Home > Il Pentagono, nuovo signore degli slum
4 giugno ore 16.00 corteo nazionale "CONTRO LE GUERRE PER LA PACE" con partenza
da Piazza della Repubblica Roma
di Mike
Davis
Il giovane marine americano esulta. "è il sogno di tutti i cecchini", dice a
un giornalista del Los Angeles Times alla periferia di Fallujah. "Puoi andare
dappertutto e ci sono molti modi di sparare a un nemico senza che si accorga
di dove sei".
"A volte ferisco un tipo e lo lascio gridare un poco per abbattere il morale
dei suoi compagni. Poi sparo un secondo colpo."
"Uccidere un nemico," spiega, "ti dà una scarica di adrenalina incredibile".
Si vanta di avere fatto "24 vittime confermate" nella fase iniziale dell’attacco
brutale degli Usa alla città ribelle di 300 mila abitanti.
Di fronte a una resistenza popolare e ostinata che ricorda la difesa di Hue da
parte dei Vietcong nel 1968, i marine hanno scatenato di nuovo un terrore indiscriminato.
Secondo i giornalisti indipendenti e il personale medico, hanno massacrato almeno
duecento donne e bambini nelle prime due settimane di combattimento.
Nella battaglia di Fallujah, come nei conflitti che si stanno svolgendo nelle
città sciite e nei quartieri poveri di Baghdad, la posta in gioco è alta: non
solo la politica statunitense in Iraq, ma anche al capacità di Washington di
dominare quello che gli strateghi del Pentagono chiamano "il campo di battaglia
del futuro": le città del Terzo mondo.
La sconfitta di Mogadiscio nel 1993, quando le milizie locali fecero fuori il 60 per cento degli Army Rangers, ha costretto gli strateghi americani a ripensare quello che in "pentagonese" è noto con il nome di Mout: "Militarized Operations on Urbanized Terrain", ovvero operazioni militari su territori urbani. Una relazione del National Defense Panel del dicembre 1997 ha accusato l’esercito di essere impreparato di fronte a combattimenti prolungati nei quartieri labirintici, pressoché impenetrabili, delle più povere città del Terzo Mondo.
Di conseguenza, le quattro forze armate, coordinate dal Joint Staff Urban Working Group, hanno messo a punto un programma intensivo per acquisire le competenze necessarie ai combattimenti in strada in condizioni realistiche simili a quelle del terzo mondo. "Il futuro della guerra", ha dichiarato il giornale dell’Army War College, "è nelle strade, nelle fognature, nei palazzi e nei quartieri di cui sono fatte le città dissestate di tutto il mondo".
Così sono stati invitati in segreto dei consulenti israeliani per insegnare ai marine, ai ranger, e ai navy seal le tattiche più avanzate - soprattutto la sofisticata coordinazione tra i cecchini e le squadre di demolizione con carri armati ed enormi forze aeree - usate spietatamente dalle forze di difesa israeliane a Gaza e in Cisgiordania.
Sono stati costruiti dei paesaggi urbani artificiali (completi di "fumo e sistemi sonori") per simulare condizioni di combattimento in quartieri densamente popolati di città come Baghdad o Port-au-Prince. L’Urban Warfighiting Laboratory dei marines ha anche simulato dei realistici giochi di guerra ("Urban Warrior") a Oakland e Chicago, mentre il comando per le operazioni speciali dell’esercito ha "invaso" Pittsburgh.
Molti dei marine oggi a Fallujah hanno preso parte a queste esercitazioni di Urban Warrior, come pure a simulazioni di combattimento a "Yodaville" (il centro di addestramento urbano di Yuma, Arizona), mentre alcune delle unità delle esercito che circondano Najaf e la baraccopoli di Sadr City a Baghdad sono ex allievi del nuovo simulatore Mout di Fort Polk, Louisiana, costato 34 milioni di dollari.
Questa "israelizzazione" tattica della dottrina di combattimento statunitense è stata accompagnata da una "sharonizzazione" della visione del Pentagono. Gli strateghi militari sono adesso impegnati a immaginare come la guerra ad alta intensità tecnologica, in continua evoluzione, possa contenere, se non distruggere, le insurrezioni croniche dei "terroristi" che hanno le loro radici nella disperazione delle baraccopoli che crescono a vista d’occhio.
