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La vicenda Parmalat, ma sarebbe meglio dire della famiglia Tanzi...
Publie le mercoledì 14 gennaio 2004 par Open-PublishingDOCUMENTO DELLA FISAC CGIL TOSCANA
La vicenda Parmalat, ma sarebbe meglio dire della famiglia Tanzi, sta producendo drammi finanziari e umani enormi.
E’ l’ultimo crack di una serie di episodi che hanno scosso dalle fondamenta il settore finanziario e creditizio internazionale, rendendo evidente a tutti l’estrema fragilità della cosiddetta “economia di carta” e la pericolosità di un modello di sviluppo sempre più condizionato dalla speculazione finanziaria.
L’assenza di controlli, l’illusione neoliberista sulla presunta capacità del mercato di autoregolamentarsi, la presenza di sempre più giganteschi conflitti di interesse fra sistema economico e sistema politico, rendono ogni crisi catastrofica, capace cioè di produrre conseguenze destabilizzanti per l’intera società. Le conseguenze ricadono in pratica sulle aziende interessate, sugli azionisti, sui lavoratori, sui risparmiatori, sulle banche, sui possessori di fondi di investimento, sul territorio di insediamento.
Ogni crisi genera, tra l’altro, strumentalizzazioni politiche, che forniscono alla politica un alibi per non interrogarsi sulla reale natura del fenomeno e di immaginare linee correttive di intervento.
In questi giorni si è scatenato l’attacco nei confronti delle istituzioni di controllo ed in particolare modo della Banca d’Italia e della Consob. E’ sacrosanto interrogarsi sui motivi che hanno condotto alla situazione attuale, è sbagliato pensare che il problema si risolva attraverso l’attribuzione dei poteri di controllo ad autorities di emanazione governativa. Questa non è la strada della trasparenza, è la strada che porta all’assoggettamento delle autorità di controllo e a mettere le mani anche sul sistema creditizio, ultimo anello mancante di un potere economico assoluto.
Piuttosto bisognerà interrogarsi sui danni creati da anni di dibattito tutto teso a dimostrare la negatività delle regole in ambito economico, considerate come lacci insopportabili: dall’incapacità di legiferare per limitare la speculazione finanziaria, l’evasione e l’elusione fiscale, il ricorso ai paradisi fiscali, la costituzione di società off shore; da leggi che al contrario depenalizzano i reati di natura finanziaria.
La realtà creata dalla globalizzazione e dalla crescente finanziarizzazione dell’ economia ha bisogno di moltiplicare le garanzie e le procedure di verifica, di istituire autorità di controllo nazionali e sovranazionali indipendenti, di stabilire regole valide ovunque e per tutti, non di processi di semplificazione istituzionale e di accentramento che avrebbero il solo risultato di polarizzare ancora di più il potere e di rendere assolutamente incontrollabili pochi centri di potere politico-economico.
Il sistema creditizio italiano esce da una fase di ristrutturazioni che ha portato alcuni gruppi bancari ad aumentare dimensione, patrimonializzazione, livelli di produttività e di redditività e più in generale la capacità di competere sul mercato comunitario e mondiale.
Il sistema bancario ha incontrato le maggiori difficoltà proprio quando ha assecondato acriticamente le tendenze del sistema economico complessivo: corsa alla speculazione finanziaria, politiche industriali di corto respiro tendenti alla massimizzazione del profitto immediato.
E’ innegabile che i migliori risultati siano stati conseguiti dagli istituti di credito capaci di continuare a fare banca in maniera tradizionale, coniugando cioè la necessità di produrre profitto con quella di creare valore aggiunto per la clientela e per le realtà sociali di riferimento, al contrario di chi ha considerato i rapporti con i territori di riferimento basati sul rastrellamento delle risorse invece che sull’impostazione di attività di programmazione.
Vanno drammaticamente in crisi invece le aziende che solo fino a pochi anni fa venivano considerate le uniche proiettate nel futuro, e Banca 121 era certamente considerata da più parti la Banca creativa per eccellenza, che ha però rischiato di contaminare lo stesso Gruppo Monte dei Paschi di Siena.
Non si tratta di casi isolati, è una tendenza generalizzata riscontrabile sia a livello nazionale sia a livello internazionale. E’ la sconfitta di chi immaginava un’ attività creditizia sganciata dai processi economici reali e incurante della realtà circostante e capace di fare utili a partire solo dalla speculazione finanziaria e dalla cosiddetta “finanza creativa”.
La vera sfida che deve affrontare il sistema bancario, anche in Toscana, si misura su:
1. forte radicamento sul territorio;
2. innovazione di prodotto nel rispetto di regole di trasparenza e di tutela di tutte le aree del risparmio – stabilendo con i risparmiatori un vero “Patto di garanzia”;
3. un modello di relazioni sindacali condiviso che sappia sviluppare una grande attenzione all’Etica Sociale.
Nella nostra Regione, negli ultimi anni abbiamo assistito a Gruppi che hanno via via ridimensionato la propria presenza sul territorio (impoverendo lo storico tessuto delle Casse di Risparmio) con costi pesanti sui lavoratori e con un modello di relazioni sindacali vergognoso, pensiamo soprattutto al Gruppo Bipielle e dall’altro al Gruppo M.P.S. che ha fatto del rapporto con il territorio e del rispetto ai problemi sociali il proprio punto di forza. Anche il Sindacato ha fatto la sua parte pur di garantire che i processi di ristrutturazione fossero improntati ad una effettiva tutela dell’occupazione. Evidentemente ci sono sempre due modi, due strada per affrontare gli stessi problemi.
E’ da qui che bisogna partire. Dalla necessità di riattivare un circuito virtuoso fra realtà produttive, sistema creditizio e comunità locali, capace di progettare uno sviluppo che massimizzi e redistribuisca i benefici.
E’ questo il ruolo che spetta alle istituzioni locali e alla politica, quello di sapere immaginare e guidare le dinamiche economiche e sociali sulla base di precise priorità e di progetti di intervento. Il recente Accordo fra Regione Toscana e Banche è certamente positivo, ma rappresenta il primo passo, il vero obbiettivo è un Patto Sociale per lo sviluppo che coinvolga in particolare gli Istituti di Credito che hanno a cuore il nostro territorio.
Tutto il resto è polemica contingente, pura strumentalizzazione, miope ed improprio regolamento di conti, o peggio ancora tentativo di ridurre ulteriormente la dialettica democratica attraverso l’attacco ai meccanismi di contrappeso istituzionale.
LA SEGRETERIA REGIONALE
FISAC CGIL - TOSCANA