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Visita di Prodi in Turchia e decima udienza del processo a Leyla Zana

Publie le martedì 20 gennaio 2004 par Open-Publishing

Alcune considerazioni al rientro dalla Turchia sulla visita di Prodi e
sulla decima udienza del processo Leyla Zana

1.La stampa italiana, tutta, ha ignorato la visita di Prodi in Turchia non
solo ma anche quel poco che ha riportato non è esattamente quello che Prodi
ha detto. TV e stampa turca per due giorni si sono spese dando grande
rilievo alle dichiarazioni di Prodi anche quelle riferite al processo di
Leyla Zana e gli altri deputati in carcere da 10 anni .

2.Intanto va colto una sfumatura : Berlusconi ha finito il suo mandato di
presidenza europea il 31dicembre. Prodi si reca in Turchia il 14 gennaio. E
non sembra un caso. E’ come a dire: Berlusconi è venuto qui a promettervi
mari e monti, ma il sottoscritto viene in veste di presidente della
Commissione Europea ed è a questa Commissione che voi dovete rispondere .
Giovedì 15 Prodi parla al Parlamento turco e dice due cose importanti che
la stampa da noi non ha riferito. Primo, si complimenta per le riforme che
il governo turco in questi due anni ha promulgato ma, sottolinea con
forza, adesso vanno applicate. Secondo: occorre sbloccare il processo
Leyla Zana; senza la scarcerazione dei quattro deputati è molto
improbabile che possano iniziare i colloqui per l’ingresso della Turchia in
EU. Dette nel Parlamento turco sono affermazioni che pesano come
pietre. Non per nulla la sera stessa tutte le TV hanno dato ampio risalto
al suo discorso. (Ricordo che con le riforme attuate dal governo turco il
massimo di pena alla quale Leyla potrebbe essere condannata non
supererebbe i 7 anni)

3.Tutti i giornali turchi hanno sottolineato la concomitanza tra la visita
di Prodi in Turchia e il processo contro Leyla Zana . Non stupisce quindi
che la mattina di venerdì 16 davanti al tribunale fossero presenti
tantissimi giornalisti e fotografi e anche tantissimi poliziotti .
Conferenza stampa della eurodeputata inglese – la baronessa Nicholson-
che consegna all’avvocato di Leyla di un invito del presidente del
Parlamento di Strasburgo alla manifestazione che si terrà a fine gennaio e
dove saranno presenti tutte le personalità insignite, come Leyla Zana, con
il premio Sakharov . Per la prima volta da quando è iniziato il
rifacimento del processo è arrivata anche la madre di Leyla, una donnina di
75 anni, piccola, esile come un fuscello, attorniata da nipoti che la
proteggevano. Lo stesso viso, gli stessi occhi neri di Leyla, ugualmente
fieri.

4.L’udienza inizia con mezz’ora di ritardo, di solito sono in orario. Il
presidente del tribunale legge cinque testimonianze di persone detenute.
Tre di queste a favore degli imputati, due contro (delle testimonianze e
delle arringhe degli avvocati ne parlerò più ampiamente nel prossimo
diario). Gli imputati non hanno chiesto di intervenire, la parola passa
quindi agli avvocati. Dalle prime battute dell’intervento di Yusuf Alatas,
capo del collegio di difesa, si capisce che i giudici sono nervosi.
C’è stato un battibecco tra il presidente del tribunale e l’avvocato con
minaccia da parte dei giudici di andarsene. Non va meglio al secondo
avvocato Musta Ozer. Altro scontro con il presidente del tribunale , altra
minaccia dei giudici di abbandonare l’aula. Più prudente il terzo l’avvocato
Hasip Kaplan, ricorda al presidente del tribunale i 15 anni di lavoro
fatti insieme a Djyarbakir esattamente negli stessi ruoli e fa notare come
nonostante le riforme il processo si stia svolgendo nelle stesse modalità
degli anni più bui della giustizia in Turchia. Ricorda, inoltre, che nei
cassetti dei giudici e del ministro della giustizia giacciono decine di
sentenze di cui la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo richiede il
rifacimento .E’ dunque evidente l’importanza di questo processo, il primo
di una lista di processi che dovranno essere rifatti. Tutti e tre gli
avvocati al termine della loro arringa chiedono la scarcerazione dei
deputati.

