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la balla del cuneo fiscale
par zag(c)
Publie le venerdì 28 febbraio 2014 par zag(c) - Open-Publishing3 commenti

Uno dei cardini del nuovo governo per la soluzione e per la crescita è il cuneo fiscale. E anche qui, è da almeno una decina d’anni e per svariati governi che sentiamo questa nenia , questo canto scaramantico, questa soluzione e panacea. Oggi , e come poteva non esserlo, si è mostrato d’accordo a questo mantra il Sole 24 Ore. Raccontando i vantaggi e le miracolose virtù salvifiche che un tale provvedimento produrrebbe portando a dimostrazioni realtà e dati empirici che non fanno parte della nostra realtà , ma solo di una realtà virtuale adatta a quella soluzione , ma che non ha nulla a che fare con la nostra. Pro domo sua, naturalmente.
Il provvedimento è voluto dal neo ministro dell’economia ex dell’OCSE. E infatti è la OCSE a osannare questo provvedimento. Ma la stessa OCSE ci dice che i dati comparati dimostrano che la differenza fra il salario netto e quello lordo nel nostro paese è intorno al 47,6% leggermente inferiore rispetto a paesi come Belgio, Francia, Germania, Ungheria e Austria, ma superiore alla media dei Paesi industrializzati (pari al 35.6%). Come minimo questo dovrebbe far pensare che vi sono altre cause, altri rimedi per la nostra non crescita ( non che gli altri l’abbiano la ripresa). Ma oltre a dati empirici il cuneo fiscale rimane solo un aiutino alle imprese ( che avrebbero voluto un finanziamento di almeno 20 miliardi e non di un risicato 10 , come annunciato, come ha avuto a lagnarsi Squinzi). Anche questo misero ( per la Confindustria) aiutino dovrà essere finanziato attraverso i tagli di spesa pubblica
Ma mi chiedo , se questo del cuneo era anche la priorità dei governi precedenti perché dovrebbe riuscire nell’impresa il Governo Renzi, laddove – a parità di condizioni politiche e del quadro macroeconomico – il precedente Governo non ci è riuscito? Ma queste sono eccezioni di un miscredente e quindi non contano.
Perché non serve alla ripresa il cuneo fiscale?
Ammesso che si riesca a razionalizzare la spesa pubblica( tagliarla) per trovare i finanziamenti, questa inevitabilmente porta ad un restringimento del mercato interno per le imprese che sono dediti a questo settore, mentre le imprese che esportano ne traggono vantaggio in quanto comporta un abbassamento della forza contrattuale dei lavoratori e quindi dei salari quindi un abbassamento dei consumi e meno importazione. Questa semplice deduzione di logica di economia indica che in realtà questo del cuneo è solo lotta fra settori della classe imprenditoriale e vede come carne da macello i lavoratori. In questo senso non c’è nulla di nuovo. E’ la politica di cui è portavoce autorevole il ministro Padoan e tutti quelli che si sono succeduti a questo dicastero.
Una eccezione potrebbe essere che il cuneo fiscale porta ad un aumento dei salari netti e quindi ad un aumento dei consumi. Da uno studio fatto dallo stesso entourage renziano (Taddei) per un salario di 1600 euro ( che non sta ne in terra ne in cielo) nelle "tasche" dei lavoratori entrerebbero 50 euro. Questo deve fare i conti che quel che rimane del welfare in Italia e che dovrà ancora subire un taglio per 10 miliardi e ciò comporta aumento per la spesa sanitaria, per la scuola, ecc ecc . a carico dei lavoratori. Vi è quindi da aspettarsi un ulteriore dimagrimento dei salari e non un "aiutino"
Per questo l’ipotesi di cui sopra è convalidata e l’eccezione smentita.
