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di enrico euli
Poesia è notizia
dalla frontiera della coscienza.
Lavorate su una frontiera
se riuscite a trovarne una.
Cosa sta per accadere ?
Cosa accadrà al primo attentato in Italia se, già ai primi rapimenti dei ‘nostri’, scattano inesorabili i classici automatismi ?
Come uscire dalle premesse della nostra fronte, inscritte nella logica di chi non può non sentirsi sempre di più ‘al fronte’ ?
Poesia è una voce di dissenso
contro lo spreco di parole
e la pletora folle della stampa.
NONVIOLENZA = MODERATISMO ?
Proprio negli stessi giorni in cui escono gli atti del convegno di Rifondazione, ‘Agire la nonviolenza’, Bertinotti si lancia in un’esercizio di ‘dialogo’ e ‘moderazione’ con il governo ed il centrosinistra, ‘per favorire e dare priorità alla liberazione degli ostaggi’.
Subito Bobba, esperto di teoria e pratica cattocomunista, commenta: ‘finalmente Bertinotti inizia a realizzare la nonviolenza nel suo partito!’.
Se fosse vero, come primo passo non c’è male...
Poesia è anche preghiere impotenti
di passeggeri d’aereo
cinture allacciate
per la discesa finale.
NONVIOLENZA = CATTOLICESIMO ?
Fiaccolate e ceri si sprecano come nelle migliori processioni.
Riti autocompassionevoli e moralistici si consumano tra le nostre fila.
Un’ipocrita empatia che è in fondo soltanto un pensare a se stessi.
Confondere quel che ‘è più grave’ con quel che ‘ci colpisce di più’.
Il peggio della tradizione cattolica, con spruzzi di americanismo veltron-wendersiano.
Fini ha torto: anche questo pacifismo è pacificazione.
Lui pacifica gli altri con le armi, i pacifisti pacificano se stessi con ostensorie liturgie in disarmo.
NONVIOLENZA = SOLIDARIETA’ ?
Ci arrabbiamo per Feltri, ma non altrettanto con Ciampi.
Eppure è lui, non l’altro, il nostro peggior avversario: questo terribile mix di guerra e solidarietà, questo scorrere mellifluo e paludoso di retorica patriottica su militari e volontari buoni, accomunati dall’essere italiani in missione di pace...
Ci si arrabbia con l’ONU, e si vorrebbe renderla ‘democratica’.
Ma a quando la riforma democratica delle nostre ONG ?
(‘Certamente non ora che sono sotto attacco, ovviamente...’, è la risposta).
Anche il video preparato da ‘Un ponte per...’ in cui i quattro rapiti parlano agli arabi di tutto il buono che fanno rimuove e nega il fatto, mi pare, che chi li ha rapiti lo sa bene e l’ha fatto anche, e forse soprattutto, per questo.
Poesia è vero canarino
in una miniera di carbone
e noi sappiamo perché
l’uccello in gabbia canti.
NONVIOLENZA = NON AZIONE ?
‘Ma il mondo, ci dicono, il mondo affamato, sovrappopolato, malato, ambizioso e competitivo non vuole aspettare che se ne sappia di più; deve precipitarsi là dove gli angeli esitano a metter piede.
Ho scarsissima simpatia per questi argomenti che invocano il ‘bisogno’ del mondo, e se non sbaglio coloro che si fanno avvocati di questi bisogni sono spesso ben pagati. Non mi convince la risposta di quei tecnici che accampano l’utilità e la necessità di ciò che fanno. Ho il sospetto che il loro impaziente entusiasmo per l’azione, la loro smaniosa voglia di fare, non sia solo sintomo di impazienza e neppure semplice ingordigia piratesca. Ho il sospetto che in realtà essi nascondano un profondo panico epistemologico’. (G.Bateson)
Più proseguiremo ad agire in automatico e più saremo impotenti.
Da una collega prendo la metafora: l’Iraq è come un epilettico gravissimo in preda a irrefrenabili convulsioni. E’ necessario attendere che si calmi da sé, prima di toccarlo, di intervenire.
Trovare i modi per esserci senza essere lì, da stranieri ed occupanti.
Sì, anche noi lo siamo, anche noi oggi siamo percepiti così.
Dobbiamo accettarlo. Dobbiamo contribuire a ‘svuotare’ l’Iraq da noi stessi.
La domanda, sana, allora potrebbe diventare: come abitare la distanza ?
enrico euli
(i versi in corsivo sono di Lawrence Ferlinghetti)