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Lettere dalle truppe americane in Iraq

Publie le sabato 10 gennaio 2004 par Open-Publishing

Lettere dalle truppe americane in Iraq di Michael Moore - Traduzione di
Silvia Nerini per Nuovi Mondi Media

Cari amici, con l’avvicinarsi delle feste ho pensato parecchio ai nostri
ragazzi che prestano servizio nelle forze armate in Iraq. Ho ricevuto
centinaia di lettere dalle nostre truppe in Iraq - e quello che mi
raccontano è molto diverso da ciò che vediamo al telegiornale della sera.
Ciò che mi dicono, spesso in modo eloquente e con parole strazianti, è che
gli hanno mentito - e che questa guerra non ha niente a che vedere con la
sicurezza degli Stati Uniti d’America. Ho risposto per iscritto e ho parlato
al telefono con molti di loro, e ad alcuni ho chiesto se potevo pubblicare
le loro lettere nel mio sito web e loro mi hanno detto di sì. Lo fanno a
loro rischio personale (dato che potrebbero dover affrontare provvedimenti
disciplinari per aver esercitato il loro diritto di libertà di parola) e gli
sono molto grato per il coraggio che dimostrano. Il caporale onorario George
Batton del corpo dei Marines degli Stati Uniti, rientrato dall’Iraq in
settembre (dopo aver prestato servizio nella compagnia di polizia militare
Alpha) scrive queste parole: "Resterebbe sorpreso a sapere quanti ragazzi
della mia compagnia con cui ho parlato e anche altri credono che il timore
del presidente delle armi di distruzione di massa di Saddam sia una
stronzata e che il vero motivo di questa guerra sia solo il denaro. Molte
compagnie, non solo di marines, hanno dovuto fare un sacco di lavoro sporco
senza essere dotati degli equipaggiamenti necessari per compiere le loro
missioni una volta passata la frontiera. È un miracolo che la nostra
compagnia abbia fatto quel che ha fatto nei due mesi passati in Iraq durante
la guerra___

Ci avevano promesso di rimandarci a casa l’8 giugno, ma abbiamo
scoperto che si trattava di una bugia e siamo rimasti bloccati a compiere
missioni per altri tre mesi. Persino alcuni dei conservatori più radicali
della nostra compagnia, fra cui il nostro sergente d’artiglieria, sono
rimasti disgustati dal corpo dei marines, e forse anche del presidente
Bush." Ecco che cosa mi ha scritto lo specialista dell’esercito americano
Mike Prysner: "Caro Mike - ti scrivo senza sapere se mai riceverai questa
lettera___ Ti scrivo dalle trincee di una guerra (tuttora in corso) senza
sapere perché sono qui né quando me ne andrò. Ho rovesciato statue e
danneggiato ritratti, con una bandiera americana sul braccio, e sto lottando
per imparare a capire___ Mi sono arruolato nell’esercito non appena ho avuto
i requisiti necessari - rifiutando una borsa di studio presso un’università
statale, impaziente di servire il mio paese, disposto a morire per gli
ideali di cui mi ero innamorato. Due anni dopo mi ritrovavo a pochi istanti
dall’atterraggio su una pista nera come la pece, pronto ad attaccare un
paese a cui non credevo di appartenere, ripetendomi mentalmente le tue
parole (quelle della notte degli Oscar). Il mio periodo in Iraq ha sempre
implicato la ricerca di cose per convincermi che posso andar fiero delle mie
azioni, che ero semplicemente parte di qualcosa. Ma qualunque argomento a
favore della guerra possa escogitare, mi sono immaginato il mio comandante
in capo che sorride compiaciuto, pensando di prendere in giro una
nazione___" Un soldato semplice dell’esercito, che si trova ancora in Iraq e
desidera mantenere l’anonimato, scrive: "Vorrei dirti quanto è difficile
prestare servizio sotto uno che non è mai stato eletto. Dato che è il
presidente e il mio capo, devo stare attento con chi ne parlo e che cosa
dico di lui. Mi preoccupa un casino___ limitare la voce dell’esercito è
limitare ciò che l’America rappresenta___e la maggior parte di noi si sente
completamente impotente.

