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Dazibao Religioni Viviana Vivarelli
di Viviana Vivarelli
Scritto dopo la ‘Lettera dei vescovi alle donne’ e il bell’articolo di Adriano
Sofri che è apparso dopo ferragosto 2004 su Repubblica sull’”ostinata resistenza
delle istituzioni teologiche all’accesso della donna al potere sacro”
Tre miliardi e mezzo di donne, tre miliardi e mezzo di esseri indubbiamente umani, tre miliardi di misteri (come dice Sofri: “Le donne invisibili”), ognuna singolarmente diversa e individuata, tre miliardi e mezzo di esseri congiunti geneticamente da una specificità biologica che fissa una distinzione nella loro stessa specie, una diversità che riposa nel loro corpo, nei suoi cicli e ritmi e nella sua funzione feconda, e che si staglia nella loro mente e nella prevalenza del lobo temporale destro che dà loro maggiore intuizione, senso dell’unione e della relazione, capacità analogiche e simbiotiche, propensione simbolica, funzioni di cura e tutela, partecipazione e conservazione, e in quel corpo calloso che come insieme di cellule nervose relaziona e contatta continuamente i due emisferi, proponendo continuamente più ottiche diverse, logica e analogica, analitica e intuitiva, pragmatica e onirica, contingente ed eterna, contro la prevalenza analitica e rigida degli uomini.
Tre miliardi e mezzo di esseri voluti dalla natura esattamente così, come controparte dei maschi, l’altra parte del cielo, come diceva Mao, non il sesso oscurato, l’umanità alienata o emarginata, come ha voluto la Storia, i corpi senz’anima intesi dalla politica, i senza potere dei sistemi religiosi, ma esattamente ciò che deve essere in virtù dell’integrazione delle polarità per costituire un intero armonico: la coppia, i partner, l’unione. Ma non da noi. Per duemila anni. E per quanto ancora? Come dice Sofri: “Il rapporto dominazione/subordinazione deve cedere alla reciprocità e alla mutua comunione”, perché “L’uno è impensabile senza l’altra”.
La natura ha una sua intelligente finalità che la cultura disconosce. Ha creato due esseri diversi perché costituissero una diade funzionale al mantenimento della vita della materia e al progresso della vita dello spirito, due distinti complementari, attratti proprio dalle loro diversità e in grado di integrarsi grazie alle loro distinzioni, sia nel corpo come nella mente, un insieme perfetto, “Già al centro dell’utopia politica stava il sogno di un’umanità multiversa, in cui tutti fossero tutto” (Adriano Sofri). Ma questo prima dell’intervento del Potere. Perché il Potere ha sempre avuto bisogno di divisioni, di gerarchie (diavolo è dia ballein = ciò che divide), il Potere spezza ciò che è naturale e complementare per imporre ciò che sopravanza a domina. Il Potere non riconosce integrazioni, pone scalini, subalternità. Usa ciò che è naturale per creare privilegi, riserve, rendite acquisite, dislivelli. Non relaziona, non crea diadi, mette sotto il tallone, ha bisogno di disparità, non di collaborazioni paritarie.
E il Potere diventa politica, cultura, storia, costume, religione e massimamente il è il punto dove politica, cultura, storia, costume e religione si mettono insieme per sancire la prevaricazione di un gruppo su un altro.
Forse sono esistite un tempo ere matriarcali dove esistevano solo suddivisioni di compiti all’interno di un ideale Eden equidistributivo. Ma poi sono succedute ere patriarcali dominate dallo schema gerarchico a base maschile, dove le donne sono state relegate a funzioni subordinate e sono state escluse dalle funzioni direttive e perfino da quelle sacerdotali. Strana sorte per un genere che aveva avuto per natura più aperti il canale con l’Altro da noi, la comunicazione col cielo degli dei, l’intuizione divina e quella paranormale. Ma il Potere non rispetta i voleri della Natura e ne impone altri basati sull’utile di alcuni.
