Home > L’ODORE DEL SANGUE
Recensione di Enrico Campofreda e Gianfranco Franchi
Può una donna colta e affascinante provare attrazione per chi la offende, la
usa, la umilia, mostrando il volto più autenticamente fascista del maschilismo,
pur a fronte di giovinezza e prestanza fisica? La storia narrata da Parise e
ripresa da Martone dice sì. Anche nell’animo d’una persona sensibile e intelligente
come Silvia (nella pregevole interpretazione di Fanny Ardant) può nascondersi
un desiderio di libera perversione, che dalla libido sfrenata scivola sino al
disinteresse per i valori serbati in quell’animo. Nella scelta di Silvia c’è la
rivalsa e l’invidia verso il libertinismo del partner; un enorme desiderio di
materialità; la curiosità che via via diventa anche morbosa; una distruttiva
forma di maternità mai appagata; una sorta di fatalismo. L’attrazione per un
mondo viscerale e crudele, così diverso dal suo e da quello in cui ha trascorso
la vita: i fatui e soporiferi salotti borghesi.
Ma c’è di più. La scoperta dell’accettazione dell’istinto di sopraffazione che
la ragione respinge, ma i sensi e forse il cuore accettano - tanto che confessa
di provare, in alcuni momenti, un sentimento per il giovane impostore. Costui
nel film è una presenza senza volto, e fa pesare il suo brutale condizionamento
che angoscia e soffoca le vite dei protagonisti. Nel pericolosissimo gioco della
coppia aperta senza sé e senza ma, Silvia è quella che non si risparmia, rischia
tutta se stessa col marito e con l’amante, si fa trasportare dall’istinto e
dal corpo fino a perderlo e sacrificare la vita. Carlo, l’iniziatore delle relazioni
multiple, sta coi piedi per terra, si fa coinvolgere ma non smarrisce l’anima.
Si priva definitivamente di Silvia e, ossessionato da ciò che di lei scopre,
non la salva lasciandola sola. Troppo tardi, osservandone nella gelida camera
mortuaria il povero e ancora voluttuoso corpo martoriato, comprende che anche
lui è dannato e non si scrollerà mai di dosso l’odore del sangue.
TRAMA
Silvia e Carlo sono maturi cinquantenni sposati da vent’anni. Come molte coppie
hanno sostituito la passione amorosa con un sentimento di reciproca solidarietà segnato
da affetto profondo. Ma fanno di più: si lasciano liberi nelle nuove infatuazioni
sessuali o amorose, senza che prevalga l’esclusività.
Carlo, di mestiere giornalista e scrittore, vive da anni un’altra relazione con
una giovane ragazza dai tratti androgini (Lù) assai diversa dalla sensuale consorte.
I due occupano una casa di campagna, mentre Silvia, che s’interessa di attività museali,
resta spesso sola nella bella dimora romana sita in un lussuoso quartiere. Anche
lei ha di tanto in tanto attrazioni e relazioni, ma finora sono state cotte di
breve durata.
Moglie e marito si parlano molto per telefono, a volte si vedono e consumano
un amore senza quel trasporto che Carlo mostra negli amplessi con la sua giovane
amante. Un giorno Silvia viene inseguìta e abbordata da un giovanotto che la
lusinga e inizia a frequentarla. Lei, troppo sola, accetta i corteggiamenti,
presto s’accorge che provengono da un giovane psichicamente labile, narciso e
violento, invasato dal culto della forza fisica e vicino agli ambienti neofascisti.
Con questi tratti Silvia lo racconta a Carlo che resta colpito e si chiede perché la
fascinosa consorte possa accettare simili frequentazioni.
La donna è spesso via di casa: inizia a seguire nelle discoteche il corteggiatore
e i suoi amici balordi che si dedicano a sballo e pestaggi. Carlo è preoccupato
dal trasporto con cui la moglie si lascia coinvolgere dalla nuova storia, di
cui fa trasparire pericolosità e aggressività senza rivelare tanti particolari.
Nell’uomo crescono ansia, gelosia e una sorta d’ossessione ripetuta in un sogno
(che poi si avvererà): Silvia, di cui conosce la carnalità, ha col teppista solo
rapporti orali. Accecato da simili pensieri Carlo tartassa la moglie con domande
sul tipo di sessualità vissuta, vuole che gli descriva nei particolari il pene
del giovinastro. Questo suo tormento comincia a incrinare anche la stabilità del
rapporto con Lù che un giorno, invidiosa delle crescenti attenzioni di Carlo
per la moglie, decide d’abbandonarlo.
Sempre più preoccupato e geloso l’uomo riavvicina Silvia portandola in viaggio
a Selinunte ma lei è come in trance: più s’accorge della pochezza del giovane
che frequenta (ricco, viziato, privo di valori, capriccioso, dispettoso, violento)
più gli si assoggetta appagandone ogni desiderio sessuale o morboso, come concedersi
a un suo volgare amico.
Silvia è persa, smarrita, fragile ma prosegue il percorso dell’abbandono anche
autolesionistico agli eventi. Il marito l’ha trascurata, fatta soffrire e la
sua è una fatalistica vendetta, di cui presagisce il pericolo verso se stessa
ma ne è insanamente attratta. L’ennesimo suo trillo telefonico disperato conduce
Carlo a Venezia. Qui Silvia, accanto a ulteriori rivelazioni sulla sua dipendenza
sessuale dal teppista che ne ferisce la dignità, annuncia al marito che questa
folle storia si è conclusa.
Carlo però non ne è convinto, il percorso intrapreso dalla moglie supera di gran
lunga l’immaginario che egli era disposto a sopportare; soprattutto ritiene che
Silvia non lo ami più e si sia liquefatta dietro un individuo putrescente. Perciò prende
il primo treno e l’abbandona, nonostante lei lo supplichi di restare giurando
di amarlo. Sarà l’ultimo incontro: di lì a poco la telefonata d’un amico rivelerà che
Silvia è stata trovata cadavere col corpo martoriato da ferite d’arma da taglio.
L’epilogo tragico, che la coppia temeva, inesorabilmente si è compiuto.
APPUNTI
Goffredo Parise (1929-1986) fu giornalista, romanziere e reporter.
"L’odore del sangue" fu scritto, di getto, con correzioni "in progress", nel
1979: quindi, sigillato dall’autore coi piombini e la ceralacca, restò segregato
nei cassetti della scrivania di Parise fino al giugno del 1986. Mai ritoccato
né riscritto dall’autore, che sarebbe morto di lì a poco, fu pubblicato postumo
nel 1997, a cura di Cesare Garboli e Giacomo Magrini.
Regia: Mario Martone.
Sceneggiatura: Mario Martone.
Liberamente ispirato da un romanzo di: Goffredo
Parise.
Direttore della fotografia: Jacopo Quadri.
Montaggio: Cesare Accetta.
Interpreti principali: Michele Placido, Fanny Ardant, Giovanna Giuliani, Sergio
Tramonti.
Produzione: Mikado, Biancafilm.
Origine: Italia / Francia, 2003.
Durata: 100 minuti.
Recensioni e Articoli: Reflections / Repubblica /
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14.04.2004
Collettivo Bellaciao