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Per la memoria di due innocenti

Publie le mercoledì 22 settembre 2004 par Open-Publishing
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Dazibao


di Benoît Hopquin e Martine Silber

Il 17 agosto 1963, due giovani militanti antifranchisti residenti in Francia
venivano giustiziati a Madrid per degli attentati che non avevano commesso. La
loro riabilitazione é imminente, con l’aiuto dei due veri responsabili.


Il boia ha dato un giro di manovella. Il collare del garrote ha serrato il collo
di Francisco Granado, soffocando le sue suppliche e spezzandogli le vertebre
cervicali. Il medico legale ha constatato la morte. Il corpo é stato portato
via. I guardiani hanno portato Joaquin Delgado, gli occhi bendati. Silenzioso,
il prigioniero é stato legato con le cinghie. Un giro di manovella. La testa
si é accasciata;

Questo racconto, fatto da uno dei carnefici molti anni dopo e riferito in un libro, Il garrote per due innocenti, di Carlos Fonseca (Edizioni CNT), é quello dell’esecuzione, il 17 agosto 1963, all’alba, nella prigione di Carabanchel, a Madrid, di due militanti antifranchisti, di 27 e 29 anni. Erano stati arrestati diciassette giorni prima. Dopo una parodia di processo, i due giovani erano stati dichiarati colpevoli di atti che non avevano mai commesso.

Sono passati più di quarant’anni. La transizione democratica della Spagna si é realizzata in modo esemplare, ma al prezzo di un’amnesia ufficiale sulla dittatura di Franco e di una legge di amnistia votata nel 1977. Questo, i parenti dei due condannati a morte non lo possono accettare. Da dieci anni lottano per la revisione del processo di questi Sacco e Vanzetti spagnoli.

Cominciata nell’indifferenza, ovvero nell’ostilità di quanti non desiderano riaprire delle piaghe, questa lotta per il dovere della memoria sta per concludersi. Per la prima volta, il Tribunale costituzionale ha aperto la strada ad una revisione del processo. Ed il governo di José Luis Rodriguez Zapatero si accinge a depositare un progetto di legge per « la completa riabilitazione morale e giuridica delle vittime del franchismo ».

Una vittoria che da un valore premonitore a quanto scriveva Robert Escarpit, in Le Monde del 22 agosto 1963 : « Francisco Granado e Joaquin Delgado hanno dato la vita per qualcosa ma, come sempre, i carnefici li hanno giustiziati per niente. » Già allora non sussistono dubbi fuori della Spagna sull’innocenza dei due uomini.

Il loro destino é indissociabile dalla storia dell’anarchismo in Spagna. Rifugiati in Francia, gli esuli della guerra civile spagnola sperano dopo la guerra nella caduta del franchismo sull’onda di quelle del nazismo e del fascismo. Ma a partire dagli anni 50, il regime non cessa di rafforzarsi e gode di aiuti internazionali sempre più importanti. La guerriglia interna, soprannominata « la macchia », é praticamente annientata all’inizio degli anni 60. Le imprese straniere, come Renault, si stabiliscono in Spagna. I turisti arrivano in gran numero.

I militanti antifranchisti si ribellano a questa legittimazione della dittatura. Nel 1961, in occasione di un congresso organizzato a Limoges, l’organizzazione anarchica CNT (Confederazione nazionale del lavoro), che rivendica allora 20 000 iscritti, decide di creare un gruppo clandestino, battezzato Difesa Interna (DI). « Avevamo un doppio obiettivo, spiega Octavio Alberola, che allora aveva 33 anni, un clandestino che ne era una dei principali coordinatori. Il primo era riattivare la lotta mediante attentati simbolici. Il secondo era eliminare Franco per accelerare il processo democratico.

Per portare a buon fine le azioni, piuttosto che su cellule organizzate DI si appoggia ai membri dei Giovani libertari. Sono figli di esuli o di emigranti economici. Hanno 20 anni, non si conoscono, non hanno nessuna formazione militare. Il loro coordinamento é difficile e viene realizzato dalla Francia.

A partire dal 1962, una serie di attentati simbolici colpisce inte e fuori il Paese. Nello stesso tempo, gli anarchici si mettono a sorvegliare Franco. La caccia é difficile : informato delle minacce, il generale non cessa di cambiare il suo programma. Ma un piano viene preparato.

Francisco Granado viene incaricato di portare a Madrid 20 kg di plastico e il detonatore. Il giovane é emigrato in Francia agli inizi degli anni 60, alla ricerca di un lavoro. Si é stabilito ad Alès come operaio e fa venire la moglie e la figlia, due altri figli li ha avuti in seguito. E’ entrato nelle fila libertarie dopo un incontro in un bar frequentato dalla comunità spagnola.

