Home > Ma di cosa stiamo parlando?
Mi sembra poco utile soffermarsi agli insulti, alle offese, alle ripicche,
ai protagonismi, a tutto quello che è utile solo a offuscare il senso della
realtà. E’ piuttosto inutile anche replicarsi fra pochi quando oggi dovremmo
riprendere la parola e un’iniziativa politica che ci manca (a proposito tra
una settimana o poco più c’è il Forum sociale europeo a Parigi: magari
aiuterà a capire cosa è veramente il movimento). Dubito che accostare il
movimento alle nuove Br sia produttivo di riflessione sui propri limiti e
aiuti a riprendere l’iniziativa politica. Il fatto che una conferenza stampa
per lanciare Parigi sia comprensibilmente rimessa in discussione - però
inviterei tutti a ripensarci - lo dimostra. Io cercherei di stare di più
sulla realtà e oggi (31 ottobre) ce la ripropongono piuttosto crudamente gli
editoriali di Repubblica e del Riformista: il movimento non fa i conti con
il terrorismo, sostanzialmente, perché è comunista, anticapitalista, insomma
per la storia dell’"album di famiglia". Bastano le biografie degli
arrestati per capirlo, ci dicono. Ebbene, guardiamole.
Cito dal Corriere della Sera di oggi che a sua volta riprende i verbali di
inchiesta: "Vivono vite di basso profilo. Tendono al massimo dell’anonimato.
Nessuna militanza politica. Hanno lavori modesti e usano centri sociali e
sindacato come luogo d’incontro e come strumento per misurare la loro
penetrazione sociale". Dovrebbe bastare. Inoltre, alla luce degli arresti
effettuati - e delle non poche sciatterie dimostrate - qualcuno può
illustrarci seriamente il grado di penetrazione sociale delle nuove Br
guadagnato dentro i centri sociali e nei sindacati "radicali"? A me sembra
molto al di sotto dello zero.
Ma continua il Corriere: "Essere iscritti a questo o a quel sindacato di
base o frequentare questo o quel centro sociale poco interessa alla causa:
quel che importa è cercare consensi nei luoghi e nelle organizzazioni dove è
più logico trovarne". Come si vede, il Corriere si tiene finora piuttosto
lontano da questa polemica e sceglie uno stile sobrio. Ma ovviamente non ci
sfugge che il possibile punto di attacco e di critica al movimento sta tutto
in quel "dove è più logico". Perché più logico? Perché nei centri sociali o
nei sindacati di base, o nella Cgil secondo Bondi, si fanno corsi di attacco
al cuore dello stato, si organizzano assalti violenti, ci si prepara alla
rivoluzione armata? Evidentemente no. Il fatto è che nei sindacati, nei
centri sociali, nei luoghi di movimento si fa politica, si contesta il
capitalismo o il liberismo o solo le multinazionali o quello che volete voi
ma comunque si contesta l’ordinamento attuale. La richiesta che ci viene
fatta e che si finisce per sostenere con interviste e dichiarazioni fuori
tema è che il movimento deve smetterla di trattare gli argomenti che
possono, oggettivamente, porlo sulla stessa lunghezza d’onda delle br. Nel
caso specifico, deve smetterla di occuparsi di legge 30, precarizzazione,
flessibilità e poi ancora pensioni, multinazionali, politiche del lavoro,
ecc. Per alcuni, vedi Casa delle "libertà", questo significa financo
smettere di occuparsi di sindacato. Perché se si continua a fare sindacato,
allora "diventa logico" che i terroristi vengano alle riunioni per cercare
di reclutare qualcuno.
Secondo argomento: "Dal movimento non è ancora venuta una condanna esplicita
della violenza, della lotta armata come strumento di lotta". Non trovo le
parole per esprimere lo stupore. Il movimento non ha mai condannato la lotta
armata! ARMATA! vi rendete conto? Siamo qui, dopo Genova, Seattle, Nizza,
dopo tutte le città del mondo che abbiamo girato, dopo le botte prese, i
grandi cortei, le grandi iniziative realizzate e dobbiamo ancora rendere
conto (a chi?) della lotta armata! Io non le voglio ricordare nemmeno - non
serve e non dobbiamo giustificarci con nessuno - le prese di posizione,
cristalline, assunte dopo l’omicidio Biagi - perché al tempo dell’assassinio
di D’Antona non esistevamo ancora. Ma ce lo ricordiamo tutti cosa abbiamo
subito dopo l’11 settembre, l’accostamento con bin Laden, quasi che le Twin
Towers le avessimo buttate giù noi. Ce li ricordiamo tutti gli insulti di
Oriana Fallaci a Firenze, la campagna di stampa di allora - a proposito sta
per ricorrere l’anno - i "barbari" che stavano per calare sulla città. Ho
letto che Roberto Morandi, quello arrestato a Firenze, alla Fortezza da’
Basso non ci è venuto nemmeno. E cosa poteva esserci là dentro: se non
persone, giovani, impegnati a progettarsi un futuro possibile fuori dalla
logica mortale della violenza e del terrore?
Quali altre dimostrazioni
dobbiamo dare, quali altre prove? Ma di cosa stiamo parlando? Di una vetrina
rotta? Le uniche molotov che questo movimento ha visto sono quelle messe
dalla polizia dentro la Diaz, ce lo siamo scordati? Insomma, il gioco è lo
stesso come non rendersene conto?
Il movimento deve fermarsi, o essere
fermato, deve essere paralizzato e quindi accostato alle peggiori nefandezze
di questo mondo. E perché? Perchè parla di un altro mondo possibile, di
antiliberismo, di lotta al capitale o quant’altro. E’ troppo semplice per
non rendersene conto. Accostare la rottura di una vetrina, uno scontro di
piazza, l’occupazione di una casa o un picchetto davanti a una fabbrica alla
lotta armata, è piuttosto delirante (altr cosa è vedere i progetti politici
che stanno dietro a certe interviste ma allora nominiamo le cose con il loro
nome). Non so come dirlo diversamente.
O meglio posso usare le parole di una
che di "album di famiglia" se ne intende, Rossana Rossanda, e che ieri in
un’intervista al quotidiano della Margherita Europa ha, dal mio punto di
vista, chiuso la questione: "Diciamolo chiaro, l’album di famiglia del
movimento no global semplicemente non esiste".