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Violenza nonviolenza: condivido l’intervento di Lidia Manapace

Publie le domenica 18 gennaio 2004 par Open-Publishing

Condivido l’intervento di Lidia Manapace, anche perchè non si ferma ad un
ragionamento solo teorico seppur basilare ma entra nella realtà ed accenna
alle conseguenze di alcune scelte. Mi dispiace invece che "Il Manifesto "
legga tutto il dibattito in corso come una rottura tra un partito ed il
Movimento, anzichè un arricchimento per entrambi( ma questa è un’altra
cosa!)

Infatti io sono convinto che quando si parla di violenza e di nonviolenza
dobbiamo tutti fare lo sforzo di capire cosa poi deriva da queste due
modalità di comportamento. Allora, io mi pongo delle domande a volte
retoriche e faccio delle considerazioni, che, da "ragazzo di paese" vi giro
ed alle quali spero si cerchi di dare risposta.

Si cita spesso la resistenza italiana, ed io provenendo da una famiglia
resistente, ho riflettuto molto su questa cosa, la resistenza italiana si
costruì su un progetto politico trasversale ( diremmo oggi), fondato su
quella che oggi è la nostra costituzione, sperimentata sul campo con
"prototipi" di repubbliche, cito l’Ossola per tutte, ed attraverso scontri
ideologici anche aspri.
I Resistenti addivennero alla republica, attraverso una guerra partigiana
dura e furente ma anche ad una resistenza non armata altrettanto pericolosa,
per chi la fece, ed importante. Una resistenza fatta di persone disarmate
che nascondevano, alimentavano, boicottavano, sabotavano, insomma si
opponevano come potevano perchè lo volevano.

La resistenza fu fatta con gli strumenti culturali, ideologici,storici,
politici, a disposizione del periodo; da quegli strumenti si produssero i
mezzi per raggiungere un fine.

Ora io credo che i nostri padri e le nostre madri fecere del loro meglio per
costruire attraverso quei mezzi il fine, ma allo stesso tempo il fine
raggiunto non è stato il "giusto fine " perchè i mezzi non erano giusti
anche se ripeto erano a mio avviso i migliori di quel tempo.

Dico questo perchè se la nostra democrazia è imperfetta ed addirittura in
molti casi autoritaria credo che ciò derivi anche se non sopratutto dai fini
usati per raggiungerla.
Voglio dire, che noi oggi abbiamo maggiori strumenti di ieri, maggiori
possibilità di fare percorsi evolutivi e pur proseguendo su una traccia
dataci possiamo elaborare percorsi nuovi che partano anche dalle esperienze
passate.

Non è vero che la scelta del meno peggio porta al giusto.

Cosa c’entrano i "Banditen" con tutto il ragionamento su violenza e
nonviolenza?
E’ evidente che ogni potere identifica gli oppositori come banditi,
soprattutto se i mezzi usati sono simili, perchè il linguaggio codificato
diventa inevitabilmente simile, quello che noi dobbiamo obbligarci a fare è
codificare un linguaggio nuovo che mandi in tilt " il Grande
decodificatore".

Anche il ragionare sulla spirale "guerra- terrorismo" secondo me deve
partire da questo concetto, la guerra è oggi (ma anche ieri) la forma
istituzionalizzata di terrorismo, dalla fine della seconda guerra mondiale,
il 90% delle vittime durante le guerre sono civili, la guerra serve a
terrorizzare, ad eliminare le coscienze critiche, a schiacciare le società
al volere dei "liberatori" che divengono i "ricostruttori di un nuovo
ordine". Il terrorismo non istituzionale fa ugualmente e si alimenta del
concetto del nemico istituzionale armato,producendo la stessa condizione
politica e storica.

Quando "cataloghiamo" l’attacco di Nassyria, piuttosto che altri come atti
resistenziali ( e può anche essere!) dobbiamo pensare che sono morti anche 8
civili irakeni( la nazionalità non è importante); come definiamo queste
vittime?
Effetti collaterali, errore umano, contingente necessità ?
Se questo è "il nome" o qualifica che diamo a quelle vittime ci assumiamo lo
stesso linguaggio e responsabilità di chi fa della guerra il proprio
progetto politico e pur pensando di avere ragione diventiamo simili al
nostro avversario.

Se invece diamo "accezzioni" diverse ( quali?) alle stesse vittime civili,
credo che allora dobbiamo tenere aperto il ragionamento su violenza e
nonviolenza perchè da una "semplice qualifica" ne risulterà una
progettualità diversa e molto articolata,che forse non sempre ci soddisferà.

Un abbraccio