E’ la sua prima azione. Passa la frontiera il 14 marzo con la sua Renault, recupera gli esplosivi e va a Madrid. Deve consegnarli ad un artificiere che non conosce, al momento opportuno.

Ma le settimane passano senza che sia possibile agire. Vengono a sapere il 26 luglio che Franco é partito per le vacanze. L’operazione é rimandata. A Parigi, Octavio Alberola domanda a Joaquin Delgado di recarsi a Madrid e contattare i militanti sul posto per farli rientrare in Francia.

Joaquin Delgado Martinez é figlio di un esule della guerra civile, stabilitosi a Grenoble. Arrivato giovanissimo in Francia, naturalizzato, questo scapolo é stato educato alle idee anarchiche. E’ un attivista agguerrito.

Entra in contatto con Granado. Quest’ultimo accetta di rientrare ma, per problemi di soldi, deve prima aspettare un vaglia per pagare le riparazioni della sua auto. I due uomini decidono di restare qualche altro giorno a Madrid. Ignorano che nello stesso momento un altro gruppo mandato dalla DI si trova nella capitale. E da allora tutto va storto.

ANTONIO MARTIN , 25 anni, e Sergio Hernandez, 20 anni, sono incaricati di due attentati simbolici contro il servizio passaporti della Direzione generale della pubblica sicurezza e contro la sede dei sindacati falangisti. L’azione é pianificata per l’inizio del mese di agosto ma, temendo di essere individuati, i due militanti l’anticipano al 29 luglio. Il primo ordigno esplode con quattro ore di anticipo, mentre il servizio passaporti é ancora aperto. L’attentato fa una ventina di feriti, di cui tre sono ricoverati in ospedale. La stampa ufficiale ne approfitta per infierire sui « banditi ».

Quaratott’ore dopo, Delgado e Granado vengono fermati, gli esplosivi ritrovati. Arresto fortuito ? Polizia efficiente ? Tradimento ? Nessuno lo sa. Portati negli uffici della Direzione generale di pubblica sicurezza, i due uomini firmano la confessione sotto la tortura. Il 13 agosto, un tribunale militare speciale condanna i due uomini a morte mediante il garrote senza prove né testimoni. L’avvocato della difesa é un ufficiale che non ha mai studiato diritto. Franco rifiuta la grazia.

Sergio Hernandez e Antonio Martin sono distrutti. Il primo vuole autodenunciarsi. La DI si oppone, considerando inutile sperare di ottenere clemenza dal regime. Pubblica tuttavia un comunicato affermando che gli autori dell’attentato sono altri due anarchici, al sicuro in Francia. Malgrado gli argomenti dei suoi compagni, Antonio Martin vive malissimo questo « colpo terribile ». Per un certo periodo si sottoporrà ad una terapia.

Quanto alla DI, non sopravvive al dramma. La polizia francese non da tregua all’organizzazione, arrestando sessanta persone. Nel 1965, la struttura viene sciolta. I percorsi dei militanti divergono. Octavio Alberola prosegue l’azione, finisce ripetutamente in prigione o a domicilio coatto, in Francia e in Belgio. Altri si adeguano. Il generale Franco muore il 20 novembre 1975. In precedenza ha firmato ancora otto condanne a morte, fra cui quella del giovane libertario catalano Salvador Puig Antich, giustiziato il 2 marzo 1974.

All’inizio degli anni 90, Xaxier Montanya, un giornalista catalano, autore di un libro proprio su Puig Antich, s’interessa alla storia di Delgado e Granado. Nel 1994 entra in contatto con Antonio Martin e Sergio Hernandez. Gli anni sono passati, ma la sofferenza é sempre viva. Davanti ad una cinepresa di due uomini ammettono piangendo di essere gli autori dell’attentato, perché si sappia finalmente quel che é successo, « un crimine , dicono, un assassinio ».

Xavier Montanya e la regista Lala Goma proseguono l’inchiesta che si conclude, un anno più tardi, con un documentario dedicato alla vicenda, Granado e Delgado, un crimine legale. Contattate, le reti televisive pubbliche spagnole, rifiutano di unirsi al progetto. Diffuso da ARTE (canale TV franco-tedesco, NdT), alla fine del 1996, viene diffuso dalla TV pubblica spagnola solo nel novembre 1997, verso le due e mezza del mattino e qualche tempo dopo a un’ora di maggiore ascolto.

Non é che l’inizio della lotta delle famiglie. Il 3 febbraio 1998 la vedova di Francisco Granado, Pilar Vaquerizo, e il fratello di Joaquin Delgado, Francisco, fanno domanda di revisione della sentenza pronunciata il 13 agosto 1963. La domanda viene respinta il 3 marzo 1999 dalla Corte militare del tribunale supremo, che considera che condanna era conforme alla « legislazione in vigore » e che i giudici si erano pronunciati « in coscienza ».