Certo come in tutte le cose i provvedimenti non sono fallaci di per se , ma dipende dal contesto. Una riduzione del cuneo fiscale avrebbe effetti benefici se ci fosse una piena occupazione, visto la larga platea dei beneficiari e neppure una diminuzione dell’IRAP porterebbe , dato il contesto macroeconomico, ad investimenti. Perché come anche uno studente del primo anno di economia sa, la propensione all’investimento dipende dalla prospettiva del profitto e sopratutto dal tasso di profitto atteso. E sicuramente queste due precondizioni, oggi, non depongono a favore per l’investimento. Nella situazione data e data la crisi attuale gli interventi dovrebbero andare nella direzione della domanda aggregata e non nell’offerta. O comunque in un massiccio intervento verso la domanda aggregata ed a seguito nell’offerta sopratutto nella direzione del credito di impresa
Ma da sola questa politica di tipo Keynesiana non basterebbe. Oggi vi è una desertificazione industriale e in mancanza di una politica industriale, di un piano strategico le imprese fanno produttività abbassando i costi e quindi il salario. Non innovano e non introducendo innovazione tecnologica. L’altro fronte con cui si fronteggia la produttività e nel campo delle ore di lavoro. L’International Labour Office, registra che, fra i Paesi dell’Unione Monetaria Europea, è nei Paesi periferici (Italia inclusa) che si verifica che i lavoratori occupati lavorano più ore. Fra questi, il primato spetta alla Grecia, ovvero al Paese che fa registrare i più bassi tassi di crescita nell’eurozona .
Naturalmente tener conto di questi dati comporterebbe un cambio di strategia politica,una visione diversa , ma sopratutto governi e ceto politico di ben altra stoffa, di ben altra cultura e spessore.
Ma noi ci dobbiamo accontentare del rottamatore che ricicla ferro vecchio?
Messaggi
1. la balla del cuneo fiscale, 28 febbraio 2014, 23:04
In realtà il taglio al cosiddetto cuneo fiscale potrebbe anche funzionare ma a patto che si crei un nuovo ente che si occupi di assistenza e d un ente( l’INPS) che si occupi esclusivamente di previdenza. Infatti gran parte delle tasse che i lavoratori pagano( il cuneo fiscale) è per l’assistenza come la malattia, l’indennità di disoccupazione, gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione, ecc e non per le loro pensioni. In pratica con il loro stipendio i lavoratori finanziano la cosiddetta " pace sociale"! Se l’assistenza fosse pagata da tutti con fonti di finanziamento, come sarebbe giusto, autonome ed a carico della fiscalità generale, si potrebbe diminuire il carico fiscale sui soli stipendi dei dipendenti e quindi il cuneo fiscale: Inutile dire che questo è utopistico in quanto il presidente dell’INPS( che oggi conta più di un ministro e può far cadere un governo) si vedrebbe sottratta una bella fetta di potere e così anche numerosi boiardi di stato che hanno costruito le loro rendite di posizione proprio su quell’ente.
michele
1. la balla del cuneo fiscale, 1 marzo 2014, 12:38, di Zag(c)
Stante la situazione italiana e il contesto spostare il prelievo direttamente dei lavoratori nella fiscalità generale è come prendersi per i fondelli, visto che sono solo i lavoratori dipendenti e pensionati a pagare le tasse. Oltre al danno anche la beffa! L’articolo però non poneva al centro della questione se l’assistenza sociale deve essere a carico dei lavoratori o alla fiscalità generale CHe è un altro tema. Ma solo che abbassando il costo del lavoro non si crea lavoro! Sopratutto in periodi di crisi e di deflazione! Infatti nemmeno i guru del neoliberismo la dicono così. Sono solo i nostri saltinbanchi politici e giornalisti economici ( alla Giannini) che la mettono cosi. La diminuzione del costo del lavoro serve solo per le aziende esportatrici che devono vendere all’estero a minor prezzo e impedire che vi sia richiesta di domanda interna. Altrimenti aumenta l’importazione.
2. la balla del cuneo fiscale, 1 marzo 2014, 22:44
scusa "Zag", come si dice alla Bocconi," ho pisciato fuori dal vaso". A mia ( parziale) discolpa vorrei dire che mi sembrava ovvio che il semplice abbassamento del costo del lavoro non sarebbe bastato a far diminuire la disoccupazione. Basta vedere la situazione reale nei paesi industrializzati:in America i salari minimi sono stati alzati ma la disoccupazione scende ( peraltro con tassi di crescita che loro giudicano deludenti ma che in Italia possiamo solo sognarci), in Germania la manodopera costa il 40% in più che in Italia ma la disoccupazione scende, in Svezia e Finlandia la disoccupazione sta scendendo ( ma è sempre stata bassina) nonostante un costo della manodopera altissimo ( e tasse elevatissime). Al contrario in Italia, Spagna e Grecia la disoccupazione resta elevata, se non elevatissima, nonostante il costo reale per dipendente diminuisca. Ovviamente i costi per un’azienda non sono quelli del personale che in alcuni casi sono meno del 10% per unità di prodotto ma comprendono burocrazia, tasse, trasporti, disponibilità di manodopera qualificata,possibilità di fare straordinari e decine di altri.
michele