5.Dopo la pausa pranzo la pubblica accusa chiede al presidente del
tribunale di respingere la richiesta di scarcerazione e propone di sentire
un nuovo testimone (senza testimoni il processo deve chiudere ). I giudici e
la pubblica accusa si ritirano in camera di consiglio per cinque minuti e
come alle precedenti 9 udienze viene rifiutata la scarcerazione e aggiornato
il processo. La nuova udienza si terrà il 20 febbraio. Mentre Leyla Zana ,
Selim Sadak, Orhan Dogan e Hatip Dicle vengono condotti fuori dall’aula
parte un grande applauso di solidarietà nei loro confronti. I giudici che
se ne stavano andando tornano indietro , arrabbiatissimi chiedono ai
poliziotti di far sgombrare le prime due file davanti ( dove generalmente
siedono le rappresentanze delle ambasciate, i parlamentari europei , i
giuristi democratici, gli interpreti ) e di trattenere tutti gli altri. C’è
un momento di smarrimento . Tutti noi seduti nelle prime due file ci
alziamo. Ma mentre una parte delle delegazioni straniere esce dall’aula
,compresa la baronessa inglese, un’altra, tra cui io e Luigi Vinci,
parlamentare di Rifondazione comunista, rimaniamo lì, in piedi,
chiedendoci perché le oltre 100 persone presenti in aula venissero
trattenute e cosa sarebbe successo loro. Quando capiamo che vogliono
prendere i dati anagrafici di tutti i presenti per impedire loro di
entrare alla prossima udienza decidiamo di restare e ci risediamo con i
giudici che ci guardano e noi che restituiamo lo sguardo. Alla fine i
giudici escono mentre continuano le pressioni da parte dei poliziotti e
del cancelliere per far uscire anche noi. Il tutto è durato una ventina di
minuti .Alla fine, quando hanno capito che senza gli altri non ce ne
saremmo andati, ci hanno fatti uscire tutti e senza schedatura
.
6.Che conclusioni dobbiamo trarre ? Ai giudici sono saltati i nervi, e non
mi è sembrato un atto intelligente quello di sequestrare più di 100 persone
in un aula del tribunale, di fronte a rappresentanti delle ambasciate, a
deputati europei, a rappresentanti della associazione internazionale di
giuristi democratici. Qualcuno che conosce la Turchia meglio di noi lo ha
interpretato come un segno di debolezza. Le dichiarazioni di Prodi saranno
arrivate anche ai giudici e forse sarà arrivata anche qualche pressione da
parte del governo islamico , governo che i giudici odiano perché loro sono
l’altra parte del potere turco, quella militare e kemalista che dal colpo
di stato del 1980 ha governato realmente la Turchia: LA CORTE PER LA
SICUREZZA DELLO STATO . Strumento terribile di repressione verso la
società ma soprattutto verso i kurdi. Una struttura che il potere lo sta
perdendo e che per entrare in Europa dovranno abolire . Mi fermo qui e su
dieci udienze per una volta assaporo un risultato.

7.Alla sera apprendiamo dalle televisioni (in lingua turca e in inglese)
che Prodi , che in quel momento si trovava ad Istanbul, si dice molto
dispiaciuto del mancato rilascio di Leyla Zana e, alla domanda di un
giornalista che gli chiede se pensa che questa decisione interferirà con
l’adesione della Turchia alla UE risponde: “ Non penso che si tratti di una
interferenza. La libertà di espressione del pensiero fa parte dei criteri
europei”.