Per i primi tre secoli, le iniziali comunità cristiane avevano vissuto senza dramma la concezione paritaria tra uomo e donna, diversi geneticamente, ma uguali per diritti e doveri. La visione di un Dio superiore, Dio di tutti, maschile quanto femminile, si riverberava in una società paritaria e integrata, in un rapporto egalitario tra uomo e donna, senza discriminanti sessuali, per cui anche le donne avevano diritto al sacerdozio e potevano esercitare il potere politico. Storicamente però prevalse quella parte del Cristianesimo che si appoggiò al potere di Roma, ereditando i suoi principi gerarchici, patriarcali e maschilisti, che emarginarono le donne dal potere e dal sacro e imposero un Dio al maschile, come se una pura entità spirituale potesse essere concepita come Uomo o Padre piuttosto che come Donna o Madre. In modo molto più equilibrato tutte le religioni antiche avevano divinizzato le valenze femminili e quelle maschili del mondo, creando, col Figlio o bambino, una trimurti sacra, che comprendesse i due tipi di energia, la loro unione e il loro frutto.
Al Concilio di Nicea, convocato da Costantino nel 325, parteciparono 318 Padri della novella Chiesa cristiana, che stabilirono le regole della nuova religione, fissarono la domenica, il Natale, la Pasqua, come si doveva intendere Dio e come doveva essere vista la figura del Cristo. La Trimurti sacra divenne il dogma della Trinità, la famiglia delle energie divinizzate divenne una strana famiglia tutta al maschile: Dio, Cristo e Spirito Santo, da cui l’elemento femminile fu espunto con un semplice atto di prepotenza politica. Eppure è San Paolo che dice: “In Cristo non c’è più padrone né schiavo, non ebreo né greco, non uomo né donna”.
Dopo Nicea inizia per il Cristianesimo una storia nuova. Costantino dà a Roma il ruolo privilegiato di capitale della Cristianità e al vescovo di Roma il titolo di Papa; a poco a poco il Papa fissa i dogmi, assume potere e infallibilità, sancisce in modo sempre più rigoroso la separazione e la subordinazione delle donne. Costantino è da capirsi: aveva davanti una situazione incredibile di anarchia religiosa che gli rendeva difficile amministrare lo stato al punto da temere la sua disgregazione. Le varie correnti religiose erano in lotta tra loro, occorreva semplificare le cose e imporre un ordine. Costantino non si curò mai di diventare cristiano, l’apparizione in cielo della croce scintillante fa parte di un mito utilitaristico. Nei fatti la chiesa cristiana era la più numerosa e ricca dell’Impero e Costantino le dette il primato, così come uno stratega darebbe il primato alla multinazionale più forte. I fatti non erano accattivantI, vista la corruzione, non fu un premio al merito.
Cipriano scriveva: “I vescovi occupavano lucrose cariche governative, accumulavano fortune, prestavano denaro a interesse usuraio e rinnegavano la loro fede al minimo segno di pericolo”. Ed Eusebio: “I preti litigavano aspramente tra loro per le promozioni ecclesiastiche”. W. Durant: “...in quegli anni (342-3) vennero trucidati più cristiani di quanti ne fossero stati uccidi dai pagani durante le persecuzioni. I cristiani erano divisi su tutti i punti salvo uno: che i templi pagani dovessero essere chiusi e le proprietà confiscate”. Così Costantino impose l’ordine: la chiesa cristiana avrebbe avuto il primato ma si sarebbe data una struttura conforme ai principi di Roma. Poi si inventarono la leggenda dell’apparizione della croce miracolosa e della conversione, ma c’era solo spirito politico. Occorreva una religione forte e stabilire che Cristo era Dio era un notevole punto di forza. Riprendere il maschilismo romano fu un altro. Si seguì la ragion di stato, che non ha mai aderito alla verità alla giustizia ma solo all’autoconservazione. Costantino riconobbe ufficialmente la Chiesa di Roma come chiesa di stato, la Chiesa si adeguò ai valori romani, in cui la donna non aveva riconoscimento. Fu un patto tra Poteri per un beneficio di entrambi.