Espone costantemente i miei amici, la mia famiglia
e molti altri ad un tipo di pericolo che mi terrorizza al di là di ogni
immaginazione. Conosco parecchi altri soldati che si sentono nello stesso
modo e con cui discuto regolarmente di questa situazione." Jerry Oliver
dell’esercito degli USA, appena ritornato da Baghdad, scrive: "Sono appena
rientrato a casa dall’operazione "Iraqi Freedom". Ho passato 5 mesi a
Baghdad, e un totale di 3 anni nell’esercito americano. Recentemente sono
stato congedato con "valore onorevole" e sono tornato negli Stati Uniti solo
per provare orrore nel vedere in che cosa si è trasformato il mio paese. Ho
22 anni e ho scoperto che l’America è un posto così complicato in cui vivere
e che per di più quasi tutti gli americani sono immemori di ciò che è
accaduto al loro paese. L’America è diventata lo stato descritto in "1984".
La sicurezza della patria ci insegna a spiarci gli uni con gli altri,
costringendoci a diventare antisociali. Gli americani sono disposti a
sacrificare le nostre libertà in nome della sicurezza, quelle stesse Libertà
per cui ero disposto a rischiare la vita. La costituzione è in pericolo.
Come ha detto il generale Tommy Franks (ovviamente col cuore a pezzi),
ancora un attacco terroristico e la costituzione non avrà più senso." E uno
specialista dell’esercito americano mi ha scritto questa settimana a
proposito della cattura di Saddam Hussein: "Wow, 130.000 truppe a terra,
circa 500 morti e più di un miliardo di dollari al giorno, ma hanno
catturato uno che viveva in un buco. Si aspettano di far colpo su di me? Ce
ne sono molte altre, direttamente dai soldati che sono stati in prima linea
e hanno visto coi loro occhi qual è il vero obiettivo di questa guerra. Ho
avuto notizie anche dai loro amici e parenti, e da altri veterani. Una madre
ha scritto per conto del figlio (di cui non riveliamo il nome): "Mio figlio
ha detto che questa è la peggiore che ci sia stata dalla "fine" della
guerra.

Ha detto che alle truppe sono state date nuove regole di
combattimento e che devono "eliminare" chiunque aggredisca gli americani,
anche se il risultato sarà un danno "collaterale". Purtroppo ha dovuto
uccidere qualcuno per autodifesa, e il suo ufficiale comandante gli ha
detto: "Ottimo lavoro." "Mio figlio ha replicato: "Lei non si rende conto,
vero?" "Eccoci qua___ di nuovo Vietnam dappertutto." Da un veterano di 56
anni della marina militare, che riferisce una conversazione con un ragazzo
che sarebbe partito per l’Iraq la mattina dopo: "La cosa che più mi ha dato
fastidio è quando gli ho chiesto che armi avrebbe portato come autista di
camion. mi ha detto il nuovo M-16, modello bla bla bla, roba che per me non
ha mai avuto senso nemmeno quando ero nell’esercito. Gli ho chiesto che tipo
di armi da fianco avessero dato a lui e ai suoi compagni, e lui mi ha
spiegato: "Signore, ai riservisti non sono stati distribuiti armi da fianco
o giubbotti antiproiettile perché non c’era abbastanza denaro per
equipaggiare tutti i riservisti, ma solo per il personale attivo." Ero a dir
poco sgomento. "Bush è uno stupido, d’accordo, ma non posso credere che sia
così coglione da non fornire protezione e armi alle nostre truppe per
combattere LA SUA GUERRA!" Un veterano di 40 anni del corpo dei marines:
"Com’è che sventoliamo in continuazione la bandiera della sovranità TRANNE
quando ci sono in ballo i nostri interessi finanziari in altri stati
sovrani? Che cosa ci dà il diritto di dire a qualcun altro come deve
governarsi e vivere la sua vita? Perché non possiamo comandare il mondo per
esempio? Non c’è da meravigliarsi se il mondo ci odia, che cosa gli facciamo
vedere?

