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La libertà in Italia viene ristretta a colpi di forza, di illegalità e di intimidazione

Publie le venerdì 9 gennaio 2004 par Open-Publishing

"Non si placano le accuse sul caso Deaglio", aprono così i telegiornali della sera del 7 gennaio.
La situazione è clamorosamente nota e drammaticamente chiara: benché non vi siano leggi che
limitino la libertà in Italia, essa viene ristretta a colpi di forza (Berlusconi è padrone) a colpi di
illegalità (Berlusconi controlla, da proprietario privato, la concorrente televisione pubblica) e a
colpi di intimidazione. Per esempio, stabilire che un programma debba essere verificato e
auscultato bene bene mentre entra in Rai, come i presunti terroristi vengono passati al vaglio della
polizia, della dogana e degli adeguati strumenti elettronici mentre tentano di varcare una frontiera.

Ecco quel che è accaduto. Con scrupolo, tenacia e fedeltà, il generale Cattaneo, proconsole della
Rai occupata, appende un po’ dovunque il cartello che si vede sulle mura di zone militari,
strategiche o "sensibili": "Passaggio invalicabile".

Enrico Deaglio ha lavorato in questa simpatica atmosfera per mettere insieme la prima puntata de
"L’Elmo di Scipio". Ha messo a confronto le frasi di Berlusconi sul fascismo con le voci degli
antifascisti offesi, con i partigiani che hanno combattuto per la libertà e che ricordano i loro (i
nostri) morti. Ha ascoltato la voce di un ex confinato che si ostina a sopravvivere e può ancora
testimoniare sulle "vacanze" a cui ha allegramente accennato Berlusconi, tra una canzone di Apicella
e un’occhiata ai tabulati di Mediaset che, da quando lui governa, sono perennemente in crescita
(questione di influenza, s’intende, di aria che tira, nient’altro). Naturale che venisse in mente a
Deaglio di andare, subito dopo, a visitare coloro che accudiscono la tomba del duce, che ne
espongono il busto negli uffici comunali. E’ lo schema che un giornalista americano avrebbe seguito al
tempo dei Diritti Civili: prima immagini della schiavitù, poi le lotte per la libertà. Seguono le
storie di chi la irride. Infine le tane e i riti del Ku Klux Klan. Però non ci siamo.

"Tutte brave e simpatiche persone", scrive implacabile il critico televisivo Sebastiano Messina
nella sua rubrica dedicata alla Tv (La Repubblica, 6 gennaio). "Ma ci sarebbe piaciuto ascoltare
cosa pensano della libertà quelli che sostengono Berlusconi, e che evidentemente hanno di questa
parola una concezione molto diversa". Strana affermazione, per Messina,che è anche l’autore spiritoso
di brevi e divertenti rubriche sul suo giornale. Bastava, in questi giorni, ascoltare, parola per
parola, ciò che ha avuto da dire il generale Cattaneo, ciò che aveva già detto a quelli di Raiot:
su Berlusconi non si può scherzare o dire male. Punto e basta.

E’ vero, Messina si era dichiarato insoddisfatto anche di Raiot. Anche allora aveva colto di
sorpresa i lettori del suo giornale. Sembrava (e qui, come ho detto, è in contrasto con se stesso e le
sue rubriche) uno che non ha mai ascoltato l’incredibile satira-comizio realizzata ogni giorno e
ogni ora dal duo Bondi-Cicchitto, dalla premiata compagnia Nanìa-Gasparri, uno che non ha mai
assistito alle "inaugurazioni" di Storace sulla soglia di vecchi ospedali. Uno che non ha ascoltato
Berlusconi quando dice di sé, mentre tutta Europa tira pomodori alla scena penosa della presidenza
italiana: "Sono stato un trionfo". E lo dice davvero, e tutte le Tv lo trasmettono, e tutti i
giornali lo pubblicano. E ai poveri inviati di "Reporters sans Frontieres" del nostro Paese non resta
che dire: "Notevole, in Europa, il caso Italia: manca del tutto la libertà del pluralismo
informativo".

Okay, mettiamo che la prima puntata de "L’Elmo di Scipio" non sia stata irresistibile come
Panariello e che non abbia tenuto col cuore in gola come "L’Isola dei Famosi" o "Passaparola". Mettiamo
che non sia stata ricca di spunti della nuova cultura berlusconiana e del nuovo senso che ha la
parola "libertà" in Italia, oggi, come una puntata di "Porta a Porta" o una pacata presentazione
della storia contemporanea da parte del conduttore di Excalibur. Ma, caro Messina, è quello che ci
resta della libertà. O così o niente. E infatti il proconsole di Berlusconi e rappresentante del
governo provvisorio della Rai occupata, ci sta dicendo "Niente".

Messina però è inflessibile: "Da un giornalista colto e intelligente come Deaglio ci aspettavamo
qualcosa di sorprendente, qualcosa di originale". Ci permettiamo di dissentire. In questa Italia in
cui tutti corrono a svilire i partigiani, a mostrarli come assassini, a dichiarare, con il
presidente del Senato, che l’antifascismo non è il fondamento di questa democrazia, a scrivere a piena
pagina ("Corriere della Sera, 6 gennaio) che Moravia era vile perché cercava di non essere
considerato ebreo nel mezzo delle leggi razziali, far parlare gli antifascisti, i partigiani, i confinati
ci sembra un punto alto e insolito di originalità e anche un gesto di coraggio. Per esempio, chi
avrebbe pubblicato, senza Deaglio, quella intervista di Emmott, così sgradita a sua eccellenza il
presidente del Consiglio?

Vogliamo ringraziarlo almeno per questo, ricordare le ventidue domande di "The Economist" tuttora
senza risposta, e tenerci in serbo una parola di sdegno da dire insieme per quando "Elmo di
Scipio" sarà definitivamente fuori onda?

L’UNITA’