Dalle posizioni paritarie delle comunità gnostiche si passò a una struttura misogina e gerarchica, simile allo Stato romano. Sparì ogni dualismo naturale, la donna fu emarginata dai luoghi del potere e dalla spiritualità, all’uso greco, romano o ebraico, relegata in posizione subordinata e, fino al 1300, addirittura privata del riconoscimento dell’anima, ne seguì una conforme interpretazione della Bibbia dove la donna non fece mai bella figura, apparve come il corpo diabolico, lo strumento del diavolo. Sempre spregiare qualcuno quando lo vuoi aggredire! Ogni valenza femminile fu eliminata dall’Olimpo religioso cristiano, insieme all’amore sessuale e al rispetto per la natura, e si consolidò una religione politica, innaturale, maschile. Esiliata la Dea Madre, onnipresente figura di ogni Olimpo antico, l’ambigua figura dello Spirito Santo venne a riempire il vuoto forzoso. La Chiesa cristiana tradì ogni modalità del femminile, con conseguenze enormi sulla storia dell’Occidente, dei suoi costumi, del suo pensiero, della politica e della gerarchia dei valori, non diversamente da quanto avevano fatto in pratica le religioni orientali e da come fecero successivamente i fondamentalisti islamici.
A che serve che oggi venga questa ambigua ‘Lettera dei Vescovi’ a dire o non dire? Di fronte al modo con cui i Talebani o gli imam trattano le loro donne, la Chiesa rivendica una politica migliore? La Chiesa totalitaria può avanzare una qualche forma di democrazia? Una democrazia che come minimo dovrebbe partire dal riconoscimento dell’altra? A che serve che la Chiesa senta oggi il dovere di ribadire la sua posizione come migliore del fondamentalismo islamico?
Storicamente la Chiesa cattolica negò alle donne non solo l’accesso al sacro, ma anche la guida dei fedeli, tradendo la sua missione che era quella di camminare nel luogo dello Spirito e non del Potere, dell’unione e non della divisione. Ancor oggi il delitto che la Chiesa non perdona e contro cui scaglia scomuniche, il delitto più grave anche della pedofilia, è l’accesso delle donne al sacerdozio. La pedofilia è perdonata, ma chi apre il potere alle donne no. Ciò dissesta la Chiesa di Roma. Perché dovrei vederci delle squisite differenze col mondo islamico o ebraico?
Noi concordiamo con Elizabeth A. Johnson che dice: “In Gesù Cristo incontriamo il mistero di Dio, che non è né maschio né femmina”. Ma la legislazione biblica ha carattere patriarcale, ricorda Sofri ”la donna non è una persona ma una proprietà: Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo o schiavo, il suo bue o il suo asino”. Se la Chiesa rifiuta il riconoscimento del femminile “nella Grecia classica la donna è finita agli arresti domiciliari, declassata dalla stessa passione amorosa”, soppiantata dall’efebo, non è neppure più oggetto d’amore. Di questo noi siamo figli.
Papa Luciani disse clamorosamente che Dio era Madre e Padre, ma morì altrettanto clamorosamente, prima che qualsiasi progetto di riforma venisse a strutturare nei fatti un nuovo riconoscimento. Papa Giovanni predisse l’avvento di un’era di donne, intendendo che il mondo si sarebbe salvato solo se avesse riattivato in sé i valori del femminile: la cura e la conservazione della vita e della Terra, contro il dominio, lo sfruttamento e l’arbitrio, che sono le cattive valenze del maschile.
Eppure quelle prime chiese di martiri, quei gruppi catacombali che affrontarono la morte nell’arena pur di affermare la nuova parola erano in prevalenza donne, che, sintonizzate sui valori dell’amore e della compassione, sognavano un nuovo riscatto. Ma nei primi secoli dopo Cristo ogni comunità cristiana interpretò a suo modo il ruolo della donna. La setta fondata da Paolo di Tarso riprodusse i pregiudizi ebraici e romani, rifacendosi all’Antico Testamento, che delineava una situazione maschilista patriarcale. Paolo disse: “Non permetto alla donna di insegnare, né di avere autorità sull’uomo, essa può stare solo in silenzio. Adamo, infatti, fu creato per primo e poi Eva. Non fu Adamo a essere sedotto, ma fu la donna a essere sedotta dalla trasgressione”.
