieremo un sacco di soldi
snellendo i fabbisogni elencati
come priorità In campagna elettorale da i partiti
e accantonati per fare gli interessi delle lobby.
Vi chiederete chi siederà in Parlamento e al Senato ?
Governatori Regionale e Sindaci di città Capoluogo
Colmeranno il vuoto lasciato dà i mangiapane servi delle lobby
Nominando ognuno un rappresentante
I primi al Senato i secondi al parlamento.
Per discutere i programmi divulgati in campagna elettorale
e dare priorità a quelli urgenti .
Come recita un vecchio detto troppi Cuochi guastano la cucina
È quello che è avvenuto in 64 anni di Repubblica .
PS Mi sono chiesto spesso cose L’utopia
E da ignorante quale sono questa è l’unica risposta
Che mi è venuta in mente
L’utopia è il bene Che non c’è
È la scintilla che manca a L’uomo per essere simile à DIO. VITTORIO
2. La Repubblica (af)fondata sul pareggio di bilancio, 23 aprile 2012, 19:55, di vittorio
IL MONDO di DOMANI
Anime sospese
le ho viste aggirarsi in tutte le stazioni
in cerca della loro identità perduta
vita vissuta ai margini della dignità imposta da una società malata
Priva di amore verso i più umili che stanchi di lottare si sono arresi
assistendo impassibili alla vita che non gli appartiene più
Vita ricercata nella folla frettolosa schiava del tempo che passa veloce
come fossero automi taluni offrono una moneta
tenendo in vita queste anime sospese condannate a fare da specchio a tutta l’umanità. (A. VITTORIO)
PS
il mondo del lavoro in ITALIA? è più di 30 anni, che non viene investito un fico secco per ammodernare le industrie, da quando hanno scoperto, che rende di più quotarsi in borsa, e spostare gli stabilimenti nei paesi esteri, dove il lavoro costa meno.
L’ITALIA è la patria del precariato
funge da riserva del domani.
quando il lavoro a basso costo nei paesi sottosviluppati finirà
scongeleranno i nostri precari.
1. La Repubblica (af)fondata sul pareggio di bilancio, 24 aprile 2012, 16:01
Pareggiami forte, pareggiami tanto
Distrattamente, quasi per caso, i media mainstream ci hanno detto che il Senato ha cambiato l’art. 81 della Costituzione. Così, con una maggioranza bulgara, è stato introdotto il pareggio di bilancio, intanto continua il maltempo e Abc si sono riuniti per il finanziamento ai partiti.
Se i media mainstream stanno iniziando ad avere dei problemi per quanto riguarda la loro credibilità, continuano però a decidere di cosa si debba parlare. Così se questo pareggio di bilancio non deve essere notato, basta non dare la notizia o darla con il taglio giusto, così che non si noti, che paia una pura formalità.
In silenzio è stato abolito il principio per cui lo Stato deve garantire i cittadini, si è deciso che debbano essere garantite le banche. Il primo effetto è stato ritirato in fretta ma intanto è già stato proposto: eliminare le esenzioni per i ticket sanitari ai disoccupati. Dove sta scritto che lo Stato debba garantire i disoccupati? I disoccupati sono troppi e andranno aumentando, se tutti i disoccupati non pagano i ticket sanitari lo Stato spende troppo. No! Lo Stato non può permetterselo, quindi niente più esenzioni, lo chiede la Costituzione. E per l’istruzione? Non si vorrà ancora continuare a studiare sulle spalle dello Stato? È ora che si paghi il costo dell’istruzione. I poveri non potranno studiare? Dopotutto la mobilità sociale in Italia non c’è per cui è inutile che i poveri studino.
Una nuova logica introdotta nella nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, si diceva un tempo, morta nel vino si potrebbe dire oggi. Nel vino dello sviluppo progressivo e continuo che ci ha guidati dritti dritti dentro a questa crisi. Quelli che proponevano quel modello suicida, oggi, difronte al fallimento, incolpano le vittime di questo fallimento di frenare il recupero. Considerano coloro che più di tutti stanno pagando il peso del debito come zavorra da scaricare e hanno inserito questo concetto nella Costituzione.
Indicano chiaramente quali siano i loro interessi. Lo stesso giorno il ministro Corrado Passera annuncia che hanno trovato 25 miliardi per le Grandi Opere. Un’ideona innovativa che non era mai stata applicata nel nostro Paese. Così i soldi che risparmiano non facendo curare i disoccupati li possono utilizzare per un bel giro tra le loro Banche e le loro imprese, casualmente tutte General Contractors per le Grandi Opere. Più o meno il progetto di sviluppo funziona così: aumentano le tasse sia direttamente (si pagano di più e in più occasioni) che indirettamente (aumentano i costi dei servizi pubblici e diminuiscono e/o eliminano le esenzioni). Questi soldi servono a raccattare un sacco di soldi. Le Banche, nel frattempo, prestano i soldi ai General Contractors per la Grande Opera. Ovviamente a garantire i soldi prestati dalla Banca del Ministro all’azienda dell’altro Ministro c’è lo Stato che ha inserito grazie a un Senato, in cui siedono democraticamente imposti i rappresentanti di tutti i General Contractors italiani, questo obbligo in Costituzione.
Nessuna discussione approfondita sull’argomento. A me restano anche due semplici domande dovute, penso, ad una profonda ignoranza, visto che nessun media si è sbagliato a segnalarlo:
Quali altri Paesi hanno in Costituzione il pareggio di bilancio?
Come lo applicano?
Pare che l’ideona sia che una determinata classe sociale si debba abituare agli obblighi fiscali che hanno i cittadini scandinavi e ai diritti di quelli del Qatar.