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Tv svizzera - Sì siamo mercenari, anche se è una parolaccia
Publie le giovedì 27 maggio 2004 par Open-PublishingTv svizzera, video su Quattrocchi al lavoro a Baghdad
E’ armato, perlustra, non parla. Parla l’arruolatore Simeoni: «Sì siamo
mercenari, anche se è una parolaccia»
GIANNI BERETTA
Fanno una certa impressione le immagini di Fabrizio Quattrocchi in piena
azione in Iraq come guardia di sicurezza pochi giorni prima del suo
sequestro e della sua esecuzione. Mentre Paolo Simeone, che lo aveva
ingaggiato, alla domanda se si consideri un mercenario risponde: «Mercenario
mi sembra un po’ una parolaccia; ma è quello che siamo; anche se è una
parolaccia, secondo il dizionario è una persona che svolge un’attività
militare contro pagamento; ed è quello che noi facciamo». Le sequenze di
Quattrocchi armato che scruta Baghdad con un cannocchiale e l’intervista in
inglese di Simeone, in attività di pattugliamento insieme a lui, sono la
parte finale di un lungo documentario realizzato dalla Televisione svizzera
francese dal titolo «Guerrieri affittansi», andato in onda qualche giorno fa
in contemporanea sulla Televisione svizzera italiana.
Per la verità un flash di quelle immagini di Quattrocchi era stato trasmesso
da Canale 5 che le avrebbe piratate con tanto di logo svizzero da
anticipazioni del tg di Ginevra (mentre il documentario era ancora in
lavorazione); tant’è che fra Mediaset e la televisione romanda è nata una
controversia.
Nel video Quattrocchi non parla mai, anzi è definito nel documentario «il
più discreto» rispetto a Simeone e all’altro collega Luigi (rientrato poi in
Italia) ripresi in macchina mentre stanno pattugliando le strade della
capitale irachena. E’ solo Paolo Simeone a farsi intervistare; in fin dei
conti è lui il capo: «Bisogna essere molto discreti, ma anche essere
abbondantemente armati; per noi il problema è questo; è difficile nascondere
un fucile d’assalto o una mitraglietta». E nel caso di attacco: «A volte
rispondiamo al fuoco; altre fuggiamo; dipende; sparare ad esempio in una
situazione come questa è assai pericoloso perché ci sono molti civili; o
identifichi molto bene il bersaglio e sei sicuro di te, oppure è meglio
fuggire perché si corre il rischio di uccidere degli innocenti; e noi non ne
abbiamo il diritto».
In «Guerrieri affittansi» il 32enne Simeone è presentato come il
responsabile della compagnia Presidium, al servizio di grossi clienti
statunitensi sia come guardaspalle che nella protezione di infrastrutture.
Mostra il fucile svizzero SIG 543 che ha in mano, dicendo di averlo trovato
al mercato nero. E quando gli viene chiesto cosa gli piaccia di questo
mestiere, risponde: «Mi piace viaggiare per il mondo, l’adrenalina; amo
questo lavoro perché posso applicare tutte le mie conoscenze in situazioni
reali». E sull’adrenalina precisa: «Mi riferisco al rischio; è questo che ci
motiva tutti a fare il nostro lavoro, a cercare il pericolo; mettere la
nostra vita in pericolo è il cuore del nostro business».
Ma non è tutto qui: in «Poveri eroi» la televisione svizzera esibisce copia
della e-mail di proposta di reclutamento in Iraq inviata da Simeone
all’«agente di sicurezza» Davide Giordano (amico di Quattrocchi) che gli
aveva mandato il suo curriculum vitae da Genova. Si parla di «training alla
polizia locale»; di servizio di body-guard a «Vip locali (politici o
giudici) e italiani (personale dell’ambasciata, di ditte e organizzazioni)»;
e infine di «controllo armato a pipelines e linee elettriche»; per «un
salario di seimila euro al mese, più vitto e alloggio»; con un addestramento
sul posto di tre giorni a sei tipi di armi (specificate). Nella e-mail da
Bagdad Simeone aggiunge: «Mi hanno dato carta bianca per la scelta del
personale, non tanto perché si fidino di me ma perché il personale è finito,
e posso prendere specialisti dal mercato dei free-lances». Per sua fortuna,
a differenza di Paolo Quattrocchi, alla fine Davide Giordano decise di non
arruolarsi.
A nessuna televisione italiana è venuto in mente di comprare i diritti per
mandare in onda almeno la parte del documentario svizzero che riguarda le
guardie private italiane, soprattutto per quanto si riferisce alle
dichiarazioni di Simeone, che oggi risuonano alquanto sinistre; neppure a
Ballarò di Rai 3, che pure la settimana precedente aveva chiesto in visione
(senza poi acquistarlo) il servizio «Poveri eroi» di produzione della
televisione ticinese, nel quale si anticipava la seguente dichiarazione di
Simeone ai romandi: «E’ difficile lavorare qui; bisogna mantenere un profilo
molto basso; ma nello stesso tempo occorre essere armati fino ai denti e
pronti a sparare; oggi l’Iraq è il centro degli affari per chi si occupa di
sicurezza; parliamoci francamente: questo è il posto giusto e il momento
giusto per far soldi; il business è davvero grande; sono molte le agenzie di
sicurezza venute ad operare qui, e circola molto denaro; non potevo
rinunciare; anche se ho tanta paura».