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Polverone: gli interrogatori degli agenti "firmati" da un avvocato no global?
Publie le sabato 22 novembre 2003 par Open-PublishingG8, gli interrogatori degli agenti "firmati" da un avvocato no global
Le ipotesi del pm Zucca: «Errore del computer o un vecchio floppy-disc
inviato dal legale e riutilizzato»
Genova E’ un giallo informatico a tener banco nelle inchieste sul G8,
sull’irruzione alla scuola Diaz. Dopo due giorni di polemiche,
precisazioni, incontri e chiarimenti sull’affaire Pinto e sulle telefonate
che il magistrato di turno quella notte ricevette dalla Digos, ora un nuovo
mistero s’insinua nei files dei computer della procura.
Che cosa è accaduto? Le trascrizioni di alcuni interrogatori dei poliziotti
sotto inchiesta, e proprio quelle più delicate, risultano redatte da
Riccardo Passeggi. Quel nome è rimasto legato indissolubilmente ai
documenti di testo, che riportano la trascrizione dei colloqui registrati
tra pm e indagati. Ne è, in qualche modo, la firma. Chi è Passeggi? Un
avvocato genovese. E, per di più, un avvocato che gravita nell’area del
Legal Forum, affine al movimento no global.
Se si dovesse far completo affidamento sui documenti informatici, si
dovrebbero trarre conclusioni sconvolgenti. La procura avrebbe affidato a
un legale, per di più vicino alle parti offese nel procedimento giudiziario
(i giovani arrestati e picchiati la notte del blitz alla Diaz) il compito
di trascrivere gli interrogatori dei poliziotti inquisiti. Per di più,
facendo conoscere alla parte offesa atti d’indagine ancora coperti dal
segreto istruttorio.
Ma siccome l’informatica applicata (soprattutto tra le mura del palazzo di
giustizia di Genova) sembra esser tutto tranne che una scienza esatta, la
spiegazione del mistero non può che essere affidata alle parole dei diretti
interessati. Perché anche la controprova conferma l’indiscrezione. Anche
sul monitor di un magistrato i file di testo appaiono come scritti da
Passeggi. Sono gli interrogatori di Michele Burgio e Pietro Troiani (che
portarono le false moltotov alla Diaz); di Vincenzo Canterini, capo del
reparto mobile di Roma; di Gianni Luperi, oggi al vertice
dell’antiterrorismo nazionale; persino dell’attore Ricky Tognazzi, sentito
dai pm come testimone.
Spiega il sostituto procuratore Enrico Zucca: sicuramente nessuno ha mai
pensato di assoldare un avvocato per trascrivere le registrazioni degli
interrogatori. L’unica ipotesi si può annidare in qualche errore del
computer. O nell’utilizzo di qualche vecchio floppy-disc inviato da
Passeggi alla Procura e poi riutillizzato per economia. Anche l’avvocato
cade dalle nuvole: «E’ una situazione surreale, grottesca. Posso al limite
commentare con una battuta: magari avessi qualche incarico del genere dalla
Procura, forse guadagnerei di più che a fare l’avvocato».
Però, intanto, c’è chi dà fuoco alle polveri. Il sospetto di un
coinvolgimento diretto di professionisti vicini al movimento nel lavoro dei
magistrati è un nuovo tema di polemica e di veleni, intorno all’inchiesta
G8. Passeggi spiega ancora: «Una possibile soluzione del giallo? L’anno
scorso ho venduto, di seconda mano, un computer alla segretaria di un pm,
Vittorio Ranieri Miniati. E’ possibile che l’abbia utilizzato per questo
lavoro, ma che le licenze siano rimaste intestate a me».
Spiegazione plausibile. Ma intanto quel nome, quello di uno dei difensori
dei giovani vittime del blitz alla Diaz, finito sui computer degli
inquirenti, appare un nuovo motivo di imbarazzo per la Procura. In un
momento delicatissimo dell’inchiesta.
Marco Menduni