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Strasburgo: si discute la censura per il Cavaliere

Publie le venerdì 17 ottobre 2003 par Open-Publishing

E a Strasburgo si discute la censura per il Cavaliere

Al voto la mozione Manisco, che chiede un’inchiesta sull’impero televisivo di Berlusconi

ALBERTO D’ARGENZIO

BRUXELLES - Il Parlamento europeo rimanda di una settimana una decisione importantissima: iniziare
o meno le pratiche per mettere l’attuale Presidente della Ue, Silvio Berlusconi, alla berlina per
attentato alla democrazia. In ballo una faccenda di non poco conto, cioè se aprire o meno un
un’inchiesta sul «rischio grave di violazione da parte dell’Italia dei diritti umani in tema di libertà
di informazione e di espressione». In pratica di tratta di fare il primo fondamentale passo in
quel lungo cammino che porta dritto dritto al famoso articolo 7 del Trattato dell’Unione, quello che
prevede sanzioni contro quei paesi in cui «esiste un evidente rischio di violazione grave (...)
dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello
stato di diritto». In questa summa dei principi democratici comuni all’Europa trova spazio anche
il diritto al pluralismo, «la libertà d’opinione e quella di ricevere e fornire informazione ed
idee senza l’interferenza dell’autorità pubblica (Art. 10 Convenzione europea sulle libertà
fondamentali)». L’articolo 7 è lo stesso imbracciato a suo tempo con foga, ma poi messo in disparte, dai 15
contro l’Austria di Haider. Adesso che tocca a Berlusconi la macchina europea procede con più
circospezione e soprattutto non mancano le trappole. Ieri la Conferenza dei capigruppo ha fatto un po’
tardi discutendo del disastro del Prestige e così, anche grazie a qualche ulteriore cavillo, la
decisione su Berlusconi verrà presa solamente giovedí prossimo a Strasburgo. Il Presidente del
Parlamento Pat Cox, ben spalleggiato dai popolari, ha infatti perso altro tempo chiedendo un parere
aggiuntivo per poter decidere a quale Commissione parlamentare incaricare la risoluzione. La
destinizione naturale del rapporto è la Commissione Libertà pubbliche (da cui peraltro proviene la
richiesta), Cox prendeva tempo proponendo invece quella Affari costituzionali. Giorgio Napolitano,
presidente di quest’ultima, diceva che non era affar loro, ma pure così arrivava la decisione di
rimandare il tutto di una settimana. Guarda caso ieri Berlusconi arrivava a Bruxelles per il vertice di
oggi.

«Cox e i servizi del Parlamento hanno aumentato l’ambiguità che comunque c’è - spiega Monica
Frassoni, capogruppo dei verdi - è la prima volta che si affronta la questione dell’articolo 7 e si
gioca con i cavilli, ma comunque sia non ce la faranno a bloccare la proposta: c’è una maggioranza
chiara e forte che vuole discutere la questione». Dietro alla richiesta ci sono infatti i comunisti,
i verdi, i socialisti ed i liberali che fanno il grosso dell’eurocamera. «Già 4 volte negli ultimi
due anni il Parlamento europeo (nei rapporti annuali sullo stato dei diritti e delle libertà nella
Ue, ndr) ha denunciato la mancanza di pluralismo in Italia ed il rischio per la democrazia, adesso
bisognerebbe avere più serenità e vedere le cose come sono: noi stiamo denunciando un rischio, se
poi lo stato si adegua, corregge, tanto di guadagnato», concludeva la Frassoni. L’iniziativa,
momentaneamente bloccata ieri, partiva quest’estate da Lucio Manisco, eurodeputato comunista, che
lanciava una raccolta di firme per una risoluzione che condannasse il «persistente» conflitto
d’interessi, che tocca «televisioni, giornali, case editrici e raccolta di pubblicità» e produce «numerosi
episodi di violazione delle libertà d’espressione».