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SENZA PAROLE: libertà a basso contenuto lessicale

Publie le lunedì 1 maggio 2006 par Open-Publishing
1 commento

Dazibao Democrazia tenebrio molitor

di Tenebrio Molitor

La deriva degli ultimi 30 anni è una questione linguistica.

Da "un attimino" a "mi auspico", la mutazione socio-antropologica che ha sconvolto l’Italia si è inverata nel modo di parlare (e, per l’effetto, di pensare) della quasi totalità delle anime (?) italiche. Banalità per banalità, stravolgimento sintattico per stravolgimento sintattico, luogo comune per luogo comune, le categorie concettuali che attraversano gli intorpiditi pascoli mentali della tele-opinione pubblica hanno subito un depauperamento al limite della mutilazione: il "maggioritario" è inteso e apprezzato come negazione dei diritti delle minoranze, la cultura giuridica è un coacervo di "lacci e lacciuoli" che imbrigliano la fantasia imprenditoriale, la "volontà popolare" è il lavacro di qualsiasi nefandezza, e via elencando analoghe distorcenti semplificazioni.

Falsità per falsità, la "democrazia" diviene

1) la dimensione che legittima gli eletti a piegare i meccanismi istituzionali a qualsiasi tornaconto afferente gli eletti

2) il luogo in cui il fascismo è un’idea come le altre, una cultura lecita in quanto cultura (anziché illecita in quanto cultura di morte). La povertà lessicale, assai più ed assai prima che un fallimento scolastico, attesta di un disastro culturale che ha travolto pure la verità storica: nulla sanno tanti giovani di cosa fu la resistenza, di quanto costò il recupero della libertà, di quale fu e quanto basilare il patto costituzionale, il tutto a vantaggio di un patrimonio di valori teleinculcati imperniato sul successo mediatico, sulla primazia monetaria, su un’aggressività semplicisticamente convivente col più peloso ed ipocrita dei pietismi.

Su "Tommy, l’angioletto volato in cielo", sugli "eroici caduti di Nassyria in difesa della pace" non è ammessa trasgressione fraseologica: quanto è azzardato nell’infanticidio di Parma ipotizzare la corresponsabilità dei palinsesti, degli pseudo-quiz, delle prove di sopravvivenza sceneggiate? Quanto è consentito individuare una causalità risalente alla politica/spettacolo nei funerali/spettacolo (con oscena ridondanza di applausi) che la politica stessa allestisce e utilizza? "Eroi" forse, ma di quale causa? Di missioni giovevoli a una ragion di Stato malsana, di guerre vissute come fiction ("Dai, annichiliscilo!) e di fiction spacciate per politica estera (brindisi conviviali a Washington, bagni di mare in Sardegna, etc.)?

Persino i doverosi fischi a un ministro del calibro di Letizia Moratti sono foneticamente ridotti a "un errore"... Basterebbe valutare che cosa sia stato associato alla parola "libertà" per cogliere quanto l’immiserimento del linguaggio corrisponda all’avvenuto immiserimento dei contenuti. Se "auspicare" è potuto diventare giornalisticamente riflessivo ("auspicarsi") con la facilità di un abbaglio di massa, quanti altri abbagli, molto più perniciosi, hanno facilmente penetrato le imbelli meningi italiote? Le terrificanti armi di Saddam, per esempio, o il lesso di creaturine (angeliche?) cinesi...

L’ennesima panzana spacciata per analisi sol perché declamata in corsivo è che "il Paese è spaccato in due". Ma di che spaccatura si ciancia? Il Paese, ad esempio, è unanimemente convinto che con una punizione feroce (la morte?) per gli assassini di Tommy la coscienza collettiva resti assolta ed indenne. Il Paese intero è sicuro che i soldati in Iraq sono morti soltanto per l’efferata barbarie terrorista. Il Paese tutto intende che la libertà di espressione consenta ai naziskin di sfilare inneggiando a Hitler e a Mussolini.

Il Paese, ancora, concepisce il capitalismo postindustriale come il migliore degli assetti produttivi e l’unica forma di società possibile. Il Paese, insomma, da un lato si macera nella melma del pensiero unico, dall’altro coltiva la penosa illusione che l’occupazione di una qualche sedia presidenziale valga a reinnescare il pluralismo nel corpo vivo della società.

Ma un’Italia paradossalmente unita nel dirsi divisa, non lo è forse altrettanto nel fingersi democratica e pluralista?

Messaggi

  • Domanda retorica quella finale, vero Tenebrio?
    A volte mi chiedo perchè scrivere quì sopra o altrove, perchè parlare dentro o fuori.Non è tutto così chiaro, così evidente. No, non lo è affatto.La macchina del potere va oltre la fantapolitica, la ricerca è laboriosissima in questo settore.
    Si naviga curiosi e insoddisfatti alla ricerca del commento che ci persuada, che comprenda tutto, siamo sicuramente spaventati anche noi da questa mole di notizie, merce che deperisce subito, e rimane tutta intera la nostra insoddisfazione e smarrimento, nel non saper correre più di tanto. E se ci si allontana, come quando si va a pesca e non si vede più la riva, sembra tutto più chiaro, più vero. Poi anche in alto mare la busta di plastica, i rifiuti, la scia...ci riportano a questo scempio. Che rimanga la nostra protesta, anzi si "masnifesti" a costo di apparire ed essere dei giullari che magari non fanno neanche ridere o delle corifee, ancora più desolate e imbambolate...
    Con affetto,Doriana