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manifestazione antifascista a Genova

Publie le domenica 18 gennaio 2004 par Open-Publishing

Sassi e bulloni contro i carabinieri

ALTA TENSIONE Dopo due ore di slogan un gruppo di manifestanti attacca i
militari che abbandonano un Defender in piazza
Corteo antifascista pacifico fino a Quinto. Poi saltano i nervi

Finisce con i carabinieri che arretrano sotto il ponte della ferrovia,
nella piazza della stazione di Quinto, bersagliati da bulloni, pietre,
mentre due razzi sibilano ad altezza d’uomo e s’infilano tra i caschi e gli
scudi del plotone. Finisce con un Defender dell’Arma abbandonato in mezzo
alla piazza, distrutto dalle pietrate, dalle bottigliate, colpito dai
fumogeni, mentre una frangia di anarchici viene affrontata e ridotta alla
ragione dagli stessi manifestanti. A calci e pugni. Non una manganellata
dalla polizia, non una carica, un lacrimogeno, ma tensione quella sì,
tanta, dopo una giornata di attesa, con Nervi e Quinto blindate dagli
agenti in assetto anti sommossa, con i negozi chiusi e gli abitanti dietro
alle finestre.

Si è risolta così, dopo due ore e mezzo di soli slogan cantati e urlati per
le vie del levante, e venti minuti di follia davanti alla stazione di
Quinto, la manifestazione antifascista del fronte dei centri sociali e
degli anarchici del Nord Italia. Sono arrivati in millecinquecento da
Milano, Torino, Livorno, Savona e da tutta Genova. Don Gallo in prima fila
e tra i politici solo esponenti di Rifondazione comunista. Si temevano
scontri. Non ci sono stati. Si temeva un assalto alla sede di Forza Nuova.

Il corteo si è fermato prima, tra via Gianelli e via Filz.
Solo una piazza ha rischiato di rovinare tutto. Ancora una piazza come tre
anni fa, durante il G8. Non una nuova Alimonda, però: mancavano i
carabinieri a bordo del Defender abbandonato, non c’erano persone ad
assediarlo da vicino, solo un gruppo di anarchici, probabilmente livornesi
o milanesi, esasperati per il clima «troppo pacifico» con cui il corteo
stava terminando. Decisi a dare «un segnale forte» di opposizione al
«ritorno dei nazi fascisti», smaniosi di estrarre i bastoni infilati nelle
maniche, le bottiglie mal celate nelle tasche. Si sono limitati a lanciare
a distanza.

Il Defender, un mezzo della stazione di Bargagli che i centri sociali
definiranno a manifestazione conclusa «una provocazione per bollare tutto
il movimento come violento», è stato semi distrutto. Nessuno si è ferito,
né tra i carabinieri bersagliati, né tra gli abitanti di Quinto che si sono
trovati per caso in mezzo alla sassaiola, scattata sventuratamente proprio
all’arrivo di un treno.

Venti minuti di anarchia pretesi da una minoranza, isolata con efficacia
dagli oltre 1500 manifestanti, armati solo delle proprie idee anti
fasciste: «Forza Nuova è anti costituzionale e deve essere chiusa dalle
istituzioni. Il loro silenzio è il segno di un fascismo strisciante al
quale ci stiamo abituando. Dobbiamo tornare ai valori della Resistenza, i
valori di cui ci sentiamo figli».

Valori che il corteo ha cantato, con le parole di "Bella ciao", e ha
gridato, con i più graffianti e violenti degli slogan del passato, rivolti
alle "camicie nere", al "fascio". Slogan scritti con vernice nera sui
palazzi, persino su una chiesa, San Siro, sulle banche, tra piazza
Pittaluga e via Gianelli, dopo aver cancellato i simboli nazi lasciati dai
manifestanti di Forza Nuova, a novembre. Oggi come allora, è finita con la
stessa conta dei danni di abitanti e commercianti e lo stesso, lunghissimo,
sospiro di sollievo.

dal secolo xix