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La Tv Al Arabiya annuncia: "Presi i rapitori delle due Simone"

Publie le venerdì 24 settembre 2004 par Open-Publishing
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"Presi i rapitori delle due Simone». Ma la Farnesina non conferma il blitz Usa

di Enrico Fierro

La notizia viene lanciata dalla tv satellitare «Al Arabiya»: le forze speciali americane hanno catturato un capo tribù iracheno e suo figlio accusati di «tenere prigioniere» Simona Pari e Simona Torretta. Il blitz è avvenuto in un villaggio nei pressi di Ramadi, nel triangolo sunnita. La tv non aggiunge altro, né dice se nel covo sono state trovate le due volontarie (Al Arabiya non parla affatto dei due ostaggi iracheni). Incerta anche la data del blitz. Non sarebbe avvenuto venerdì, ma il giorno prima, quando sui siti internet venivano diffusi i messaggi della avvenuta esecuzione delle due ragazze italiane. La tv satellitare araba diffonde anche il nome dello capo tribù arrestato, Hatim Awad. Un nome che non appartiene alle gerarchie dei gruppi del terrore iracheno.

Quello che è certo è che a Ramadi venerdì ci sono stati violentissimi scontri tra le forze della coalizione e gruppi della guerriglia. Un agente della polizia irachena, Saad Mohamed, ha riferito che «decine di iracheni sono rimasti feriti negli scontri». Secondo altre testimonianze, le forze Usa hanno circondato il centro della città da ogni direzione e hanno chiesto ai residenti di evacuare la zona per poter catturare i miliziani. Molte esplosioni sono state sentite nei quartieri «17 luglio» e «Aaziziyah».

Al diciassettesimo giorno del sequestro delle volontarie di «Un Ponte per...», e dopo che è passata una giornata senza notizie o proclami da parte dei rapitori che avevano anche annunciato la diffusione del video dell’esecuzione delle due Simone, la notizia del blitz sembra riapire le speranze. Bocche cucite a Palazzo Chigi, «di fronte ad una notizia di questo tipo, il silenzio è d’obbligo», queste le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti. Silenzio anche dalla Farnesina, dove per tutta la notte si aspetta di sapere di più sul blitz e soprattutto se nel covo scoperto a 100 chilometri da Baghdad ci fossero anche gli ostaggi.

Se le notizie diffuse da «Al Arabiya» risulteranno vere confermerebbero molte delle ipotesi circolate nei giorni successivi al sequestro delle volontarie di «Un Ponte per...». Fin dal 7 settembre, giorno del rapimento, si è sempre parlato di un sequestro inusuale, sia per le modalità che per la composizione del commando. Per la prima volta infatti, un gruppo di ostaggi viene prelevato nel cuore della capitale irachena, a pochi passi dal centro e dai grandi alberghi che ospitano giornalisti e delegazioni occidentali.

Il gruppo che esegue il blitz veste divise molto simili a quelle indossate dai corpi speciali del nuovo governo iracheno, ha armi moderne e non in dotazione alla guerriglia. I miliziani che quel giorni violano la sede di «Un Ponte per...» sono guidati da un uomo in borghese al quale rispondono con secchi «signorsì». Tra le ipotesi circolate fin dai primi giorni, anche quella che il gruppo fosse composto da ex militanti del partito Baath di Saddam Hussein o da ex agenti dei servizi segreti del passato regime, in combutta con esponenti della guerriglia di origine sunnita. E il fatto che il blitz è avvenuto nei pressi di Ramadi, cuore del triangolo sunnita, porterebbe acqua al mulino di questa ipotesi.

Ma se il blitz e la cattura del capo tribù e del figlio è avvenuto non venerdì ma giovedì, come si spiegano le parole di Colin Powell? «Stiamo facendo tutto il possibile per liberare le due italiane», ha detto il segretario di Stato americano parlando con i giornalisti nella sala stampa del Foreing press center di New York, per poi aggiungere di «non avere buone notizie» da dare ai giornalisti. Gli americani hanno certamente informato le autorità italiane, che giovedì - ricordiamolo: il giorno della diffusione dei comunicati che annunciavano la morte delle volontarie - non hanno fatto trapelare alcuna notizia.

Come spiegare tanta riservatezza? Le ipotesi in campo sono tante: da un lato con il fatto che nel covo scoperto dagli agenti Usa non ci fossero gli ostaggi, forse già trasferiti altrove, tanto è vero che nella corrispondenza della tv araba non si parla del capo tribù e del figlio come dei «carcerieri», ma di due personaggi «coinvolti» nel sequestro. Una differenza non da poco, che avvalora l’ipotesi che le due ragazze non fossero nel covo oggetto del blitz. In questo caso tenere nascosta la notizia può significare che l’intelligence statunitense sta tentando di ottenere indicazioni dai due arrestati. Gli 007 vogliono capire se i due sono parte del commando che il 7 settembre ha sequestrato i quattro volontari, oppure se la loro tribù è intervenuta in un secondo momento comprando tutti i rapiti o solo le ragazze italiane.

E poi, nell’ipotesi che le due ragazze non fossero nel covo scoperto, se il capo tribù e il figlio sono in grado di dire a chi sono state «passate». Ipotesi che fanno lievitare le preoccupazioni più che le speranze. Lo stesso Capo dello Stato, parlando prima delle diffusione della notizia del blitz, non ha nascosto inquietudine. «Dall’altra notte - ha detto Ciampi, visibilmente commosso - viviamo ore d’ansia e di angoscia: gli italiani sono stretti attorno ai genitori e alle famiglie di Simona Pari e Simona Torretta. Con questo stato d’animo, con questo peso nel cuore, con questo pensiero dominante, non è facile attendere al nostro lavoro quotidiano, ma è nostro dovere farlo».

Angoscia, altalena di speranza e preoccupazione anche nelle famiglie delle due volontaria. «Speriamo che la notizia sia vera, attendiamo conferme ufficiali». Questo il primo commento di Anna Maria De Propris, la mamma di Simona Torretta. «Avevamo sentito la Farnesina alle 19.30 - ha aggiunto - ma è stata l’associazione "Un ponte per", poco fa, a darci la notizia». «Abbiamo accolto le novità con molta gioia - ha detto Laura, una delle sorelle di Simona - per noi si apre uno spiraglio. Ma aspettiamo la conferma della Farnesina». «Come facciamo ad essere più sereni? Non abbiamo avuto nessuna conferma di nessun tipo», queste le parole di Luciano Pari, padre di Simona.

http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=HP

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