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Le Br lontane dal movimento la vetrina rotta non è omicidio
Publie le domenica 2 novembre 2003 par Open-PublishingMassimiliano Pilati, della Rete Lilliput, risponde a Sergio Segio
"Non c’è nessuna commistione possibile con i brigatisti"
"Le Br lontane dal movimento
la vetrina rotta non è omicidio"
di ANDREA DI NICOLA
ROMA - "Il brigatismo non è una mia colpa. La violenza omicida è talmente lontana dal nostro modo di essere che non è un mio problema, non è un problema sul quale il movimento può impostare una riflessione". Massimiliano Pilati, esponente del Movimento Non violento ha lasciato da qualche giorno la guida del gruppo tematico su non violenza e conflitti della Rete Lilliput e un po’ si stupisce che qualcuno gli chieda una riflessione sulla violenza brigatista. La ritiene così lontana dalle pratiche e dalle idee del movimento che non vede il perché di una riflessione interna sul brigatismo.
Eppure su Repubblica Sergio Segio li ha tirati in ballo tutti, senza distinzioni: Casarini ed i suoi ma anche gli altri, i pacifisti, i non violenti, i cattolici, quella galassia di associazioni che coltiva il sogno lillipuziano di legare il gigante della globalizzazione. Parte nascosta ma fondamentale e a volte decisiva del movimento dei movimenti.
Pilati, Segio vi accusa di non aver fatto al vostro interno un dibattito sulla violenza anzi dice che siete "vittima ma anche opzione della violenza brigatista perché possibile bacino di reclutamento".
"Come Rete Lilliput abbiamo denunciato il problema della violenza nel movimento. Ma facciamo riferimento ai modi di stare in piazza, agli scontri durante le manifestazioni a rischio. Ne abbiamo discusso prima durante e dopo Genova, quando dicemmo che oltre alle colpe della polizia c’erano anche colpe di una parte del movimento. Ma da qui a dire che il movimento ha commistioni con la violenza brigatista ce ne corre e parlo del movimento nella sua interezza. Il problema della violenza sul quale ragioniamo riguarda i modi di stare in piazza e questo è molto, ma molto lontano dalla violenza brigatista".
Luca Casarini dice che "dalle vetrine rotte non si passa alle P38", insomma sostiene che la disobbedienza sociale non ha nulla in comune con l’omicidio.
"Noi condanniamo anche la vetrina rotta, ma è evidente che la vetrina rotta non è un omicidio. Noi riteniamo che le vetrine rotte e gli scontri non siano una soluzione per un mondo migliore però non credo che chi fa una cosa del genere sia per questo un possibile brigatista, e nemmeno che lo diventerà. La violenza è tutta condannabile, ma c’è violenza e violenza".
Dunque nemmeno le accuse di avere con le Br lo stesso "album di famiglia" sono condivisibili?
"Che vuol dire? I miei riferimenti sono Aldo Capitini, Martin Luther King, Ghandi. I brigatisti per noi non sono neanche compagni che sbagliano, sbagliano e basta".
Dice che il problema dell’omicidio politico e del terrorismo non vi riguarda?
"Dico che la riflessione sulla violenza la facciamo ma rispetto al modo di stare in piazza. Se invece parliamo di violenza omicida il problema non si pone, non c’è nessuna discussione politica da fare, è fuori da ogni nostro orizzonte. C’è solo da condannarla".
Però il brigatismo che uccide è un problema anche vostro.
"Il brigatismo non è una mia colpa. Posso disobbedire, dire no in modo forte, violare le leggi ma, ripeto, la violenza omicida non è un nostro problema. Magari dicono di avere gli stessi ideali nostri, possono pure coinvolgere a livello individuale qualcuno del movimento, questo non lo so, non lo escludo ma di certo sono fuori dal nostro mondo.
http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/cronaca/brigaterosse/lilliput/lilliput.html