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TI DO I MIEI OCCHI

Publie le lunedì 24 maggio 2004 par Open-Publishing

Dazibao


Di Enrico Campofreda

APPUNTI
C’è il dramma d’un amore che non può più essere tale, il disagio personale e
di coppia. C’è l’inadeguatezza di qualunque tentativo di redenzione per ripristinare
una normalità, vagheggiata ma mai vissuta. C’è la malattia da cui non si guarisce
che rende carnefici e vittime di se stessi. Ma soprattutto c’è la violenza domestica,
scempio e crimine della società occidentale. Violenza fisica che fa male e quella
psicologica che fa male ancor di più perché s’insinua nell’anima, nelle viscere.
Umilia e distrugge. Queste ferite non sono come le tumefazioni delle botte ricevute,
vanno molto più a fondo. Fanno a pezzi il cuore, bruciano la voglia di vivere.
L’unica via di salvezza è la fuga, la separazione, la ricerca di se stessi valorizzando
le proprie attitudini. Scoprendosi bravi e appassionati, come fa Pilar con l’arte.
Anche se nulla garantisce che certe terribili esperienze non tornino a galla.

Con quest’opera la giovane regista Iciar Bollain (l’avevamo ammirata da attrice
nel ruolo della bella rivoluzionaria in “Terra e Libertà” di Ken Loach), dopo
alcuni corti e documentari sul medesimo tema (cfr. “Amores que matan”) ci offre
una tragica immagine della passione malata che soffoca l’amore e giunge a opprimerlo.
Una vera piaga sociale, che in Spagna ha interessato il Ministero dell’Interno
per le numerose morti causate dai maltrattamenti domestici di coloro che avrebbero
dovuto essere premurosi e sensibili compagni di vita: mariti e conviventi. È la
nostra vergogna, quello che non fa diverso nei confronti della donna, il “civile”,
ipertecnonogico e osannato Occidente dagli arcaici costumi tribali di altri angoli
del mondo, islamico e non.

La pellicola è stata premiata nel 2003 al Festival di San Sebastian per l’eccellente interpretazione offerta dai due attori protagonisti: Laia Marull (Pilar) e Luis Tosar (Antonio). Le luci e le ombre che fanno da cornice alla vicenda sono rispettivamente gli splendidi scenari della Toledo monumentale e gli anonimi sobborghi abitativi che, fra geometrie razionaliste, ottundono la voglia di vivere dei protagonisti. In quell’abitazione la moglie Pilar è prigioniera, soffocata, aggredita, sotto le tele di El Greco e Rubens respira effluvi di gioia, libertà, rinnovamento. Antonio no. È sempre uguale a se stesso, un uomo e marito disperato dalle sue manìe, dalla scimmia dell’aggressività che gli cresce nel petto e trasborda dagli occhi omicidi. Una collera che non lo lascia vivere, con cui tiranneggia la famiglia e distrugge se stesso.

TRAMA

Pilar e Antonio si sono amati e sposati. Giovani, spensierati si davano corpo e anima. Si donavano baci e mani, nasi e gambe. Si davano i propri occhi. Questo non è più se Pilar nel cuore della notte sveglia Juan, il loro bambino, e fugge via dallo sguardo allucinato di Antonio, riparando dalla sorella Ana.
La donna è stanca delle ossessioni del marito, della violenza fisica e psicologica che le impone, del degrado della loro vita.
Pilar è dolce e sensibile, trova la piena solidarietà di Ana e incontra anche la madre, donna dal look moderno ma dai pensieri tradizionalisti, presa a venerare la memoria d’un marito che l’ha resa succube e vittima. Non capisce Pilar, sminuisce la sua angoscia, per quieto vivere vorrebbe che tornasse schiava sotto il marito.

Le figlie, però, pur credendo nell’amore non vogliono fare la sua fine. Ana è in procinto di sposarsi con uno scozzese equilibrato e tranquillo, Pilar cerca di rifarsi una vita poiché le manìe di Antonio non le lasciano scampo. Lui è posseduto dall’ira.
È frustrato, vorrebbe una vita normale ma non sa essere normale. Gli pesa il lavoro routinario come venditore di elettrodomestici nel negozio del fratello di cui è succube. Si sente inadeguato e nel contempo non mostra interessi, incentrando la vita sulla relazione con Pilar. È triste, taciturno, scontroso.
Segue una terapia di gruppo con uno psicologo per cercar di capire come controllare la collera, come convogliarla senza che questa devasti l’esistenza sua, della moglie e del piccolo Juan, terrorizzato dagli scatti paterni.

Con l’aiuto della sorella Pilar trova un posto nella biglietteria del museo di Toledo, città dove vivono. È gioviale e viene bene accolta dalle colleghe, che sono al corrente del suo dramma. Durante i pranzi di lavoro constata come i problemi di coppia siano diffusi: ciascuna sogna l’anima gemella ma resta delusa dai partner vecchi e nuovi.

Alla cassa del museo giungono doni d’un segreto ammiratore, fiori e poi orecchini. Pilar è lusingata e incuriosita, scoprirà che i regali sono del marito che gironzola dalle parti del museo, si riavvicina e inizia a ricorteggiarla. Le sorride. La donna pur a fatica riprende fiducia.

S’incontrano quasi di nascosto, come fidanzatini, sotto i bastioni della città, nel magico scenario della valle del Tejo. Lei crede di poter ricominciare, dà una nuova chance al marito. I due si ritrovano anche a rivivere le tenerezze dell’amore. Non durerà, nonostante Pilar decida di tornare a casa, annunciandolo a brutto muso proprio nel giorno del matrimonio alla sorella che naturalmente è contraria.

Le serate in casa con Antonio riappaiono vuote e tese. L’uomo è geloso di ogni mossa della compagna la umilia, la osteggia, la minaccia. A nulla valgono i consigli dello psicologo perché ricade preda d’una aggressività cieca. Vuole impedire alla moglie di realizzare il bel sogno di diventare guida turistica pur avendone visto la gioia, l’interesse, la bravura, il fascino con cui lo fa. Ha il terrore di perderla e la terrorizza.

Eppure Pilar non demorde. Ma la mattina in cui si sta preparando per raggiungere con le colleghe un museo di Madrid, Antonio, in una crisi di follìa, l’aggredisce. Le strappa i vestiti, la denuda, la getta sul balcone, la umilia. Per lei è la rottura interiore. La via del non ritorno.

La donna è scioccata, ha subito lo stupro della dignità, non lo può sopportare. Per quanto provi a denunciare il marito e poi non lo faccia è decisa a non offrirsi più al carnefice. Non le importa nulla: che Antonio, come minaccia, s’uccida, che la madre e la società la condannino.

Per riprendere a vivere ha la sola via di allontanarsi. Ma stavolta non lo fa con una fuga notturna. Sceglie un altro percorso. Imboccato in pieno giorno, in compagnìa delle amiche-colleghe, sotto gli occhi stavolta persi d’un marito divenuto uno sciagurato vessatore.

Regia: Icíar Bollaín.
Soggetto e Sceneggiatura: Icíar Bollaín, Alicia Luna.
Direttore della fotografia: Carles Gusi.
Montaggio: Ángel Hernández Zoido.
Interpreti principali: Laia Marull, Luis Tosar,
Candela Peña, Rosa Mª Sardá.
Musica originale: Alberto Iglesias.
Produzione: Santiago García de Leaniz.
Origine: Spagna, 2003.
Durata: 106 minuti.

Info internet: Sito ufficiale
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23.05.2004
Collettivo Bellaciao