Giovani stronzi in uniforme armati di fucili e ricchi e vecchi
turisti bianchi! Cristo, potremmo offrirgli una prima impressione peggiore
di questa?" (Per leggere le altre lettere dall’Iraq che ho ricevuto — e la
versione completa di quelle riportate qui sopra — andate al mio sito web:
Vai
Vi ricordate com’era rischioso fare commenti contro la guerra in marzo con i
vostri conoscenti a scuola o al lavoro o, ehm, alle cerimonie di
assegnazione di premi? Una cosa era certa - se dicevate qualcosa contro la
guerra, era meglio aggiungere immediatamente questa frase: "MA APPOGGIO LE
TRUPPE!". Non farlo avrebbe voluto dire che non solo eravate antipatriottici
e antiamericani, il vostro dissenso avrebbe significato che VOI stavate
mettendo in pericolo i nostri ragazzi, che per causa VOSTRA avrebbero potuto
perdere la vita. Il dissenso poteva essere vagamente tollerato SE offrivate
il vostro "appoggio" ai nostri soldati. Naturalmente non avete avuto bisogno
di fare queste cose. Perché? Perché la gente come voi ha SEMPRE sostenuto
"le truppe". Ma chi sono queste truppe? Sono i nostri poveri, la nostra
classe operaia. La maggior parte di loro si è arruolata perché era l’unico
modo di trovare lavoro o di ricevere un’istruzione universitaria garantita.
Voi, miei cari amici, con le vostre opere buone, i vostri contributi, il
vostro attivismo, i vostri voti, avete sempre SOSTENUTO questi ragazzi che
vengono dall’altro lato della strada. Non avete MAI avuto bisogno di
mettervi sulla difensiva quando si tratta del vostro "appoggio" alle
"truppe" - voi siete gli unici ad essere SEMPRE stati dalla loro parte.

Sono
il signor Bush e i suoi amiconi ricchi sfondati - i cui figli e figlie non
vedrete MAI in uniforme - sono loro che NON appoggiano le nostre truppe. I
nostri soldati sono entrati nell’esercito e, così facendo, si sono offerti
di dare LE LORO VITE per NOI se necessario. Che dono straordinario - essere
disposti a morire perché non tocchi a voi e a me! Essere disposti a versare
il proprio sangue per la nostra libertà, a prestare servizio al posto
nostro, così che NOI non abbiamo bisogno di farlo. Che straordinario atto di
altruismo e generosità! Eccoli, questi diciottenni, diciannovenni e
ventenni, la maggior parte dei quali ha dovuto subire un sistema economico
ingiusto che è stato creato per NON beneficiare LORO - questi ragazzi che
hanno vissuto i loro primi 18 anni nei peggiori quartieri della città,
frequentando le scuole peggiori, vivendo nel pericolo e imparando spesso a
fare a meno delle cose, guardando i loro genitori lottare per tirare avanti
e poi essere umiliati da un sistema che cerca di rendergli la vita sempre
più difficile riducendo l’assistenza, l’istruzione, le biblioteche, i vigili
del fuoco e la polizia, il loro futuro. E poi, dopo essere stati trattati in
modo così meschino, questi ragazzi e queste ragazze, invece di pretendere
dagli USA una società più giusta, vanno ad arruolarsi per DIFENDERE noi e il
nostro modo di vita! C’è da inorridire, no? Non solo si meritano i nostri
ringraziamenti, si meritano anche una bella fetta della torta che ci stiamo
mangiando, noi che non dobbiamo preoccuparci di beccarci una pallottola
mentre ci agitiamo per decidere quale palmare regalare a nostro nipote per
Natale. In realtà tutto ciò che questi ragazzi nell’esercito ci chiedono in
cambio è la promessa di non mandarli mai nei pericoli a meno che non sia per
la DIFESA della nostra nazione, per evitare che il "nemico" ci uccida. E
quella promessa, amici miei, è stata infranta.

E nel peggiore dei modi
immaginabili. Li abbiamo mandati in guerra NON per difenderci, non per
proteggerci, non per impedire il massacro di innocenti o alleati. Li abbiamo
mandati in guerra affinché Bush & Co. possano avere il controllo della
seconda fonte di petrolio del mondo. Li abbiamo mandati in guerra affinché
la società del vicepresidente possa frodare il governo per miliardi di
dollari. Li abbiamo mandati in guerra basandoci sulla menzogna delle armi di
distruzione di massa e sulla bugia secondo cui Saddam avrebbe favorito il
piano 9/11 con Osama bin Laden. Facendo tutto ciò, Bush ha dimostrato che è
LUI quello che non sostiene le nostre truppe. È LUI che ha messo a
repentaglio le loro vite ed è LUI il responsabile per i circa 500 ragazzi
americani morti per un motivo che NON è onesto, né rispettabile, qualunque
esso sia. Le lettere inviatemi dagli amici e dai parenti dei nostri ragazzi
che sono laggiù ci fanno capire che sono disgustati da questa guerra e hanno
una paura folle di non rivedere mai più i loro cari. Leggere queste lettere
mi spezza il cuore. Vorrei poter fare qualcosa. Vorrei che tutti noi
potessimo fare qualcosa.