Per sviluppare il quadro geopolitico in cui collocare la nuova guerra urbana, i pianificatori militari negli anni ’90 si sono rivolti alla Rand Corporation: l’alma mater del dottor Stranamore. Rand, un think-tank no-profit fondato dall’aviazione nel 1948, è conosciuta per aver simulato negli anni ’50 un conflitto nucleare e per aver aiutato a pianificare la guerra del Vietnam negli anni ’60. Oggi la Rand "fa" le città - su grande scala. I suoi ricercatori analizzano le statistiche sul crimine urbano, le condizioni di salute nelle città e la privatizzazione dell’istruzione pubblica; gestiscono anche l’Arroyo Center dell’esercito, che ha pubblicato recentemente una collana di studi sul contesto e le dinamiche della guerra urbana.
Uno dei progetti più importanti della Rand, iniziato nei primi anni ’90, è un grosso studio su "come i cambiamenti demografici influiranno sui conflitti futuri". L’idea di base, sostiene la Rand, è che l’urbanizzazione della povertà mondiale ha prodotto "l’urbanizzazione delle insurrezioni" (il titolo della loro relazione).
"Gli insorti seguono i loro inseguitori nelle città", dice la Rand, "creando delle ’zone liberate’ nelle baraccopoli. La dottrina americana, l’addestramento e l’equipaggiamento dei soldati non sono adatti alle azioni di controllo della guerriglia urbana". Di conseguenza, lo slum è diventato l’anello debole dell’impero americano.
I ricercatori della Rand riflettono sull’esempio dell’El Salvador, dove i militari locali, nonostante l’appoggio massiccio degli Stati Uniti, non sono stati in grado di impedire ai guerriglieri del Flnfm di aprire un fronte urbano. Anzi, "se i ribelli del Fronte di liberazione nazionale Farabundo Mart“ avessero operato efficacemente nelle città fin dall’inizio dell’insurrezione, non è chiaro fino a che punto gli Stati Uniti sarebbero riusciti a mantenere la situazione di equilibrio che si era creata tra il governo e i ribelli".
Più d recente, un importante teorico dell’aviazione ha espresso simili preoccupazioni sull’Aerospace Power Journal. "La rapida urbanizzazione dei paesi in via di sviluppo", scrive il capitano Troy Thomas nel numero della primavera 2002, "risulta in un ambiente di battaglia sempre più difficile da capire perchÉ sempre meno pianificato".
Thomas mette a confronto i centri urbani moderni, "gerarchici", le cui strutture centralizzate possono essere facilmente paralizzate dagli attacchi aerei (Belgrado) o da attacchi terroristici (Manhattan), con gli slum delle periferie del Terzo mondo, in continua crescita, organizzati in "sottosistemi informali, decentralizzati", dove non esistono schemi, e i punti su cui far leva non sono facilmente individuabili". Prendendo a esempio "il mare di squallore umano" che circonda la città di Karachi in Pakistan, Thomas illustra l’incredibile sfida di "un combattimento asimmetrico" su territori urbani "non nodali, non gerarchici", contro milizie "originate dai clan" e animate dalla "disperazione e dalla fame". Cita le estese baraccopoli di Lagos, Nigeria, e di Kinshasa, nel Congo, come altri potenziali campi di battaglia da incubo.
Tuttavia il capitano Thomas (il cui articolo ha un titolo provocatorio: "I signori degli slum: la potenza aerospaziale nei combattimenti urbani"), come la Rand, è sfacciatamente sicuro che il Pentagono, investendo massicciamente nella tecnologia e nell’addestramento Mout, possa superare tutte le complessità frattali del combattimento nelle baraccopoli. Uno dei "libri di ricette" della Rand ("Operazioni aeree negli ambienti urbani") fornisce persino un’utile tabella per calcolare la soglia accettabile di "danni collaterali" (leggi: bambini morti) dati certi vincoli politici e operativi.
Gli ideologi del governo Bush hanno dipinto naturalmente l’occupazione dell’Iraq come un "laboratorio di democrazia" in Medio oriente. Per i cervelli del Rand, d’altro canto, si tratta di un laboratorio di tipo diverso, dove i cecchini della marina e i piloti dell’aviazione sperimentano nuove tecniche omicide per una nuova guerra mondiale contro i poveri delle città.
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L’ultimo libro di Mike Davis è il romanzo per ragazzi "Land of the Lost Mammoths" (Perceval Press, 2003). Davis è anche coautore di "Under the Perfect Sun: the San Diego Tourists Never See (New Press, 2003).
04.06.2004
Collettivo Bellaciao