Tertulliano definirà la donna “porta del demonio” e chiederà che porti il velo. Similmente San Gerolamo la chiama “strumento del diavolo”. Invece nel Vangelo apocrifo di Tommaso (gnostico), a Pietro che dice: “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita” Gesù ribatte: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a noi maschi. Poiché ogni femmina che si fa uomo (cioè persona), entrerà nel regno dei cieli”. Inizialmente non c’e’ Adamo ed Eva ma c’è Ish e Isha, uomo e uoma, persona e persona, due persone uguali di valore che formano uno. Secondo gli gnostici, Gesù rompe con la tradizione, affermando per la prima volta la totale uguaglianza tra uomo e donna, ma la Chiesa vincente tradisce questo mandato, ristabilendo la tradizione, e dalla sua scelta derivano le posizioni dure di oggi come l’indissolubilità del matrimonio o il divieto dell’aborto o il peccato del sesso o il divieto matrimoniale dei sacerdoti.
Come vi è una sessualità maschile e femminile, così vi è uno psichismo maschile e uno femminile, ma la cultura occidentale non lo accetta, perché è nata da tre matrici: l’immaginario greco, quello ebraico e quello cristiano, che pongono il loro potere solo sul maschile.
Forse il Cristo si sposò, del resto un uomo della Palestina era mal visto se non si sposava, forse ebbe dei figli, forse dei fratelli, sicuramente non era misogino né trattava le donne come esseri inferiori e non avrebbe mai pensato che in suo nome la donna sarebbe stata privata dell’anima per 1300 anni e che anche dopo due millenni le sarebbe stato vietato di esercitare il sacerdozio. Se era un Cristo di amore e se la sua parola era rivoluzionaria, a maggior ragione non avrebbe mai convalidato questi fatti. Sicuramente ci fu un tradimento, della Natura in primo luogo, del Cristo poi, dello spirito di libertà e rispetto umano sempre.
Nei Vangeli gnostici si parla di amore tra uomo e donna, e si dice che sono esseri simili, e che anche la donna deve crescere nella conoscenza, dunque non si pone limite alle sue facoltà intellettive. La vera rivoluzione della parola del Cristo non era stata solo la liberazione degli schiavi ma la liberazione delle donne. Che parola di libertà sarebbe stata la sua, se avesse lasciato metà dell’umanità in una condizione di dipendenza? Per questo il messaggio cristiano trovò così largo consenso femminile. Per questo le prime martiri erano disposte a dare la vita per il nuovo credo. Non certo per cadere in un giogo uguale all’antico. La parola del Cristo destò tanto fervore perché vi si parlava di amore, caratteristica femminile, e non di potere, regola del maschile, ma altrettanto sicuramente perché vi si parlava di libertà ‘per tutti’.
Dice Dan Brown nel suo bestseller ‘II Codice Da Vinci’:
“Nessuno poteva negare l’enorme bene fatto dalla Chiesa nel mondo sofferente di oggi, ma essa aveva alle sue spalle una lunga storia di inganni e di violenze. La sua brutale crociata per rieducare le religioni pagane e il culto della femminilità era durata tre secoli e aveva impiegato metodi astuti e terribili. L’opera più sanguinaria era stata il manuale contro le streghe, il Malleus maleficarum, contro ‘il pericolo delle donne che pensano liberamente’ che aveva insegnato al clero come individuarle, torturarle e distruggerle. La categoria delle streghe comprendeva tutte le donne istruite, le sacerdotesse, le zingare, le amanti della natura, le erboriste... anche le levatrici erano uccise per la loro pratica eretica di servirsi di conoscenze mediche per alleviare i dolori del parto, una sofferenza che per la Chiesa era la giusta punizione di Dio per la tentatrice...
La donna, un tempo celebrata come l’essenziale metà dell’illuminazione spirituale, era stata bandita dai templi... Non ci sarebbero state rabbini di sesso femminile, né sacerdotesse cattoliche, né imam islamiche. L’atto, un tempo sacro, dello yeros gamos, l’unione sessuale tra uomo e donna, con cui ciascuno dei due acquistava l’unità spirituale, era stato ridefinito come peccato!.. I giorni della dea erano finiti... La Madre Terra era divenuta un mondo di maschi e gli dei della distruzione e della guerra avevano prelevato il loro terribile tributo. Per due millenni l’io maschile non era stato frenato dalla sua controparte femminile”.
E ora viene questo messaggio dei Vescovi alle donne.
Che cosa vuol dimostrare? Di cosa vuole convincere che la storia non abbia gia’ rovinato?