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25 Aprile! "Ad un’amica"

Publie le martedì 13 aprile 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Renna (Giorgi Renato)

Questa è la storia di una grande donna, che come tante altre italiane, hanno
partecipato alla Resistenza. La racconto perché l’ho vissuta e perché a questa
donna, coraggiosa e leale, ho voluto bene. Un bene puro, senza cattiveria e senza
maldicenza per i malpensanti.

Ho conosciuto Olga (Nella Lombardo) - di origine genovese - nel giugno del ’44
in Val Borbera, con i partigiani. Io provenivo dalla Val Trebbia e mi sono unito
alla sua formazione partigiana, comandata da Marco. Olga a quel tempo, era giovane
e pur non essendo bella era carina possedeva una grande carica di simpatia. Parlava
pacatamente però era piena di una "grinta" tale, da suscitare invidia tra gli
uomini. In tutto il gruppo eravamo solo in cinque genovesi, Lei compresa, e stringemmo
subito amicizia raccontandoci vicendevolmente le nostre storie.

Ed ora è la storia di Olga che voglio ricordare, in sua memoria e perché altra
gente leggendo queste righe possano conoscerla.

Originaria di Savignone, nella Valle Scrivia, e lì sfollata in tempo di guerra,
però era a lungo vissuta a Genova. Per i suoi motivi personali, nutriva un odio
profondo nei confronti dei Nazi-fascisti e decise perciò di unirsi ai Partigiani
della Val Borbera. Erano i primi mesi del ’44 e le formazioni erano ancora composte
da gruppi esigui ma nonostante ciò Lei si unì a loro e fu subito benvoluta da
tutti e in special modo da Marco, il Comandante, un biondo e bel ragazzo milanese
che nutriva molta stima nei suoi confronti.

Quando io giunsi tra loro, con altri due genovesi, erano circa una quarantina,
tutti giovani, come del resto anch’io. In gran parte provenivano dalla Pianura
Padana e dalle colline di Tortona e Voghera, tutti scappati dalla loro casa per
non cadere nelle mani del nemico e finire prigionieri in Germania e per difendere
il loro ideale antifascista. Elencare i nomi di tutti è superfluo, per chi non
li ha conosciuti, ma io li ho ancora tutti nel cuore.

Non è facile raccontare brevemente un anno di montagna passata con Olga e con
i miei compagni perché dovrei scrivere un romanzo, ma almeno due episodi e due
nomi a Lei legati, li voglio ricordare.

Il primo nome è " Kikirikì ", alto, forte e gran combattente - medaglia d’oro
alla Resistenza, seppellito al suo paese, Viguzzolo (AL). - Kikirikì (Virgilio
Arzani) proveniva dal paese che diede il maggior numero di Partigiani, in quella
zona, era Tenente dei Bersaglieri, e fu uno dei primi a salire in montagna per
combattere il fascismo. Subimmo nell’agosto del ’44 un rastrellamento nelle gole
di Pertuso (Val Borbera) e ci scontrammo con fascisti e tedeschi. Le forze avversarie
erano maggiori delle nostre e fummo costretti a ritirarci lasciando sul terreno
morti e feriti. Kikirikì, ferito ad un ginocchio, fu messo su un carro e trasportato
a Caldirola, dove funzionava un ospedale provvisorio, seguito da Olga. Insieme
con gli altri fu curato, con Olga sempre al suo fianco, amorevole infermiera,
che anche in questa occasione dimostrò di essere una donna eccezionale e con
un forte e meraviglioso carattere.

Noi restammo invece sulla collina a combattere la guerriglia.

Tedeschi e Brigate nere puntarono verso l’alto convinti di trovare noi, purtroppo,
scoprirono i nostri feriti. Forse i tedeschi della Wermacht li avrebbero lasciati
vivere, ma i brigatisti neri, famelici lupi, li uccisero con bombe a mano, incattiviti,
anche dalla presenza di Kikirikì di cui conoscevano l’eroico comportamento di
partigiano. Alla sua morte un brigatista disse: - ora Kikirikì non canta più.
Piansi per la sua morte, e per il destino di Olga, forse peggiore. Infatti, finito
il rastrellamento scoprimmo che era stata fatta prigioniera e condotta alla Casa
dello Studente di Genova, posto orribile per gli antifascisti. Con uno scambio
di ufficiali tedeschi, nostri prigionieri, riuscimmo a liberarla. Rivedemmo Olga,
ci abbracciammo e Lei ci raccontò le torture psicologiche subite durante la sua
prigionia. Insieme si pianse. E tutti insieme ritornammo a combattere.

Il secondo nome è quello di Marco, il nostro comandante, grande amore di Olga.
Si volevano molto bene ed avevano deciso di sposarsi, a fine guerra. Ma il destino
pensò di dividerli. Marco morì l’ultimo giorno di combattimento. Per Olga fu
un dolore immenso e straziante. Lo ha sempre ricordato per 43 anni, finché la
morte non ha preso anche lei.

Dopo una lunga ed inesorabile malattia Olga ha accolto la morte come una liberazione,
felice di unirsi al suo amore. Ha lasciato tanti scritti bellissimi. Con un gesto
di generosità, ha donato una borsa di studio - a nome di Marco - ad uno studente
meritevole.

Non si può non averle voluto bene. Non ha mai conosciuto felicità, se non accanto
a Marco, troppo breve. Ricordo che in tutti questi anni per la festa del 25 Aprile,
ci incontravamo sulle "nostre montagne", e Lei era sempre con noi, a ricordare
i nostri morti, da Kikirikì (Viguzzolo) a Marco (S.Sebastiano Corona) dove oltre
alla scuola a suo nome è stato eretto un monumento in sua memoria.

Il prossimo anno nelle nostre preghiere il giorno del 25 Aprile, di fronte alle
lapidi dei caduti, ci sarà anche lei, non più vicino a noi ma sempre nei nostri
cuori.

Qui termina il mio " ricordo " dedicato ad Olga e ai compagni morti per la Patria,
ma soprattutto morti per seguire un loro ideale. Olga è mancata nel Luglio 1988.

Queste frasi sono state scritte con il cuore da "un" Partigiano, ma a nome di
tutti quelli che l’hanno conosciuta sulle montagne.

Ciao Olga, riposa in pace, insieme ai nostri amici di tutta una vita, conservateci
un posto vicino a Voi.

Un partigiano della Brigata Arzani

10.04.2004
Collettivo Bellaciao