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La legge c’è buttiamola giù

Publie le mercoledì 17 dicembre 2003 par Open-Publishing

Il governo e la maggioranza non fanno altro che dichiararsi liberali liberisti casa delle libertà, e infatti la libertà aumenta e quando ci sono vincoli intervengono condoni per accrescere la libertà: condoni fiscali edilizi persino bellici. Se però entrano in gioco le vere libertà delle persone in carne e ossa improvvisamente scatta il divieto e arriva il massimo di "statalismo". Divieto di satira, divieto di critica televisiva, divieto di tutela per i diritti del lovoro dipendente e via dicendo. Il coronamento di questa doppia morale, di questa incredibile doppiezza è nella vergognosa approvazione della legge sulla riproduzione medicalmente assistita.

E’ - come abbiamo già detto - una legge immorale vendicativa e inapplicabile: voglio vedere il medico che a una donna che non vuole impianta tre embrioni senza nemmeno poter controllare se sono portatori di malattie genetiche e con probabilità di una gravidanza trigemina e relativo parto: con che autorità? spetterà al marito dare il via o sarà il poliziotto?

In verità si ha paura della libertà e responsabilità, non si vuole che nell’ordinamento italiano ci sia spazio per relazioni sociali significative, patti tra soggetti, accordi tra associazioni. In materie di stretta pertinenza personale lo Stato deve solo garantire informazione corretta, tutela della privatezza, divieto di interventi pericolosi, persecuzione delle speculazioni. Ma imporre per legge che una donna si sottoponga a numerosi trattamenti ormonali perché è vietato conservare gli embrioni in soprannumero per impiantarli successivamente è un pericolo per la salute: lo Stato viene meno a un suo preciso compito, quello di tutelare la salute. Il bel risultato viene presentato come una partita di calcio tra laici e cattolici. Ma chi sarebbero i "cattolici? ", quelli che gli scappa sempre di (far) fare guerre e sono disponibili a una messa per avere nemmeno Parigi, ma addirittura piccole carriere personali e alcuni privilegi? Vergogna davvero. Adesso che la legge di fatto c’è bisogna subito lavorare per buttarla giù: vi sono seri motivi di incostituzionalità, si deve fare disobbedienza sulla sua applicazione, si deve avviare un referendum: si può vincere, si deve, la ragione può essere riconosciuta dalla popolazione. Noi donne abbiamo in merito una specie di diritto di prelazione dato che i nostri corpi sono in gioco e un precedente giuridico importantissimo cioè l’autodeterminazione scritta nella 194. Da lì si deve ripartire per difendere un principio che immesso nel diritto italiano potrebbe appunto accompagnare un cammino di delegificazione e avviare forme pattizie di normativa.

Noi oggi siamo sotto un effetto di indignazione profonda. I patriarchi sproloquiano in Tv (unici ad avere diritto di parola: perché non chiedere alle donne che hanno votato in modo difforme dai loro partiti perché lo hanno fatto? la libertà delle donne non fa notizia?). Dicono di difendere la vita la famiglia e i principi. Sarebbe come dire che noi donne siamo mortifere, contro la famiglia e senza principi: per millenni ci avete detto che siamo stupide amorali incapaci di testimoniare mentitrici inaffidabili non adatte alla politica. Bene: non ci avete convinte e alla fine siamo sempre riuscite a mettere fuori la testa (che abbiamo e funziona sennò il mondo sarebbe già finito da un pezzo). L’indignazione genera lotta, lotta nonviolenta ma certo non arrendevole: il principio dell’autodeterminazione sostiene responsabilità disobbedienza a norme ingiuste azione diretta. La nonviolenza si fonda sullo sdegno delle coscienze di fronte all’ingiustizia, contro cui ci si leva a lottare senza lasciarsi inquinare dalla stessa.