Il 16 aprile 1999, Pilar Vaquerizo e Francisco Delgado presentano un altro ricorso, questa volta davanti al Tribunale costituzionale. Che resta in sospeso. Si costituisce allora il « Gruppo per la revisione del processo Granado-Delgado ». Octavio Alberola promuove una campagna, tiene conferenze, rilascia interviste alla stampa, organizza manifestazioni in Spagna ed anche in Francia. Perché la Francia ? Forse perché anche questo paese ha il dovere della memoria nei confronti degli esuli spagnoli, accolti cosi’ male, parcheggiati nei campi. E nei confronti di quanti si sono battuti al fianco delle truppe alleate e sono stati fra i primi ad entrare a Parigi con il generale Leclerc. Od anche semplicemente perché Joaquin Delgado era francese, come sono pure francesi la vedova ed i figli di Francisco Granado.
In Spagna, il 1° giugno 1999, tutti i gruppi parlamentari, eccetto il Partito popolare (PP) al potere, presentano un’iniziativa congiunta davanti al Congresso dei deputati per domandare « la commemorazione dell’esilio seguito alla guerra civile e la condanna del colpo di Stato fascista militare contro la legalità repubblicana del 1936 ». Nel marzo 2001, il Gruppo parlamentare della Sinistra unita, vicino ai comunisti, lancia una mozione analoga, approvata da tutti gli altri gruppi parlamentari. Salvo quello del Partito popolare, che dispone, allora, di una maggioranza assoluta. Iniziativa respinta.

Occorre attendere il 20 novembre 2002 perché il Congresso dei deputati voti all’unanimità una dichiarazione che condanna « la rivolta militare del 1936 » ed afferma « il dovere di riconoscenza morale verso tutti gli uomini e le donne vittime della guerra civile e verso tutti coloro che hanno subito la repressione della dittatuda franchista ». La dichiarazione approva ugualmente « il riconoscimento e la protezione economica e sociale degli esuli della guerra civile ed dei loro figli ».

Su questo punto dell’indennizzo, si aggiunge un’ingiustizia che rasenta l’assurdo. Pilar Vaquerizo, la vedova di Granado, ha domandato nel 1999 un aiuto accordato agli ex prigionieri del franchismo. La direzione spagnola del Ministero delle finanze ha respinto la sua domanda perché il marito, morto a 27 anni, non ne aveva 65 il 31 dicembre 1990, come esige la legge. Da parte sua, la Comunità di Madrid ha respinto la sua richiesta perché non ha scontato il minimo di prigione richiesto, un anno, prima di essere giustiziato dopo diciassette giorni.

Malgrado questi rifiuti successivi, le famiglie di Granado e Delgado e quelle dei Catalani Joan Peiro e Salvador Puig Antich rilanciano il 14 aprile 2003 un ricorso per la riabilitazione presso il Tribunale costituzionale. Il 13 giugno 2004 quest’ultimo da loro ragione per la prima volta, considerando che le nuove prove sono « chiaramente pertinenti » e che « negarlo non é ragionevole ». Chiede al Tribunale supremo di riesaminare il ricorso per la revisione e di decidere se le recenti testimonianze dei vari protagonisti sono credibili.

Lunedi’ 12 settembre, Antonio Martin e Sergio Hernandez hanno portato all’Ambasciata di Spagna a Parigi una lettera indirizzata al Ministro della Giustizia nella quale si accusano di nuovo degli attentati e domandano di essere sentiti. Se vi sarà processo per la riabilitazione, i parenti delle vittime hanno espresso il desiderio che siano chiamati alla sbarra i responsabili dell’epoca ancora in vita, come Manuel Fraga, 82 anni, attuale presidente della regione Galizia, che nel 1963 era Ministro dell’Informazione e del Turismo. Nel momento in cui si aprono le fosse comuni dove sono sotterrati i repubblicani fucilati durante la guerra civile, sperano che sarà finalmente posto un termine all’occultamento collettivo.

Tradotto dal francese da Karl e Rosa - Bellaciao

versione francese:

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=9651

Messaggi

  • E’ strano per noi italiani, che abbiamo eliminato il fascismo attraverso la sanguinosa catarsi della guerra mondiale , pensare come la spagna possa convivere con un passato così ingombrante e sanguinoso come il Franchismo . E così occorre pensare che il trapasso dalla dittatura alla democrazia senza la rottura rappresentata da una rivoluzione o da una guerra civile è certamente meno traumatico dal punto di vista delle sofferenze della gente ; ma impedisce una lucida analisi del tempo della dittatura e sopratutto non aiuta ad individuare chi fu vittima e chi fu carnefice .

    Buster Brown