Home > Un grimaldello contro l’aborto
La legge sulla fecondazione assistita apre la strada al riconoscimento giuridico
dell’embrione
Una pagina nera della storia della Repubblica. La legge sulla fecondazione assistita votata
al Senato rappresenta un attacco violento alla libertà delle donne, alla laicità dello Stato, ai
diritti individuali. L’elemento fondativo di questo manifesto ideologico è quello di aprire un
conflitto giuridico con la 194. Del resto basta leggere i commenti politici di queste ore per rendersi
conto che obiettivo primario è quello di controllare e normare il corpo delle donne e per questa
via scardinare l’impianto della legge 194 e con essa un’intera cultura giuridica e di civiltà che
le donne hanno contribuito a costruire informando la concezione dello stato di diritto.
Vogliono mettere le mani sulla legge sull’aborto e trascinare il paese in un processo
involutivo che segnerebbe come primo effetto il primato dello stato etico e il declino definitivo dello
stato laico. L’unica vera ossessione che questa legge rivela è quella di un manifesto revanscismo
maschile e oscurantista sull’autodeterminazione delle donne. Questa legge rischia di produrre una
serie di effetti sulla 194 che possono concretamente inficiarla, ridimensionarla, se non
addirittura riscriverla. Si comincia dai principi fondamentali espressi dall’articolo 1 lì dove si
riconoscono i diritti in capo al concepito mettendo sullo stesso piano la donna e una cellula fecondata in
una provetta. In questo modo si intende creare appositamente un conflitto su cui poi si fonda
l’impianto proibizionista ed oscurantista della legge.
E’ del tutto evidente il contrasto aperto
dall’articolo 1 della legge sulla fecondazione assistita e l’articolo 1 del codice civile che invece
afferma che la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. Qui invece si apre la
strada al riconoscimento giuridico dell’embrione, battaglia storica delle gerarchie vaticane.
Attraverso questo grimaldello rappresentato dal riconoscimento dei diritti del concepito questo
schieramento trasversale non ha bisogno di ricorrere ad una battaglia frontale per modificare la 194; basterà
un semplice ricorso al pretore contro qualsiasi donna che voglia ricorrere all’interruzione di
gravidanza ed una conseguente sentenza contro la volontà della donna, per spalancare le porte ad una
sospensione di fatto dell’applicazione della 194.
Il conflitto tra questa legge e quella sull’interruzione di gravidanza è sotto gli occhi di
tutti perché rischia di capovolgere l’impianto culturale e giuridico della 194, cioè quello
fondato sull’autodeterminazione della donna sulla maternità e sul primato del diritto alla salute.
L’articolo 1 della legge 194 recita infatti che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione
cosciente e responsabile, il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
Abrogare la legge sulla fecondazione assistita è dunque obiettivo prioritario. I nostri avversari
politici in parlamento e nel paese sanno bene che una proposta di revisione della 194 può essere un
terreno scivoloso su cui hanno già perso una volta e possono tornare a perdere. Ma come dimostrano le
dichiarazioni di Monsignor Tonini le gerarchie vaticane non rinunceranno a sollecitare in questa
direzione il centrodestra. Le donne quindi sono più che avvertite, devono ritornare al conflitto,
difendere i diritti conquistati e proporre un avanzamento.
La 194 è frutto di un grande movimento
che le donne hanno saputo costruire nel paese per un progresso di civiltà e del diritto. E’ stata
una conquista per la libertà di tutti a cui ha contribuito anche tanta parte di mondo cattolico
che, oggi come allora, difende il primato della laicità dello Stato. E’ necessario oggi fermare
questa deriva oscurantista ricostruendo un movimento in grado di orientare l’opinione pubblica,
disobbedire a questa legge e difendere la 194. Le donne, le tante soggettività politiche e culturali
diffuse nel paese sono chiamate oggi come allora ad essere promotrici di questa battaglia politica e
culturale capace di far vincere l’opinione prevalente a difesa dei diritti individuali della
laicità dello Stato dell’autodeterminazione e della libertà femminile. Insomma è proprio il caso di dire
adesso basta.
Titti De Simone
da Liberazione venerdì 12 dicembre 2003