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URANIO: UNAC; NUOVO CASO LINFOMA HODGKIN, MALATO CARABINIERE
Publie le mercoledì 29 settembre 2004 par Open-Publishing(ANSA) - ROMA, 20 SET - Si chiama Ciro Nastri, 28 anni, carabiniere
scelto del battaglione mobile carabinieri di Laives (Bolzano), con tre
anni di servizio tra Kosovo e Bosnia. E’ affetto da linfoma di Hodgkin,
un tumore causato, secondo gli esperti, dalle contaminazioni da metalli
pesanti tra cui l’uranio impoverito. Lo fa sapere l’Unione nazionale
arma carabinieri (Unac).
’’In convalescenza da oltre un anno - spiega l’Unac - Ciro Nastri e’
costretto a sottoporsi a proprie spese, a cicli bisettimanali di
chemioterapia presso il policlinico di Napoli. Costretto altresi’ al
silenzio dai suoi superiori che hanno tentato di dissuaderlo anche dal
presentare domanda di riconoscimento da causa di servizio’’.
Rivoltosi poi all’Unac, e’ stato inserito nel lungo elenco di
carabinieri e militari assistiti dall’associazione ’’che si e’
mobilitata subito affinche’ anche l’ultima vittima non rimanga come gli
altri, abbandonato dallo Stato e dall’Arma dei Carabinieri, trovandosi
tra breve riformato dal servizio senza diritto a pensione, ovvero senza
alcun mezzo di sostentamento almeno secondo le vigenti leggi italiane’’.
L’Unione sta approntando una causa civile per il risarcimento dei danni
a tutti i militari, nella quale saranno citati in giudizio il ministero
della Difesa, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ed il
comando della divisione mobile che comprende ’’tutti i reparti che
hanno mandato e mandano uomini allo sbaraglio senza informarli dei
reali rischi presenti sugli scenari di guerra’’. L’Unac, tra l’altro,
ha richiesto da tempo ’’una legislazione d’emergenza, che tarda ad
arrivare, al fine di aiutare gli sfortunati colleghi’’. (ANSA).
BBB-NE
20/09/2004 16:40
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il manifesto - 21 Settembre 2004
URANIO - E’ un carabiniere l’ultima vittima
L’Unac (unione nazionale arma dei carabinieri) ha denunciato un altro
caso di linfoma di Hodgkin riscontrato in militari che sono stati in
missione in Bosnia e in Kosovo: a esserne affetto è un carabiniere di
28 anni, Ciro Nastri. Verdi e Comunisti italiani hanno chiesto che a
lui e a tutti i suoi colleghi ammalati della stessa sindrome venga
riconosciuta la «causa di servizio». In base alle attuali normative,
infatti, al carabiniere verrà dimezzato lo stipendio al termine della
licenza di 90 giorni per malattia. Dopo un anno scatterà la riforma del
servizio, senza diritto alla pensione, non essendoci il requisito dei
14 anni di lavoro. Domani l’associazione nazionale assistenza vittime
arruolate nella forze armate (Anavafa) ha indetto una manifestazione
davanti a Palazzo Chigi, «affinché vengano ricordati e rispettati i
diritti di tutti i militari di leva e di carriera, che si sono ammalati
o sono morti, senza che ci fosse stato nei loro confronti alcun
riconoscimento».
— -
da Liberazione, 23 Settembre 2004
A Palazzo Chigi nessuno riceve il maresciallo gravemente malato
Uranio, Diana resta fuori
Pieno di dolori, senza più fegato né intestino, Marco Diana, 35 anni,
ieri mattina alle undici si è seduto davanti Palazzo Chigi ed ha
aspettato, invano, che qualcuno al governo lo ricevesse. Nonostante un
telegramma di richiesta d’incontro inviato con largo anticipo al
Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Così nell’attesa il
maresciallo Diana ieri ha rilasciato interviste, per tutta la giornata,
dosando il fiato e la voce sulla spinta dei dolori che gli mordono il
corpo da quando il suo lavoro gli ha portato in dote un cancro allo
stomaco di ritorno dalla missione in Somalia (sette anni fa). Prova
vivente degli effetti collaterali dell’uranio impoverito, come lui
stesso si definisce.
Diana ieri era a Roma per il sit-in indetto dall’Anavafaf,
l’associazione che tutela i familiari delle vittime arruolate nelle
forze armate, per il rivendicare il diritto al riconoscimento della
causa di servizio per tutti i militari di leva e di carriera deceduti o
gravemente malati: 10.647 i morti tra il 1976 e il 2001 e a questi si
devono aggiungere appunto, le vittime dell’uranio impoverito.
A Marco
ancora una volta, hanno sconsigliato di parlare, di portare in piazza i
suoi diritti: il giorno prima di partire per Roma dalla sua casa di
Villamassargia, in Sardegna, ha ricevuto telefonate da soliti vertici
militari: «Volevano la lista degli integratori che mi permettono di
nutrirmi e per i quali spendo in vecchie lire circa tre milioni al
mese. Gli ho risposto di rivolgersi al mio avvocato. Conoscono bene le
mie spese, la lista l’hanno avuta d tempo. Non voglio elemosina ma il
riconoscimento dei danni subiti per mio lavoro». Marco è un fiume in
piena. Alle sue spalle le fotografie di altri ragazzi in divisa che
sono morti.
Accanto a lui i genitori, ma anche i genitori degli altri
ragazzi che non ce l’hanno fatta. C’è anche chi si fa coraggio
guardando Marco, come il giovane artificiere reduce da missioni di pace
nei Balcani, 25 anni, un cancro al testicolo asportato quest’anno. Da
quando lo scandalo uranio impoverito è scoppiato, nell’inverno
2000-2001, sono ormai una trentina le morti riconducibili
all’esposizione delle polveri di quello che gli americani chiamano dal
’91 "metallo del disonore".
E quasi 300 i militari con malattie legate
ai micidiali proiettili. Sindromi tumorali che si assomigliano tutte,
ma che non portano al riconoscimento della causa di servizio a un
risarcimento per l’impegno nelle missioni di pace che in questo
decennio - dalla Somalia in poi - hanno coinvolto decine di migliaia di
militari italiani. La scorsa settimana è stata finalmente istituita una
commissione di inchiesta del Senato sui danni da uranio impoverito. Ma
è solo l’inizio. «C’è bisono di andare con urgenza al voto in aula per
approvare la commissione.
Il rischio di interferire da parte delle
gerarchie militari, che possono ostacolare l’iter parlamentare, è molto
forte. La pratica delle pressioni è peraltro assai consolidata, come
dimostrano gli interventi ricattatori nei confronti di si ammala»
spiega Gigi Malabarba, capogruppo Prc al Senato durante il presidio. Il
timore di insabbiamenti è forte. D’altra parte come sostiene Falco
Accame, presidente dell’Anavafaf, la questione non è tanto medica,
quanto politico-militare. Sarà per questo che Berlusconi o chi per lui
non ha voluto incontrare il maresciallo Diana.
Sabrina Deligia