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Dazibao Europa Vittorio Agnoletto
di Vittorio Agnoletto
Spetterà oggi al Parlamento europeo, chiamato a votare per la prima volta sulla
guerra, dimostrare o meno la propria disponibilità a rappresentare la volontà della
maggioranza dei cittadini dell’Unione. Il dibattito sarà ovviamente segnato dalla
drammatica vicenda del rapimento dei quattro volontari di "Un Ponte per... " e
dal destino ancora in sospeso di tutti gli altri ostaggi.
Due sono gli obiettivi, diversi e autonomi l’uno dall’altro, ma fra loro in forte
continuità politica che ci siamo posti come Gue.
Innanzitutto ottenere, con lo schieramento più ampio possibile, l’approvazione di una mozione, che, mentre chiede l’immediato rilascio degli ostaggi, inviti esplicitamente i governi coinvolti nell’occupazione ad un «cessare il fuoco». Questo significa chiedere da subito la sospensione dei bombardamenti, cosi come richiesto dal coordinamento delle Ong e così come invocato da quelle stesse donne e uomini che nei giorni scorsi sono scesi in piazza a Baghdad per chiedere la liberazione degli ostaggi. Nessuna credibilità può infatti avere chi, mentre a gran voce chiede l’immediato rilascio delle persone rapite, continua a sganciare bombe sulle città.
Il secondo obiettivo, contenuto in una mozione presentata per ora solo dal Gue, è la richiesta del ritiro di tutte le truppe straniere dall’Iraq: un elemento costitutivo dell’identità stessa di chi, come noi, vuole porre definitivamente la guerra fuori dalla Storia. Nessuno può quindi accusarci di subalternità alle richieste avanzate dai supposti rapitori. Anzi, proprio mantenendo immodificati i nostri obiettivi e quindi la nostra autonomia, ribadiamo il nostro irriducibile antagonismo verso la/e guerra/e e il/i terrorismo/i, fenomeni che rispondono a precise ed autonome soggettività e strategie politiche, ma che si alimentano a vicenda.
Non sappiamo chi siano i responsabile dei rapimenti, né chi li abbia politicamente ispirati, ma se osserviamo attentamente quanto avvenuto a Baghdad non sfugge l’oggettiva convergenza contro l’opera dei pacifisti. Chi semina il terrore cerca di accreditarsi, sulla scena nazionale e internazionale, come la voce del popolo iracheno e quindi agisce per obbligare ad abbandonare il campo tutti coloro che cercano di costruire relazioni sociali in grado di favorire l’affermazione di una società civile irachena. D’altra parte l’attuale governo fantoccio iracheno, cosi come gli occupanti, hanno urgenza di liberarsi di testimoni scomodi pronti a denunciare violazioni dei diritti umani, bombardamenti indiscriminati e torture.
Se tutti i giorni attraverso messaggi di morte e di violenza i signori della guerra e del terrore cercano di esibire la loro forza, noi siamo ben consapevoli che la posta in gioco è il futuro stesso dell’umanità e che con noi, in Europa come in Medioriente, vi sono milioni di persone che hanno deciso di non cedere, di continuare nel proprio impegno quotidiano, proprio come Simona, Simona, Ra’ad e Mahnoaz.