Home > LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA
Regia: Peter Webber
Sceneggiatura: Tracy Chevalier, Olivia Hetreed
Tratto dal romanzo di Tracy Chevalier
Fotografia: Eduardo Serra
Musiche: Alexandre Desplat
Produzione: Usa/GB/Lussemburgo
Distrubuzione : Alternative Films
Durata: 140’
di Enrico Campofreda
E’ la storia d’un ritratto e di quello che scatena nell’ambiente bigotto dell’Olanda del Settecento. E’ una storia di pura fantasia su cui Tracy Chevalier ha ambientato un romanzo di recente successo, senza che le vicende narrate abbiano alcun fondamento storico. Perché del celeberrimo Johannes Vermeer, maestro fiammingo del XVII secolo attorno al quale ruota la vicenda, si sa pochissimo. Si sa che aveva fatto un matrimonio con una donna benestante succube della propria madre, che dalla relazione nacquero ben undici figli, che per il suo talento l’artista era attorniato da mercanti interessati ad acquistarne le tele per praticare palesi speculazioni commerciali. Si sa anche che Vermeer fosse affascinato dallo studio della luce e del colore (adorava i gialli e i blu’ a base di lapislazzuli). Che fosse assai meditativo e lento nella produzione artistica, tant’è che i suoi mirabili capolavori non furono cosi’ numerosi come i mercanti e la suocera avrebbero voluto (se ne contano trentacinque).
E’ la storia di tre donne fra le quali la piu’ umile, la giovane Griet, assunta a servizio dalla famiglia Vermeer, riesce a brillare non solo per la naturale bellezza ma perché mostra nell’epilogo dignità e coraggio, raccogliendo il rispetto della matrona Madame Thins, detentrice del potere economico della casa. E scatenando la gelosia dell’insulsa Madame Vermeer, capace solo di sfornare eredi ma nessuna ispirazione artistica al marito, tanto attento ai particolari della casa-museo dove trascorreva gran parte del tempo. Nei particolari e nei soggetti delle tele di Johannes ci sono piuttosto le domestiche, non le donne di famiglia: la stucchevole moglie, l’opprimente suocera o la perfida primogenita Cornelia.
Prima di folgorarlo con una semplice sensualita’, Griet colpisce Vermeer per i silenzi, che l’artista tanto amava al punto da trasferirli nella rappresentazione esteriore e interiore dei soggetti dipinti. Per la partecipazione disinteressata alla sua arte, per il delicato rapportarsi a un mondo che le e’ estraneo, socialmente e culturalmente. L’occhio dell’artista osserva la ragazza, quasi la spia, a volerne cogliere la purezza dell’animo. E secondo, la Chevalier e il regista Webber che a lei s’ispira, platonicamente se ne innamora.
Il film - coproduzione anglo-lussemburghese - ha esterni girati a Esch-sur-Alzette, localita’ del Granducato, dove le scene collettive in costume riproducono fedelmente scorci di pittura fiamminga. Ma sono soprattutto gli interni a ricostruire le finalita’ di Vermeer che, contrariamente all’arte di genere dei suoi contemporanei, era attratto dalla rifrazione della luce sui volti, l’abbigliamento, le suppellettili di casa, tanto da essere definito un pittore di nature morte. Ma di morto nelle sue tele non c’è nulla, si respira invece un’atmosfera meditativa, malinconica, sognatrice. Lo rievocano alcune inquadrature del film che ne sono fedeli riproduzioni. Ed è come se lo spettatore a un tratto si trovasse nelle sale del Rijksmuseum o del Museo di Dresda quando compaiono : ’La lattaia’ , ’La donna che legge una lettera’, ’Il vicolo’. Oltre a ’La ragazza col turbante (o l’orecchino di perla)’ che ispira la pellicola. A fronte d’una trama alquanto labile, le ottime ambientazione e fotografia riscattano l’impresa.
TRAMA
Siamo a Delft (Paesi Bassi) nel 1665. La giovane Grief - madre austera, come l’educazione protestante impone, e padre cieco - per aiutare i genitori deve lavorare come inserviente. Tramite i buoni uffici di conoscenti viene assunta dalla famiglia del pittore Vermeer, di cui è nume tutelare Madame Thins, suocera dell’artista. E’ lei che gestisce il patrimonio e tiene i contatti coi mercanti d’arte affinché il talento del genero contribuisca ad aumentare il gia’ diffuso benessere familiare. Sua figlia e moglie dell’artista, è invece una donna senza carattere, intenta ad alternare gravidanze e gioielli per presenziare ai banchetti con cui la madre tiene le relazioni d’affari coi mercanti.
In questa casa dove il tempo è fermo e tutto ruota attorno a cio’ che in soffitta Johannes crea, studiando con artigianali apparecchi, i giochi della luce, l’innocente ma intrigante volto di Grief porta una ventata di vita.
Oltre a pulire la casa e lavare la montagna di panni che i troppi marmocchi producono, Grief aiuta un’inserviente piu’ anziana e va al mercato. Li’ con la sua fresca bellezza colpisce il garzone del macellaio che inizia a corteggiarla.
Il solare volto della ragazza viene notato da tutti i frequentatori della dimora: da Johannes che ne trae nuova linfa creatrice, da sua moglie che inizia a ingelosirsi, dalla suocera che comprende l’attenzione dell’artista per la giovane e l’incentiva pensando di stimolarne l’ipirazione. E ancora dalla maligna primogenita Cornelia sempre pronta a capricci e dispetti, dal mercante-mecenate che osserva con cupidigia Grief ; quando comprende che Vermeer ritrarra’ la giovane gli fa capire che lui sara’ disposto a pagare lautamente la nuova opera se potra’ avere la ragazza.
Ma l’iniziazione amorosa per Grief non sara’ frutto d’un abuso che il mercante tentera’ davanti l’abitazione dei Vermeer ; sara’ il garzone spasimante ad avere il privilegio, spinto dalla stessa morosa. Eppure la prima, pur simbolica, deflorazione della giovane avverra’ ad opera del maestro che le buca il lobo dell’orecchio per farle indossare le perle di famiglia.
Queste le verranno fatte consegnare in dote da Madame Thins che, pur mossa da segreta ammirazione, è costratta ad allontanarla da casa per sedare l’isteria della figlia.